Il giardino di Villar Perosa, coperto da una abbondante nevicata, aumenta il suo fascino romantico. Il manto candido scolpisce e mette in risalto sagome e disegni, creati dalla natura o dall’uomo ed esalta ogni singolo elemento del giardino. I viali, gli alberi, il parterre diventano “attori” di una sapiente e armoniosa regia. La neve ammanta il giardino di bianco e una calma ovattata che aumenta con lo scendere dei fiocchi silenziosi, si impossessa del luogo. Villar Perosa è stata da sempre la casa madre degli Agnelli, o meglio, dal 1811 quando la famiglia entrò in possesso della tenuta. La villa, attribuita a Filippo Juvarra, fu costruita in Val Chisone come casino di caccia per Vittorio Amedeo II di Savoia. Il giardino originario prevedeva due terrazze a monte della villa e continuava con tre lunghe terrazze che scendevano verso valle. Fino alla fine dell’Ottocento conservò un aspetto tipico dell’epoca, con alberi di tante specie e molte trasformazioni di gusto domestico. Per risistemare il giardino di Villar Perosa, Marella Agnelli chiamò a metà degli anni 50, Russell Page, già affermato paesaggista. L’armonia e la coerenza con l’ambiente naturale, un’idea moderna per i tempi, furono la chiave del suo intervento. “Il suo primo proposito”, racconta Marella, “fu quello di aprire lo spazio in modo da accogliere la luce e l’atmosfera del paesaggio circostante. Fu tolto ogni sovrappiù, le fontane con i cherubini, la salvia splendente, le palme. E nelle terrazze furono disegnate delle aiuole regolari ricolme di rose e da null’altro che potesse ostacolare la veduta della cupola juvarriana e il profilo delle montagne”. Il dislivello che separa le terrazze dal ruscello di fondo valle, una volta ripulito da rovi e sterpaglie, accolse un angolo romantico del giardino; attraversato da un lungo ponte di legno, fu riempito di rododendri, azalee e magnolie. Russell Page, d’accordo con Marella, ricercò lo spirito e la grazia settecentesca del giardino.
“Aveva uno straordinario sesto senso, le sue scelte erano dettate da una profonda cultura storica e una grande conoscenza botanica”, continua Marella Agnelli. “A Villar Perosa semplificammo molto la struttura rendendola più forte e definita e, cosa forse più importante, attenuammo la nettezza dei confini in modo da integrare la natura circostante”. Dopo la scomparsa di Russell Page, nella metà degli anni 80, Paolo Pejrone, architetto e paesaggista torinese, che proprio in casa Agnelli aveva conosciuto Page e ne era diventato amico, ha proseguito la sua opera.
Testo di Margherita Dallai – Foto di Dario Fusaro