Si può definire orchidea della vaniglia, il fiore che produce la spezia meravigliosa che da secoli profuma dolci, bevande e piatti insoliti ma di grande gusto. Il suo nome è Vanilla planifolia, un’orchidea rampicante della famiglia delle Orchidaceae. Malgrado la quasi totale assenza di profumo nel fiore, con la tecnica di lavorazione – derivata da grandi fatiche sin dall’inizio della produzione e da un processo delicato e attento – si sprigiona invece un aroma così inebriante e il sapore così dolce e complesso, da potersi definire sublime. La vaniglia, invero, non è solo un semplice aroma per dolci e bevande. Da secoli rappresenta un simbolo di lusso e raffinatezza. La sua storia, inoltre, strettamente legata a un passato colonialista non privo di sofferenza, grazie a quelle delle culture gastronomiche che l’hanno apprezzata e valorizzata, ne fa una spezia ricca di fascino e di alto lignaggio in cucina.

Vanilla planifolia
Fiori e baccelli di vaniglia Bourbon – Foto [chomplearn_2001]/Stock.adobe.com

Origini di Vanilla planifolia

Vanilla planifolia è originaria del Messico, dove cresce spontaneamente nelle foreste umide e tropicali. Le civiltà precolombiane (Aztechi, Inca e Maya) la conoscevano e utilizzavano già da secoli, associandola a riti religiosi e impiegandola in bevande e preparazioni mediche. La sua scoperta da parte degli europei, avvenne con l’arrivo di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo. Tuttavia, la sua diffusione globale è avvenuta solo in seguito, tramite gli spagnoli, e grazie a un complesso ed lungo processo di sperimentazione e adattamento.

Vaniglia
La raffinatezza non è solo nell’aroma – Foto [chomplearn_2001]/Stock.adobe.com

Nomenclatura

L’epiteto generico Vanilla deriva dallo spagnolo vainilla, diminutivo di vaina, è riferito alla forma della capsula che costituisce il frutto della pianta. L’epiteto specifico planifolia, invece, evidenzia la forma piatta delle foglie. Il termine baccello, con cui viene largamente definito il frutto, non sarebbe appropriato. Quello corretto sarebbe appunto capsula, ma baccello, ormai, è entrato nell’uso comune a tutte le latitudini e così rimarrà nei secoli dei secoli.

Macro di un fiore di vaniglia
Macro di un’orchidea della vaniglia – Foto [Unclesam]/Stock.adobe.com

Le specie del genere Vanilla

Esistono numerose specie appartenenti al genere Vanilla. Quelle coltivate per lo stesso scopo, non sono molte e sono meno pregiate: Vanilla tahitensis, Vanilla siamensis (comunemente detta in inglese Vanilla Thai) e Vanilla pompona. La prima ha un baccello con maggior contenuto d’acqua e minor numero di semi, mentre la seconda ha un aroma meno intenso. Quindi, V. planifolia è quella che produce la maggior parte della vaniglia commercializzata a livello mondiale, grazie alla sua alta concentrazione di vanillina naturale, il principale componente aromatico.

Foglie e fiori di Vanilla planifolia

Le foglie della vaniglia sono grandi, piatte e lanceolate, carnose e di un bel verde intenso, lucide e con nervature ben visibili. Sono alterne e disposte lungo i fusti lianosi rampicanti. Questi, hanno un contenuto apparato radicale in piena terra ma aderiscono per mezzo di radici aeree agli alberi e salgono di diversi metri per trovare un’esposizione al sole più filtrata e maggiore umidità.

I fiori, di colore verde acido molto tenue e sfumati di giallo, sono riuniti in gruppi, all’ascella delle foglie e formano infiorescenze che non sono mai completamente fiorite perchè i fiori si aprono man mano. Sono caratterizzati da un labello trilobato, di forma particolare, che contribuisce ad attrarre impollinatori, se la pianta è coltivata nel suo ambiente naturale. Infatti, viene fecondata solo da un insetto presente solo nelle foreste messicane. È una sorta di ape priva di pungiglione, il cui nome è Melipona beecheii. Malgrado l’attrattività dei fiori, l’impollinazione naturale non è mai stata in grado di riuscire a coprire la richiesta di vaniglia, tanto che si è reso necessario nelle piantagioni, ieri come oggi, usare l‘impollinazione manuale. La breve durata del fiore (poche ore) e l’apertura di ciascun fiore in successione rapida, infatti, rende la fecondazione e la coltivazione della vaniglia una sfida complessa e laboriosa.

