L’architetto giapponese Shigeru Ban, vincitore del premio Pritzker 2014, ha sperimentato nel corso degli anni soluzioni tecnologiche basate sull’utilizzo di materiali di recupero, cartone e legno tra tutti, impiegati nella progettazione di strutture dal costo contenuto e dall’elevata qualità, per le vittime di disastri sociali e calamità naturali.
Shigeru Ban, gli anni della formazione tra Giappone e Stati Uniti
Shigeru Ban è nato nella città di Kobe, in Giappone, e, trasferitosi in giovane età negli Stati Uniti, ha studiato prima presso il Southern California Institute of Architecture dal 1977 al 1980 e, successivamente, alla Cooper Union di New York, dove si è laureato nel 1984 sotto l’ispirata guida di John Hejduk. Altro momento essenziale nella formazione di Shigeru Ban è stato la collaborazione con l’architetto connazionale Arata Isozaki, al termine della quale, solamente un anno dopo aver completato il percorso universitario, ha aperto un proprio studio a Tokyo.
Il cartone come materiale per l’architettura
Sintesi tra il linguaggio vernacolare giapponese e l’impulso dei maestri americani del Novecento, l’architettura di Shigeru Ban è stata caratterizzata sin dai primi momenti da un elevato grado di sperimentalismo, che esprimeva le potenzialità tecniche e formali dei tubi di cartone pressato, utilizzati per la prima volta nel 1985, nella galleria realizzata per lo stilista Issey Miyake.
L’impegno umanitario
Nel 1994, in seguito al tremendo genocidio del Ruanda, ha progettato, con il sostegno dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), rifugi di cartone e legno per i ruandesi, noti come Paper Emergency Shelter. Insieme alla fondazione del Voluntary Architects Network, l’opera di esordio ha testimoniato l’impegno umanitario di Shigeru Ban, condiviso con altre figure di architetti contemporanei, Alejandro Aravena e Diébédo Francis Kéré su tutti.
Quando una catastrofe naturale ha colpito la città giapponese di Kobe nel 1995, Shigeru Ban è intervenuto in soccorso della popolazione locale sfollata. Sono state realizzate 22 capanne, le Paper Long Houses, di 16 metri quadrati ciascuna, con pareti in tubi di cartone e fondazioni costituite da cassette per bottiglie di birra, riempite con sabbia. Inoltre, è stata inserita la “cupola di carta”, una struttura collettiva concepita per essere facilmente riutilizzata, in sostituzione della chiesa cattolica romana in rovina.
La versatilità del sistema costruttivo sviluppato da Shigeru Ban è stata sostanziale durante la fase di gestione dell’emergenza dei successivi eventi drammatici: il sisma in Turchia nel 1999; lo tsunami che ha colpito il sud est asiatico; l’uragano Katrina negli Stati Uniti; il terremoto del Sichuan. Nel 2010, dopo il catastrofico sisma de L’Aquila, ha progettato la Paper concert hall, un nuovo auditorium composto con l’ausilio di elementi portanti prefabbricati in cartone, precursore di una rinascita culturale tangibile.
La sua architettura in cartone più nota è la cattedrale di Christchurch: completata nel 2013 in Nuova Zelanda, ha una sezione triangolare dalla spiccata verticalità, che si compie nei 23 metri di altezza della copertura in cartone a sostegno dello strato di policarbonato opaco.
Il Padiglione del Giappone all’Expo 2000 di Hannover
Nel 2000, dopo aver disegnato il reticolo spaziale del Paper Arch, esposto nei giardini del Museum of Modern Art di New York, ha coordinato la costruzione del Padiglione del Giappone all’Expo di Hannover. L’architettura dall’andamento sinusoidale, studiata in collaborazione con l’architetto Frei Otto e lo studio di ingegneria Buro Happlod, presentava una struttura in tubolari di cartone e archi lignei, completata da un involucro in membrana di carta a cinque strati appositamente trattata per essere ignifuga e impermeabile. Virtuosismo particolarmente evidente anche nel padiglione della IE University di Madrid, spazio di eventi ed esposizioni definito da una struttura reticolare in tubi di cartone uniti da giunti di legno.
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