Una villa incastonata tra le alture dei Campi Flegrei e il mare, che coniuga un’estetica contemporanea con raffinate citazioni della storia e della natura, generosa e “inquieta”, di questi luoghi
Una villa dai volumi nitidi ed essenziali, affacciata sul Golfo di Pozzuoli, con vista mozzafiato che spazia dall’Isola di Capri fino a Capo Miseno e oltre. Il progetto architettonico, che colpisce per le molte suggestioni estetiche e culturali di cui è intriso, è il risultato del dialogo e della sintesi tra il raffinato pensiero progettuale di Giovanni Francesco Frascino, architetto e dell’amore del proprietario per questo territorio, nel quale è nato e cresciuto. Un luogo ricco di storia che sorge su un sottosuolo rovente e inquieto, che “offre i propri incanti naturali e il vento di zolfo”, come ha scritto Mario Sirpettino. Siamo infatti nella cittadina di Pozzuoli, un tempo principale porto dell’antica Roma. In un lembo di territorio incastonato tra il mare e i Campi Flegrei, un’area collinare con diversi crateri di origine vulcanica in stato di quiescenza, tra i quali la leggendaria Solfatara.
In epoca imperiale qui sono sorte molte ville, nelle quali soggiornavano alcune tra le più importanti personalità dell’Urbe
Il progetto di questo edificio, terrazzato e degradante verso il mare in perfetta integrazione con l’ambiente circostante. Vuole rimandare proprio alla tipologia della domus puteolana dell’antica Roma, reinterpretata con un linguaggio minimalista, scarno ed essenziale. Tuttavia carico di rimandi e citazioni storiche, oltre che di ricercate interpretazioni in chiave contemporanea di materiali tipici del luogo.
“Protagonista del progetto”, spiega l’architetto Giovanni Francesco Frascino
“É l’uso della pietra lavica vesuviana a massello, Un materiale autorevole, utilizzato senza mediazioni per dare forma a setti e muri elementari che aprono la villa al mare. Protegge e sostiene le forme degli spazi abitati penetrandovi all’interno. Questa pietra, del tutto consona alla tradizione paesaggistica puteolana, con le sue tonalità che dal grigio scuro virano quasi fino al nero. É stata messa in dialogo con la purezza del bianco della calce idraulica che forma i volumi avvolgenti della villa. Offrendo, sul candore delle sue superfici, un articolato palinsesto cromatico che aiuta a percepire lo spettacolo del reale. L’intorno, l’alba, il tramonto, il passare del giorno e delle stagioni”.
La cucina a isola è un grande volume con piano di lavoro in acciaio. La lastra è stata posizionata con angoli al vivo per valorizzare lo spessore importante e la natura del materiale
La casa, che dal punto di vista compositivo costituisce un unicum, è divisa in due abitazioni indipendenti, con i rispettivi spazi esterni di pertinenza su quote diverse. Quello della famiglia del committente, al livello inferiore, e quella del figlio, al superiore. Negli interni il filo conduttore è ancora il candore del bianco, utilizzato per le pareti e i pavimenti, con raffinati contrappunti offerti dalle tonalità gravi e ricche di qualità materiche della pietra lavica e dell’acciaio, utilizzato in purezza nelle lastre con angoli a vista, che sottolineano con chiarezza la natura e le caratteristiche del materiale.
Gli arredi sono stati realizzati su disegno dell’architetto Frascino, con qualche pezzo di design trasferito dalle precedenti abitazioni dei proprietari. Nell’area esterna, prospiciente l’edificio, la vasca d’acqua calda è stata concepita come un tepidarium che attinge alla falda sulfurea del sottosuolo. Il fondale, completamente nero, rimanda invece ai pozzi della Solfatara che si trovano a pochi metri dalla villa. Un luogo di assoluto relax, pensato per l’otium, nell’accezione più nobile e antica del termine come “momento di riflessione prima di passare all’azione”.
La vasca ad acqua calda con getto a cascata è stata concepita come un tepidarium, nel quale rigenerarsi e liberare la mente da ogni pensiero
Il giardino è ricco di vegetazione mediterranea con Cycas, Pittosporum, Chamaerops, bambù, in particolare Himalayacalamus e poi Yucca, Beaucarnea, Washingtonia, Dasylirion e olivi, disposti secondo un disegno razionale su un letto di ghiaia lavica nera, quella che Seneca chiamava pulvis puteolanus, che offre un ulteriore raffinato rimando, scevro di ogni sentimentalismo, al Genius loci e alla storia. Aspetti che l’architetto Frascino non interpreta mai in senso nostalgico, quanto piuttosto come elementi fondamentali della sua idea di modernità.
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