Il parco di Villa d’Este a Cernobbio, sul lago di Como, è un giardino raffinato dove echeggia una storia di oltre quattro secoli e che rivela sensazioni inaspettate.
Il lago di Como è da secoli una delle mete più glamour d’Europa e del mondo. I suoi paesaggi con le Alpi a fare da sfondo, un microclima mite che ha consentito la creazione di giardini rigogliosi e la lunga storia di ville sontuose hanno incantato i viaggiatori di tutte le epoche e continuano a esercitare il loro charme.
Lungo le rive sono situati borghi di fascino e tra questi, incastonato tra il lago, sulla sponda sud-occidentale a un passo da Como, e il Monte Bisbino, Cernobbio è una gemma nascosta, dallo stile di vita rilassato ma urban chic e rinomata per le sue residenze raffinate, tra cui spicca la meravigliosa Villa d’Este. Dal 1873 prestigioso albergo dal lusso esclusivo e discreto, è situata in un’insenatura naturale dove “le montagne si sono ritirate a sufficienza per lasciare una dolce acclività”, per citare Edith Wharton, ed è circondata da un parco di dieci ettari.
Il complesso che si può ammirare oggi è frutto di continue migliorie e adattamenti dei luoghi alle mode del periodo, sia dal punto di vista architettonico sia da quello paesaggistico. Il nucleo originario fu Villa Garrovo, nome mutuato dal quello del torrente che tuttora attraversa il parco, fatta costruire nel 1568 dal Cardinale Tolomeo Gallio su progetto che tradizionalmente si fa risalire a Pellegrino Tibaldi, uno dei più noti architetti e pittori della sua epoca, che verosimilmente si occupò anche dei giardini. Gli eredi del Cardinale continuarono a frequentare e ad abbellire la proprietà per circa un secolo, facendola conoscere in tutta Europa ospitando l’aristocrazia del tempo ma, dopo essersi trasferiti a Napoli, ne persero interesse.
Ebbe così inizio una serie di acquisizioni mirate a rendere la villa un luogo incantevole in cui soggiornare, ospitare e tenere banchetti e feste eleganti che hanno caratterizzato la vita di questo luogo per circa due secoli. Alcuni proprietari, invece, lasciarono un’impronta indelebile. Il Marchese Bartolomeo Calderara, dal 1784, restaurò la villa, ampliò i giardini e diede loro un’impostazione all’italiana. Fece definire anche un lungo asse prospettico, in salita dal lago, che attraversa un imponente ninfeo di ciottoli policromi che disegnano arabeschi, arricchito da bassorilievi e pinnacoli, in stile barocco, e si conclude con una nicchia al cui interno è posto il gruppo scultoreo di Ercole e Lica. Lo fece costeggiare da cipressi che fiancheggiano una duplice catena di conche in pietra a cascata che incanala le acque del Garrovo. Sua moglie Vittoria, una volta vedova, sposò un generale napoleonico e per lui fece costruire alcune piccole fortezze di gusto neo-medievale sul fianco roccioso di una collina, un tratto della quale quasi a strapiombo sul lago, raggiungibili tramite una serie di sentieri che si dipartono da più punti del parco e collegati tra loro, anche tramite ponticelli, immersi nella vegetazione naturale ma controllata da mano invisibile.
Altra figura fondamentale fu quella di Carolina di Brunswick, Principessa di Galles e consorte in esilio del futuro re Giorgio IV; a lei si devono gli ampliamenti e le principali trasformazioni architettoniche della villa, che assunse un aspetto neoclassico, e il cambiamento del suo nome in Villa d’Este (per una remota connessione della Principessa con la famiglia). A Carolina, che apparve sulla scena di Cernobbio nel 1815, si deve una parziale trasformazione del parco all’italiana in uno paesaggistico e pittoresco, un’evoluzione della tendenza dominante in Inghilterra dal 700, molto vicina allo stile dell’ultimo Humphry Repton (uno dei grandi paesaggisti inglesi del 700), con le parti formali più vicine alla residenza e a fare da tramite tra quest’ultima e altre parti più informali nello stile e irregolari, con sentieri sinuosi, gruppi di alberi che si alternano a prati e macchie di arbusti; fu costruito il tempietto di Telemaco, collocato a breve distanza dal Viale dell’Ercole, come è noto oggi l’asse prospettico.
