Villa Arconati, la storia
L’epoca d’oro di Villa Arconati coincide con la vita di diverse generazioni della nobile famiglia Arconati, che per due secoli fu proprietaria del Castellazzo.
Il Seicento
Tutto iniziò nel 1610 quando Galeazzo Arconati, cugino del cardinale Federico Borromeo, acquistò il Castellazzo, dal Marchese Guido Cusani. Si trattava di una vasta tenuta che all’epoca comprendeva la “casa da nobile”, le corti rustiche e la cassina del torchio. Collezionista d’arte e dilettante d’architettura Arconati apportò rilevanti modifiche alla struttura del “palatium”, ingentilendone gli aspetti formali ed eliminando gli elementi più rustici. L’intervento, iniziato a partire dal 1619 riguardò il portico e all’ampliamento dei piani nobili. La dimora venne arricchita con l’acquisto di sculture, marmi classici romani, tra i quali la statua di Tiberio, un tempo detta di Pompeo Magno.
Senza dimenticare il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, e i frammenti del monumento funebre a Gaston de Foix. Dopo un viaggio a Roma, dal 1621, Galeazzo Arconati organizzò l’integrazione tra villa, paesaggio e Giardino. Per farlo, seguì esempi magistrali delle ville romane e fiorentine. Vennero inoltre realizzati i teatri e i giochi d’acqua ispirati agli studi di Leonardo da Vinci.
Il Settecento
Nel 700, Giuseppe Maria Arconati realizzò ampliamenti e interventi sul giardino e lasciò la villa in eredità al nipote Giuseppe Antonio Arconati. Uomo di cultura, protettore di Carlo Goldoni, il nuovo proprietario iniziò nel 1742 lavori di ampliamento dell’ala sud-ovest, ispirato dai sui viaggi a Vienna e Parigi. Dove potè ammirare anche la corte di Versailles. Alcune fonti attribuiscono i progetti all’architetto Giovanni Ruggeri, artefice di numerosi palazzi e ville milanesi. Nel giardino, intorno al vecchio “giardino dei fiori” si formò così una corte a U rivolta al viale di ingresso e allo stradone di Milano. Venne inoltre ampliata e sistemata a parterres la zona sud.
Dal 1750, quando l’intervento architettonico sulla Villa può dirsi concluso, Giuseppe Antonio chiamò i fratelli Galliari, incaricandoli degli affreschi del salone da parata del Piano Nobile. Con l’estinzione degli Arconati di Castellazzo, nel 1772 la proprietà passò ai cugini Busca, che compirono importanti lavori, tra i quali la sistemazione della facciata con il portico e alcune decorazioni interne. Come il trompe l’oeil dello scalone, secondo alcuni attribuito a Giocondo Albertolli.
Donna Beatrice Crivelli
Verso la metà del 900 la Villa giunse in eredità a donna Beatrice Crivelli alle cui cure si deve oggi la sua conservazione, fino a quando nel 1989, tutti beni di pregio ancora custoditi al suo interno vennero venduti all’asta. Oggi Fondazione Augusto Rancilio è promotrice di un meritevole piano di restauro e valorizzazione di Villa Arconati e del suo Giardino.