Nella campagna friulana, alle porte di Sacile, a pochi chilometri dal confine con il Veneto, il borgo storico di Vistorta custodisce un gioiello: la Tenuta di Villa Brandolini d’Adda. Una villa neoclassica, una barchessa e una scuderia con sovrastanti granai, veri capolavori di architettura rurale, ed edifici annessi si affacciano su un parco paesaggistico di 7 ettari avvolto da vigneti a conduzione biologica, dove si produce, tra gli altri, uno dei migliori Merlot italiani.
Le architetture furono ultimate nel 1872 e solo più tardi il parco prese forma secondo le mode degli inizi del 900, risolvendosi in uno stile eclettico con tratti del giardino paesaggistico e di quello naturalistico, con una vegetazione composta principalmente da alberature di alto fusto, a volte raggruppate, a volte isolate, quali Taxodium distichum, Magnolia grandiflora, varie specie di tiglio, di quercia, faggi, e Celtis australis (bagolari) che ancora oggi, centenarie, si ammirano e destano stupore. In quegli anni il parco di Villa Brandolini d’Adda era a forma quadrata e racchiuso da mura in mattoni che per un tratto lambivano la villa e ai vertici erano caratterizzati da torrette.
Negli anni 50, in occasione del matrimonio del Conte Brando con Cristiana Agnelli, l’architetto Vietti fu incaricato di ristrutturare le parti interne della villa e di aggiungere una loggia vetrata per farne un giardino d’inverno, mentre a Renzo Mongiardino, amico di famiglia, fu affidato l’incarico di arredare alcuni locali di rappresentanza e altri più familiari, tra cui la loggia. Mancava, a questo punto, una sistemazione vera e propria del parco, che nel decennio successivo fu affidata a Russell Page, paesaggista inglese, che da anni si occupava di Villar Perosa, la dimora di campagna della famiglia Agnelli.
Nel suo libro ‘L’educazione di un giardiniere’, Page raccontava che gli piaceva trovare un difetto nella forma di un giardino in grado di sconfiggere ogni sforzo successivo per organizzarlo. E anche a Villa Brandolini d’Adda lo trovò: la disposizione delle tre architetture principali, la forma quadrata e il muro di recinzione accanto alla villa ponevano quest’ultima in una posizione subordinata rispetto alla barchessa, privando il parco di vero importante punto di riferimento. Decise quindi di abbattere parte del muro e di inglobare un terreno agricolo a est della dimora nobiliare, che acquistò la sua centralità e divenne l’asse principale, attorno al quale tutto ruotava. Il parco assunse una forma rettangolare. Durante i suoi tre anni di lavoro, dal 1963 al 1966, caratterizzati da un rapporto dinamico di dialogo con i conti, Page riorganizzò completamente il grande giardino, fondendo armoniosamente le due parti in una sola, e lo fece rapportare con la villa, di cui era il completamento e la cornice naturale.
Riuscì in questo lavoro principalmente grazie all’inserimento di 4 bacini d’acqua di dimensioni differenti, ottenuti grazie a una condotta del fiume Meschio che alimenta il primo e poi tramite condutture sotterranee raggiunge una peschiera preesistente e gli altri tre, distribuiti nel parco con grande senso delle proporzioni e del ritmo.
Sul margine di ognuno, alberi a gruppi si riflettono nell’acqua in una continua danza tra luci e ombre: sono Lagerstroemia indica, Parrotia persica, Metasequoia glyptostroboides, Chamaecyparis lawsoniana, Salix babylonica, scelti per il portamento, i toni di verde, la fioritura, la colorazione delle foglie, la corteccia. In quello più grande è stata ricavata una piccola isola punteggiata da ginepri potati a nuvola intervallati a rose Ibridi di Moschata, con una Rosa ‘Alberic Barbier’ che quasi si tuffa nelle acque.
Page inserì anche tre boschetti di bambù (Phyllostachys edulis) per regalare zone ombrose e aggiungere un velo di esotismo, introdusse nuove specie di alberi in tutto il parco e quelle preesistenti nella parte nuova, piantò grandi macchie di rose, passione della contessa Cristiana, e così raggiunse l’uniformità. Villa Brandolini, oltre che per il suo parco, è nota internazionalmente per la collezione di orchidee, altra passione floreale della contessa. Piante dal fascino esotico, sono coltivate in una serra di 400 metri quadrati che ne accoglie oltre 1.000 esemplari, dei quali alcuni rarissimi, cercati in ogni angolo del mondo. Proprio in questi giorni è in fiore Angraecum, di straordinaria bellezza.
Ora il parco di Villa Brandolini D’Adda, magistralmente gestito, è un luogo fiabesco, accogliente, che racconta la storia di chi lo ha abitato e abita, un giardino per il piacere estetico e di grande soddisfazione emotiva.
Villa Brandolini d’Adda fa parte del network Grandi Giardini Italiani.
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