L’aroma naturale di vaniglia: uno dei più complessi

L’aroma della vaniglia, che non è presente nei fiori, è composto da almeno 200 molecole chimiche. Quella più importante che ne ha determinato la richiesta e il valore commerciale a livello globale, è la vanillina.

I semi di Vanilla planifolia, contengono una percentuale di vanillina compresa tra l’1,5% e il 4% e, pur essendo una componente minima, è quella che definisce le note aromatiche della vaniglia naturale. L’aroma è il risultato di un processo chimico che avviene nel frutto, condizionato e accelerato dall’uomo per farne produzione. Malgrado ciò, la produzione è insufficiente e l’assenza di prodotto naturale viene compensata dalla chimica con la vanillina di sintesi, un prodotto molto competitivo ma tutt’altro che naturale, dato che spesso è composta da derivati dal petrolio e che per la sua lavorazione si usa un solvente come il toluene.

Finché il baccello è ancora verde, la vanillina non è presente. C’è un suo precursore in una sua forma inodore, la glucovanillina, che è formato da un legame della vanillina con il glucosio. Durante la maturazione della capsula, si accumula e viene poi scomposta dall’enzima presente nelle cellule, liberando così la vanillina dal legame insieme all’aroma caratteristico mediante un processo preciso. Le informazioni sulla formazione dell’aroma di vaniglia, furono descritte dal farmacista italiano Giuseppe Clementi a metà Ottocento e successivamente confermate dalle moderne metodiche scientifiche:

“(…) L’olio essenziale della vaniglia che lentamente formossi nel frutto fermentante, ha consistenza scilopposa, color rosso dorato, sapore amaro acre e graditissima fraganza…” (pag. 10 da “Della vanillina e dell’olio essenziale della vaniglia memoria del Dott. Giuseppe Clementi”)

La vanillina prodotta chimicamente

Si ottiene attraverso diversi processi chimici, come l’ossidazione dell’eugenolo derivato dai chiodi di garofano (inizialmente era costituito dalla coniferina, una sostanza derivata da una conifera) o la reazione del guaiacolo con la formaldeide.

Un’altra fonte industriale di vanillina sono i sottoprodotti solforici dell’industria cartaria, che contengono acido ligninsolfonico. Questo, sottoposto a trattamenti ad alta temperatura e pressione con agenti ossidanti e alcalini, si decompone rilasciando vanillina che viene successivamente estratta e purificata. Si stima che la produzione mondiale di vanillina sintetica sia di circa 12.000 tonnellate all’anno, mentre quella di vanillina naturale, ottenuta dai 2.000 tonnellate di semi di vaniglia raccolti annualmente, sia solo di circa 40 tonnellate.

Cenni di storia sull’orchidea della vaniglia

La vaniglia, il cui aroma inebriante arricchisce dolci e bevande in tutto il mondo, ha una storia tanto affascinante quanto complessa. Dopo la conquista spagnola del Messico, la vaniglia fu introdotta in Europa. La sua coltivazione, però, fu inizialmente impossibile per le necessità della pianta. Solo nel XIX secolo, si ebbe successo in tal senso, in altri paesi tropicali, tra cui l’isola del Madagascar. L’isola divenne, e rimane tutt’ora, il principale produttore mondiale di vaniglia.

Come detto più sopra, Vanilla planifolia era conosciuta, coltivata e utilizzata dai popoli antichi del Centroamerica, secoli prima dell’arrivo degli europei. Gli Aztechi, ad esempio, usavano i baccelli della pianta che chiamavano Tlixochill (baccello nero), per aromatizzare la xocolatl. Questa era una bevanda a base di cacao, ben lontana dal cioccolato in uso oggi. Hernán Cortés, nel XVI secolo, introdusse la vaniglia in Europa, ebbe un successo limitato a causa della difficoltà di coltivazione al di fuori del suo habitat naturale.

