Dal 31 gennaio al 1 marzo 2025, Roma si prepara ad accogliere larte visionaria di Jan Fabre, uno dei più grandi innovatori della scena contemporanea. Una mostra che, per la prima volta in Italia, raccoglie i due più recenti capitoli della sua produzione artistica. Songs of the Canaries (A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud) e Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre).

Jan Fabre in mostra alla Galleria Mucciaccia a Roma

Artista visivo, creatore teatrale e autore, capace di fondere tradizione artistica, filosofia, scienza e spiritualità in un unico personale universo creativo, Jan Fabre porta alla Galleria Mucciaccia di oma un corpus di opere che attraversano lessenza del pensiero umano, la fragilità della vita e il potere trasformativo dellarte, “giocando” con la performatività dei materiali, per esplorare temi esistenziali, spirituali e scientifici attraverso un dialogo costante tra corpo, mente e materia. 

Occasione per immergersi in un viaggio tra simbolismo, innovazione e intimità personale, in un percorso espositivo attraverso il quale Fabre continua a spingere i confini dellarte reinventando antiche metafore per affrontare questioni contemporanee, la mostra è unesplorazione del rapporto tra materia e spirito, forte di un uso innovativo di materiali come il marmo di Carrara, il Vantablack (la più nera versione esistente del nero) e i colori a matita e tempera

Manoir de mes rêves, 2024 Children’s paint and drawing pencils_Jan Fabre_ph. Pierluigi Di Pietro_Jan Fabre_ph. Pierluigi Di Pietro

Songs of the Canaries: il primo capitolo della mostra

Il primo capitolo Songs of the Canaries (A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud) è un tributo poetico alla fragilità della vita, all’inseguimento dei sogni e alla continua ricerca dell’umanità di comprendere il cielo. Fabre esplora queste tematiche attraverso un’installazione composta da opere meticolosamente scolpite in marmo di Carrara e intimi, sorprendenti disegni a matite colorate su Vantablack. Una serie di sculture raffigura canarini appollaiati in cima a cervelli umani, apparentemente in contemplazione dei meccanismi interni della mente. Dettagli come le piume di un canarino – metafora della libertà e della fragilità – o le vene di un cervello si trasformano in una poesia scultorea che armonizza i suoni del cielo con l’eco dei pensieri umani, attraverso titoli evocativi come Thinking Outside the Cage (2024), Sharing Secrets About the Neurons (2024) e Measuring the Neurons (2024). 

Measuring the neurons, 2024, Carrara marble_Jan Fabre_ph. Pierluigi Di Pietro

Una scultura monumentale

È al centro di questa prima sezione espositiva che si trova la scultura monumentale The Man Who Measures His Own Planet (2024): una figura si erge su una scala, con le braccia tese come a voler misurare limmensità del cielo. Il cranio aperto rivela una terra incognita”, quel territorio in gran parte inesplorato che è il cervello, simbolo dell’incessante ricerca dell’artista e dell’uomo per capire l’incomprensibile; il corpo è modellato su quello di Fabre stesso, mentre il volto rimanda al fratello scomparso prematuramente, Emiel, a cui è dedicata la mostra. 

Questo primo capitolo Songs of the Canaries è anche un omaggio a Robert Stroud, detto “Birdman of Alcatraz”, un prigioniero che divenne un rinomato ornitologo, specializzato in canarini. Per poterli studiare, Stroud riuscì a farsi portare in cella centinaia di questi uccelli. Creature che anche in cattività trovavano la forza di cantare e ispirare la mente. Quando fu rilasciato, alla domanda dei giornalisti su cosa avesse intenzione di fare per il resto della sua vita, Stroud rispose: “Misurerò le nuvole”.

The Man who measures his own planet, 2024_Carrara marble- detail_Jan Fabre_ph. Pierluigi Di Pietro

Songs of the Gypsies: il secondo capitolo 

Il secondo capitolo, Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre), mescola il jazz e larte con la vita personale dellartista, per esplorare la relazione tra fragilità e creazione in opere sorprendenti che uniscono tradizione iconografica e innovazione contemporanea. Il cuore dellinstallazione è costituito da tre grandi sculture di marmo di Carrara in cui Fabre raffigura un neonato fuori scala, suo figlio all’età di 5 mesi e mezzo, ma alto come il padre.

Questa seconda sezione della mostra inizia infatti con una nota personale: Fabre ha chiamato il suo primogenito Django Gennaro. Riferendosi a Django Reinhardt, virtuoso chitarrista gypsy jazz belga, acclamato da musicisti di tutti i generi come geniale e innovativo. Reinhardt era riuscito a eccellere e a inventare un genere musicale personale partendo da un grande svantaggio. Aveva una grave menomazione alla mano sinistra dovuta a un incidente da ragazzo. Jan Fabre ha scelto di omaggiare queste due importanti figure nella sua vita, fonti di ispirazione per la sua arte.

The Partisan (of Art) 2024 Carrara marble_Jan Fabre_ph. Pierluigi Di Pietro

Le opere

Le delicate forme infantili scolpite incarnano il mistero della nascita e della creazione e sono anche messaggere di partiture musicali jazz. Appaiono sia incise nel marmo sia nei disegni dai colori vivaci, evocando una dimensione giocosa e improvvisata, ispirata alle pitture infantili del giovane Django e ai brani di Reinhardt. Come una partitura musicale multidimensionale che trasporta lo spettatore sulle note dei grandi successi del chitarrista gitano “Minor Swing”, “Nuages” o “Manoir de Mes Rêves”.

Le opere conducono in un mondo di sogni concreti, di vite fatte d’arte. Un lento swing tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, un invito artistico a contemplare la fragilità e lo splendore della condizione umana. La mostra tutta è un inno alla musica, filo conduttore che attraversa entrambe le serie. Fabre intreccia note e immagini, trasformando il gypsy jazz di Django Reinhardt in una colonna sonora visiva. I canarini, simbolo di canto e libertà, diventano messaggeri tra il terreno e il celeste.

Sharing secrets about the neurons, 2024, Carrara marble_Jan Fabre_ph. Pierluigi Di Pietro

 

Piccoli cenni biografici di Jan Fabre

Nato ad Anversa nel 1958, Jan Fabre è un innovatore di spicco e una delle figure più influenti del panorama artistico contemporaneo internazionale. Contribuendo allarte visiva, al teatro e alla letteratura, è stato il primo artista vivente a tenere grandi mostre personali in istituzioni prestigiose come il Museo del Louvre di Parigi nel 2008 e il Museo Hermitage di San Pietroburgo nel 2017. Inoltre, è lunico artista ad aver ricevuto lonore della Cour dHonneur del Festival di Avignone per tre edizioni consecutive (2001, 2005 e 2006) e ad essere stato incaricato di creare unopera per la Felsenreitschule al Festival di Salisburgo nel 2007.

La mostra, a cura di Dimitri Ozerkov, con contributi di Giacinto Di Pietrantonio, Melania Rossi e Floriana Conte, è accompagnata da un catalogo ricco di analisi critiche e immagini, curato da Melania Rossi e Giovanna Caterina de Feo; un approfondito omaggio alla complessità dell’arte del maestro belga, che intreccia temi personali, simbolici e universali.