In quest’ottica, il versante della collina con le sue aree naturali e selvagge rievoca la poetica del sublime. Durante il Risorgimento, il Barone Ippolito Ciani incrementò il patrimonio botanico del giardino mediante l’inserimento di piante esotiche, soprattutto alberi, oggi maturi esemplari che si possono ammirare in tutta la loro bellezza. Fece anche costruire un nuovo edificio pied dans l’eau per avviare un’attività alberghiera e che nominò Hotel de la Reine d’Angleterre in omaggio a Carolina di Brunswick. Nel 1873 un gruppo di imprenditori acquisì il complesso per trasformarlo in un albergo di pregio, compiendo imponenti opere di adeguamento e trasformazione della villa principale.
Il parco oggi è il coronamento di queste residenze e il lago è il traguardo di ogni cannocchiale prospettico, inquadrato diversamente dai viali che risalgono dolcemente verso la collina, lo sfondo naturale del Viale dell’Ercole o del tempietto di Telemaco o del Mosaico, come è chiamato il ninfeo, è un luogo davanti al quale rimanere incantati sostando sulla terrazza o passeggiando lungo il suo percorso, con lo sciabordio dell’acqua come sottofondo. Nel corso dei secoli, ma soprattutto dell’ultimo, è stato composto un virtuale percorso olfattivo che accompagna delicatamente il visitatore delle aree pianeggianti in una successione di profumi lungo l’arco delle stagioni, dal glicine, alle rose, ai pittospori, ai tigli, ai Trachleospermum jasminoides, alle Magnolia grandiflora, a più specie di osmanto.
Se da un lato l’esigenza di avere macchie colorate viene soddisfatta con piante stagionali dall’altro anche gli arbusti da fiore concorrono a crearla, a iniziare dai prima citati glicini e rose, per continuare con azalee e rododendri, camelie, più specie di ortensia, abelia, oleandri, Lespedeza thunbergii, per citarne alcuni, e pure gli alberi fanno la loro parte con ippocastani, Liriodendron tulipifera e magnolie. Proprio gli alberi sono la componente che più incanta, in un’alternanza di sempreverdi e decidui, declinati in più cromie di verdi: sono i grandi protagonisti del parco. Ippocastani punteggiano il lungo viale di accesso, tigli la terrazza, platani, di cui due monumentali, sorvegliano il Padiglione della Regina (come ora è chiamato l’Hotel de la Reine d’Angleterre) e altri punti, Magnolia grandiflora accompagnano verso il Mosaico e si sono aggiunte ai cipressi lungo il Viale dell’Ercole, insieme ai lecci, Pinus nigra si mescolano a Ginkgo biloba, Chamaecyparis lawsoniana, Liriodendron tulipifera e altri in più gruppi arborei ben distribuiti, a incorniciare punti di particolare interesse oppure a incanalare le viste verso altri luoghi o ancora a formare quinte verdi ed essi stessi fondale prospettico.
Molti concorrono a creare lo spettacolo del foliage autunnale. Percorrendo i sentieri che conducono alle fortezze e alle torri, in alto sulla collina, gli alberi possono essere apprezzati in tutta la loro imponenza, altezza e ampiezza. Da qui si può leggere chiaramente il disegno del giardino, tutto viene messo nella giusta proporzione, pieni e vuoti acquistano un senso, si coglie la contrapposizione di portamenti verticali ed espansi, si percepisce il gioco della luce che proietta ombre o illumina, muta inclinazione e prima del tramonto si ammanta di rosa. Mentre si procede lungo il cammino e ci si ferma a guardare il panorama una sorpresa si succede all’altra: ora si scorge la riva di Cernobbio, ora la città di Como con la cupola della Cattedrale, ora Brunate e le sue ville liberty o il faro di Volta, ora le ville sulla riva opposta, ora l’abitato di Blevio e le ripide montagne alle sue spalle, ma sempre e comunque il lago, prima di ogni altro. Qui, e ovunque nel parco, immersi nel silenzio, il tempo sembra rallentare e si può entrare in contatto con il vero spirito del luogo.
Villa d’Este fa parte del Network Grandi Giardini Italiani.
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