Aroma di vaniglia
Suadente come il suo aroma finale – Foto [chomplearn_2001]/Stock.adobe.com

La soluzione al problema della fecondazione di Vanilla planifolia

La soluzione fu trovata solo nella prima metà del 1800. Infatti, nel 1836, il naturalista belga Charles Morren fu il primo a effettuare con successo un’impollinazione manuale delle piante nel giardino botanico di Liegi. L’anno successivo, nel 1837, anche l’orticultore francese Joseph Henri François Neumann riuscì nell’impresa. Tuttavia, fu solo nel 1841 che un giovane schiavo addetto alle piantagioni, di nome Edmond, trovò il metodo più efficace per l’impollinazione manuale, ancora oggi utilizzato.

Fase della fecondazione manuale
Una fase della fecondazione manuale – Foto [kamonrat]/Stock.adobe.com

La complessità della fecondazione e della produzione della vaniglia

Ogni singolo fiore, proprio uno ad uno, deve essere impollinato a mano con un piccolo bastoncino o uno spillo. In questo modo viene trasferito il polline, dal pollinario allo stigma. L’operazione richiede una grande competenza e pazienza, ed è uno dei fattori che contribuiscono al costo elevato della vaniglia.

Fecondazione vaniglia del Madagascar
Un’altra fase della fecondazione manuale: il momento in cui viene messo in contatto lo stigma del pistillo con il sacco pollinico – Foto [kamonrat]/Stock.adobe.com
A fecondazione avvenuta, i baccelli verdi si sviluppano lentamente. Vengono poi raccolti e sottoposti a una serie di processi che, data la loro complessità, sono composti da un numero impressionante di passaggi. Tutte fasi di lavorazione fondamentali per lo sviluppo dell’aroma caratteristico. Questo processo, che dura mesi, richiede un’esperienza notevole. Il metodo più utilizzato, dopo decenni di tentativi con diversi sistemi, è il Bourbon.

Il metodo Bourbon

È quello adottato da tutti i maggiori produttori di vaniglia. Consiste sostanzialmente in:

  • Arresto della vita vegetativa: i baccelli di vaniglia verde vengono immersi in acqua a 65°C per circa 3 minuti, in modo da interrompere bruscamente l’attività vegetativa delle cellule.
  • Riscaldamento: dopo la sgocciolatura, i baccelli vengono disposti in grandi casse di legno imbottite di coperte di lana, dove la temperatura raggiunge i 50°C, per 12 ore. Questo fa sì che i baccelli assumano il caratteristico colore marrone scuro e gli enzimi naturalmente presenti liberino il principale componente aromatico, la vanillina, dal suo legame con il glucosio. Inoltre, questa fase avvia una sommaria essiccazione, impedendo fermentazioni indesiderate.
  • Essiccazione: l’essiccazione avviene alternando esposizione al sole e all’ombra. I baccelli vengono distesi su griglie orizzontali, lasciando spazio per la circolazione dell’aria. L’essiccazione al sole dura una o due settimane, mentre quella all’ombra può durare oltre un mese. Durante la notte, i baccelli vengono protetti dall’umidità. Più i baccelli si seccano, più assumono un colore bruno e si ricoprono di una brina brillante.
  • Conservazione: dopo l’essiccazione, i baccelli vengono riposti in casse di legno tappezzate di carta oleata per otto mesi. Durante questo periodo, i baccelli continuano a perdere acqua e vengono periodicamente controllati per rimuovere eventuali marcescenze o muffe. Una volta raggiunta l’essiccazione ottimale, l’aroma della vaniglia è perfettamente sviluppato e i baccelli sono pronti per essere commercializzati e utilizzati.

Madagascar, il maggior produttore dell’orchidea della vaniglia

Dopo la scoperta dell’impollinazione manuale, nei secoli la coltivazione della vaniglia si è diffusa in altre aree tropicali, tra cui Madagascar, Indonesia, Tahiti, e Comore. Tuttavia, è il Madagascar, il maggior produttore mondiale di vaniglia, detenendo circa l’80% della produzione globale.

È proprio la vaniglia Bourbon del Madagascar, soprattutto quella proveniente dalla regione di Sambava, a essere considerata la più pregiata al mondo. La sua qualità è dovuta al particolare terroir, al clima e alle tecniche di coltivazione tradizionali. Sono questi fattori che contribuiscono a un aroma intenso, complesso e persistente, con note di tabacco, cioccolato, miele legno e frutta secca. Anche la coltivazione malgascia si basa su una tecnica complessa e laboriosa.

Pianta vaniglia Madagascar
Un’orchidea della pianta della vaniglia del Madagascar – Foto [Unclesam]/Stock.adobe.com

Ivana Fabris
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