Martedì 17 ottobre 2023, dalle ore 18.00 alle 20.30, Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain presentano una conversazione aperta al pubblico dal titolo Il futuro dell’arte indigena: collezioni e mostre. L’appuntamento si inserisce nel Public program curato da Emanuele Coccia in occasione della mostra Siamo Foresta, realizzata con la Direzione Artistica dell’antropologo Bruce Albert e del Direttore Artistico della Fondation Cartier Hervé Chandès, con allestimento creato dall’artista Luiz Zerbini.
Il Public Program organizzato da Fondation Cartier pour l’art contemporain invita artisti, curatori e intellettuali a discutere del futuro dell’arte indigena, il modo di collezionarla e rappresentarla nei musei d’arte contemporanea e nelle fondazioni a livello globale. Il programma della serata prevede interventi di Daiara Tukano, artista, giornalista, attivista per i diritti indigeni, ricercatrice per i diritti umani, e Denilson Baniwa, artista e curatore, presentati da Emanuele Coccia.
A seguire, offriranno il proprio contributo Hervé Chandès, Direttore generale artistico, Fondation Cartier pour l’art contemporain; Naine Terena, professoressa, curatrice, educatrice d’arte; Andrea Viliani, Direttore Museo delle Civiltà di Roma in conversazione con Angela Rui, curatrice di design, ricercatrice. Un ringraziamento speciale a Bruce Albert per il suo contributo a questo programma.
Riunendo le opere di 27 artisti, provenienti da Paesi, culture e contesti diversi, per lo più latinoamericani e molti dei quali appartenenti a comunità indigene, Siamo Foresta invita a scoprire nuovi punti di vista sulla contemporaneità. Questa mostra costituisce il sesto progetto espositivo realizzato nell’ambito del partenariato della durata di otto anni tra Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain, confermando così l’impegno delle due istituzioni nel portare presso pubblici sempre diversi i propri progetti espositivi, incoraggiando la scoperta delle visioni di artisti provenienti dai contesti geografici più vari.
Oltre il 70% delle opere in mostra proviene dalla collezione della Fondation Cartier pour l’art contemporain e racconta in particolare la storia del rapporto che la fondazione ha instaurato da tempo con artisti di alcune comunità indigene dell’America Meridionale. L’incontro con questi mondi estetici e metafisici, indigeni e non, è stata l’occasione per dare vita a nuovi progetti artistici, opere inedite e talvolta collaborazioni inaspettate. Infatti, anche in questo progetto espositivo, sono incluse numerose nuove creazioni, pensate appositamente per Siamo Foresta.
“Siamo Foresta mette in scena un dialogo senza precedenti tra pensatori e difensori della foresta; tra artisti indigeni – dal New Mexico al Chaco paraguaiano passando per l’Amazzonia (Brasile, Peru e Venezuela) – e artisti non indigeni (Brasile, Cina, Colombia e Francia) (…). Siamo Foresta trae la sua ispirazione da una comune visione estetica e politica della foresta come multiverso egualitario di popoli viventi, umani e non umani, e come tale offre una vibrante allegoria di un mondo possibile al di la del nostro antropocentrismo.
Fin dalle sue origini, la tradizione occidentale ha diviso e gerarchizzato gli esseri viventi secondo una scala di valori di cui l’essere umano costituisce l’apice. Questa supremazia dell’umano ha progressivamente allontanato l’umanità dal resto del mondo vivente, aprendo cosi la strada a tutti gli abusi di cui la distruzione della biodiversità e la catastrofe climatica contemporanea sono il risultato. La filosofia delle società indigene americane, invece, ritiene che gli esseri umani e i non umani – animali e piante – pur distinguendosi per l’aspetto dei loro corpi, siano profondamente uniti dalla stessa sensibilità e intenzionalità. Per loro, quindi, le comunità umane e non umane costituiscono un complesso multiverso di popoli che convivono, su un piano di uguaglianza e a costo di compromessi reciproci, all’interno di una stessa entità vasta e vivente, la “terra- foresta-mondo”. E in nome di questa preoccupazione relativa all’uguaglianza tra i viventi e del riconoscimento della porosità dei confini che apparentemente li distinguono – contrariamente, quindi, all’idea di qualsiasi supremazia umana – che gli artisti qui presentati si sono riuniti.” Bruce Albert, antropologo e co-direttore artistico della mostra in Triennale Milano.
FONDATION CARTIER POUR L’ART CONTEMPORAIN
Nella sua continua esplorazione di nuove geografie estetiche e culturali, la Fondation Cartier pour l’art contemporain continua ad allargare lo spazio dell’arte contemporanea ad artisti indigeni di tutto il mondo. L’istituzione ha stabilito, nel corso degli anni, un rapporto speciale con gli artisti Huni Kuin e yanomami dell’Amazzonia, nonché con gli artisti Nivaklé e Guaraní del Chaco paraguaiano. Oltre all’America Latina, ha esposto anche molti artisti indigeni contemporanei provenienti da Stati Uniti, India e Australia. Presentando le loro opere, la Fondation Cartier pour l’art contemporain sottolinea il legame essenziale tra questi popoli e i loro territori. Le loro tradizioni immemorabili di uguaglianza tra esseri umani e non umani ci invitano a ripensare, sul loro esempio, nuove forme di convivenza terrestre tra esseri viventi. Questi incontri con universi estetici e metafisici autoctoni hanno dato vita a opere originali e mostre inaspettate, che la Fondation Cartier condivide con un pubblico sempre più vasto in Francia e all’estero. Quest’anno, la Fondation Cartier unisce le forze con le principali istituzioni internazionali dedicate alla creazione contemporanea per presentare una serie di grandi mostre che incarnano il suo impegno su questo tema: La Lotta Yanomami allo Shed (New York), Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori (Parigi e Milano) e Siamo Foresta presso Triennale Milano (Milano). fondationcartier.com