Adagiato sulla riva occidentale del Garda, a Gardone Riviera, il Vittoriale degli Italiani di d’Annunzio è uno scrigno di emozioni, storia, cultura e simbolismo che esprime devozione per la bellezza, in ogni sua forma. Il Vittoriale degli Italiani, ultima dimora di Gabriele d’Annunzio, è un’opera maestosa che rispecchia lo spirito creativo e la personalità eclettica del suo creatore, incarnandone il genio e l’amore per l’arte, la cultura e la vita. “Tutto è qui da me creato e trasfigurato”, scrisse il Comandante nell’Atto di Donazione del Vittoriale agli Italiani, documento che mostra con chiarezza gli intenti del suo creatore e rappresenta quindi chiave di lettura imprescindibile per comprenderne il senso. “Tutto qui mostra le impronte del mio stile, nel senso che io voglio dare allo stile.

Il mio amore d’Italia, il mio culto delle memorie, la mia aspirazione all’eroismo, il mio presentimento della patria futura si manifestano qui, in ogni ricerca di linea, in ogni accordo o disaccordo di colori… Tutto qui è una forma della mia mente, un aspetto della mia anima, una prova del mio fervore”. Il complesso è il risultato di un progetto che si è sviluppato progressivamente, a partire dal 1921 con una visione chiara del Vate e il fondamentale contributo di Gian Carlo Maroni, il suo fedele e capace architetto, e continua attualmente con il completamento delle parti incompiute.

È storia nota che d’Annunzio si ritirò a Gardone dopo le imprese fiumane alla ricerca di un luogo appartato dove terminare Il Notturno e consegnarne alla stampa la versione definitiva e che, una volta scelta villa Cargnacco, vi si trasferì, decidendo dopo nove mesi di acquistarla per sprofondare “nella più segreta sorgente” della sua poesia.

Fuori dalla mischia politica, si assegnò due compiti: “lasciare il monumento della sua vita di letterato, con la pubblicazione dell’Opera Omnia, e la testimonianza tangibile della sua vita di creatore, con il Vittoriale” come scrive Giordano Bruno Guerri, Presidente della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani. L’originale villa colonica fu trasformata in quella che ora è nota come la Prioria e intorno a essa presero forma i giardini e il parco, in seguito a una serie di acquisti dei terreni e ville adiacenti, tesi a garantire la maggior riservatezza possibile, per un totale di circa nove ettari.

E se le stanze della villa sono un viaggio nel tempo, un’immersione nella vita e nelle passioni di uno degli intellettuali più carismatici dell’800 e 900 italiano, gli esterni, pur ospitando una collezione di oggetti e memorabilia, sono un’esplosione di creatività, un labirinto di scoperte e di sorprese; ed è proprio questo, al di là del valore botanico, architettonico o storico, a renderli avvincenti. La vastità del terreno ha reso possibile la creazione di una pluralità di scenari, spazi e strutture, ognuna con un’identità e un significato unici. Alcuni sono molto noti e scenografici, altri più intimi e discreti, quasi tutti richiedono una sensibilità disposta a entrare in contatto con lo spirito del luogo, per assaporarne ogni minimo dettaglio e sfumatura, e pronta a una successiva rilettura, meditata, dopo una prima immediata: solo così l’esperienza di una visita al Vittoriale potrà appagare pienamente i sensi e l’anima.

Ogni scenario del parco racconta una storia o cattura un’emozione. L’ingresso principale è un varco che conduce i visitatori in un mondo di narrazioni, epopee e un’estetica fervida: una maestosa porta a due arcate, ornata, tra gli altri decori, da un elmo da fante e dal celebre motto dannunziano “Io ho quel che ho donato” è un prologo di ciò che seguirà.

Mentre ci si inoltra nel complesso e si oltrepassano, non senza qualche ammirazione, bougainvillee e rose rampicanti che ricoprono i muri alternandosi a Ficus pumila, o grandi agavi che punteggiano le aiuole, lo sguardo viene catturato dalla visione di un teatro all’aperto; d’Annunzio scelse accuratamente il luogo in cui costruirlo e definì con attenzione ogni singolo dettaglio, anche se purtroppo non lo vide mai compiuto. Ispirato agli anfiteatri dell’antichità, dall’acustica perfetta e progettato con meticolosa precisione, offre uno spettacolo dentro lo spettacolo, con la sua apertura alla vista del lago e dei suoi tesori naturali, dall’isola di Garda alla Rocca di Manerba, con il Monte Baldo che si erge in lontananza e il promontorio catulliano di Sirmione che sembra danzare all’orizzonte.

Nel 2010, il Cavallo Blu di Mimmo Paladino è stato aggiunto come ideale custode silenzioso di questo palcoscenico naturale. Davanti alla Prioria si aprono i giardini, progettati con particolare attenzione perché evocassero quelli toscani e rinascimentali. Affacciati sul lago, si compongono di terrazze e aiuole formali adatte a ospitare agrumi (il Poeta era particolarmente attratto dal cedro ‘Mano di Buddha’), frutta e fiori, rose in particolare, oltre a ornamenti e statue dal valore simbolico, come la Canefora in bronzo di Napoleone Martinuzzi, richiamo alle fanciulle che durante le processioni e i riti nell’antica Grecia recavano sul capo cesti con oggetti sacri, in questo caso melograni, frutti simbolo di fecondità, anche artistico letteraria, rappresentati e presenti spesso negli interni della Prioria oltre che ovviamente nel frutteto.

Poco distante, sotto a un boschetto di Magnolia grandiflora di fronte alla Veranda dell’Apollino, aggiunta da Maroni alla casa perché la luce diretta del sole non entrasse nella camera da letto della dimora, si trova l’Arengo, uno spazio suggestivo dedicato alla celebrazione rituale delle eroiche imprese belliche di d’Annunzio e dell’avventura di Fiume. Il trono, i sedili, le ventisette colonne, quante le vittorie italiane nella Grande Guerra, la Vittoria alata e un’urna, che contiene la terra di Caporetto, a ricordare l’epica sconfitta e i sacrifici, velano questo luogo di una struggente malinconia.

Avvicinandosi al Viale di Aligi, dedicato al protagonista de La figlia Iorio, lo sguardo corre in alto, verso la Fontana del Delfino, oppure è incuriosito dai pennoni che spuntano tra i cipressi che svettano nel parco e rischia di perdersi una delle sorprese di questo luogo: la Valletta dell’Acqua pazza. È un ambiente più informale, un rifugio di vegetazione spontanea dove la natura regna sovrana, e offre una diversa esperienza paesaggistica.

Qui la cascata naturale del torrente è stata moltiplicata da Maroni in una serie di cascatelle che rumoreggiano, le acque scorrono tra affioramenti rocciosi, mentre sentieri sinuosi scendono, attraversano ponticelli e risalgono i due versanti della valletta, altri, invece, scendono paralleli all’acqua e conducono alla scoperta di grotte nascoste, nicchie occupate da statue, nell’esplorazione di un nuovo paesaggio inaspettato. È una wilderness controllata da mano invisibile quella che si offre al visitatore, trasportandolo in un’altra dimensione dell’anima, dove il tempo sembra sospeso.

La valletta è un percorso alternativo per raggiungere la Regia Nave Puglia la cui prua, rivolta verso il Mare Adriatico e la Dalmazia, è incastonata nel promontorio “la Fida”. Dono dell’ammiraglio Thaon di Revel e perfettamente restaurata e conservata, è forse uno degli elementi più celebri e iconici del parco. Superati lo stupore e la meraviglia di camminare sul ponte di comando di un ariete torpediniere del secolo scorso avvolti dalla vegetazione lussureggiante, poco per volta, più ci si avvicina alla prua, la sensazione di trovarsi sulla terraferma svanisce e si è istintivamente portati a guardare avanti, cercando l’orizzonte e l’immensità del mare.

Sull’altro lato del promontorio la Valletta dell’Acqua savia corre quasi parallela a quella dell’Acqua pazza, ma con un lento scorrere del torrente in uno scenario simile di naturalità, sentieri di scoperta e punti di sosta, e si è nuovamente rapiti dall’atmosfera suggestiva del luogo. I contesti naturali conferiscono al Vittoriale un’aura di tranquillità e bellezza incommensurabile. I due corsi di “Suor Acqua” confluiscono poi in un invaso a forma di violino, noto come il Laghetto delle Danze, un luogo perfetto in cui ascoltare i concerti del Quartetto Veneziano, circondati dalla quiete.

Il Laghetto delle Danze, un invaso in pietra a forma di violino, dove confluiscono le acque due rivoli della Valletta dell’Acqua pazza e di quella dell’Acqua savia, entrambi ramificazioni del Rivotorto. In questo luogo venivano organizzati concerti eseguiti dal Quartetto Veneziano del Vittoriale. La sua forma particolare è un omaggio a Gasparo da Salò, inventore del violino. Foto di Marco Beck Peccoz.

Le spoglie di Gabriele d’Annunzio riposano nel Mausoleo, insieme a quelle dei suoi compagni più fedeli e dell’architetto Maroni, nel colle più alto e panoramico del Vittoriale, come da suo desiderio. Come detto, l’elemento spettacolare convive accanto a quello più intimista ed entrambi sono importanti componenti dell’insieme, contribuendo alla sua ricchezza e originalità, testimonianze tangibili dello spirito innovatore e visionario di chi lo ha voluto e amato e della sua capacità di coniugare in modo armonioso l’arte e la natura.

“D’Annunzio ci ha fornito un lascito in controtendenza: la bellezza e la necessità della sfida, della competizione con il tempo, con il presente e con il futuro.” scrive Giordano Bruno Guerri nel suo libro La mia vita carnale, “Di questa vita, tra le mura della Prioria o lungo le viuzze alberate del Giardino del Vittoriale, noi sentiamo ancora la presenza, perché il progetto in fieri del Principe che lo ha abitato non è ancora concluso. Piuttosto che di un museo, dobbiamo parlare di un luogo pulsante che ci suggerisce una vitalità presente e non postuma. Il Vittoriale è un’opera immutabile ma aperta: qui, ancora una volta, è il genio di d’Annunzio.” Il Vittoriale degli Italiani fa parte del Network Grandi Giardini Italiani. vittoriale.it

A cura di Elisabetta Pozzetti

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