Dal 16 febbraio al 14 maggio 2023, Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain presentano un’importante mostra personale dell’artista aborigena Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori.
Ideata e curata da Fondation Cartier e inaugurata a Parigi nel 2022, la mostra ha ottenuto un eccezionale successo, dovuto alla straordinaria scoperta di una pittura potente e alla storia forte di un’artista il cui lavoro è profondamente radicato nelle tradizioni del suo popolo. Questa è la quinta mostra presentata nell’ambito del partenariato della durata di otto anni tra le due istituzioni, che conferma l’impegno nei confronti di artisti e geografie raramente rappresentati nei musei e nelle mostre occidentali.
Considerata una delle più grandi artiste australiane contemporanee degli ultimi due decenni, Sally Gabori ha iniziato a dipingere nel 2005, intorno agli ottant’anni di età, raggiungendo rapidamente come artista una fama nazionale e internazionale. In pochi anni di rara intensità creativa, e prima della sua morte avvenuta nel 2015, ha realizzato un corpus di opere unico, vivace e colorato, senza apparenti legami con altre correnti estetiche, né con la pittura aborigena contemporanea.
Riunendo una trentina di dipinti monumentali, questa mostra è organizzata in stretta collaborazione con la famiglia dell’artista e la comunità Kaiadilt, inclusi i maggiori specialisti dell’arte e della cultura Kaiadilt. Alcuni di loro saranno presenti a Milano in occasione dell’apertura della mostra per rendere omaggio all’artista, le cui opere continuano ad affascinare per il loro carattere spontaneo, luminoso e profondamente originale. La mostra è stata resa possibile grazie alla generosa partecipazione dei più importanti musei in Australia e in Europa, e di numerosi collezionisti privati.
Kaiadilt, Una vita in esilio
Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori è nata nel 1924 sull’isola Bentinck, nel Golfo di Carpentaria, al largo della costa settentrionale del Queensland, in Australia. Era una donna Kaiadilt che parlava la lingua Kayardilt. Il suo nome, Mirdidingkingathi Juwarnda, deriva dalla tradizione Kaiadilt, che stabilisce che ogni persona prenda il nome in base al luogo di nascita e al proprio antenato totemico. Pertanto, Mirdidingkingathi indica che Sally Gabori è nata a Mirdidingki, una piccola insenatura situata a sud dell’isola Bentinck, e che il suo “animale totem” è lo juwarnda, ossia il delfino.
Per gran parte isolati, con una popolazione di 125 persone nel 1944, i Kaiadilt furono gli ultimi aborigeni dell’Australia costiera ad entrare in contatto con i coloni europei. Sally Gabori e la sua famiglia conducevano uno stile di vita tradizionale, affidandosi quasi interamente alle risorse naturali della loro isola. Come la maggior parte delle donne, Sally si occupava della pesca, della manutenzione delle nasse in pietra che punteggiavano le coste dell’isola e della tessitura di ceste utilizzando fibre naturali.
Dall’inizio degli anni ‘40 in poi, i missionari presbiteriani che nel 1914 si erano stabiliti sull’isola Mornington, a nord dell’isola Bentinck, tentarono senza successo di convincere i Kaiadilt a unirsi alla loro missione. I loro tentativi furono vani. Tuttavia nel 1948, a seguito di un ciclone e di un maremoto che inondarono gran parte della terra dei Kaiadilt e che contaminarono le riserve di acqua dolce, gli ultimi 63 residenti Kaiadilt sopravvissuti, tra cui Sally Gabori e tutta la sua famiglia, furono evacuati nella missione
presbiteriana sull’isola Mornington. Il loro esilio, che credevano sarebbe stato solo temporaneo, durerà diversi decenni. Quando arrivarono a Mornington, i Kaiadilt furono alloggiati in campi lungo la spiaggia e i bambini furono separati dai loro genitori e sistemati in dormitori all’interno della missione. Fu loro proibito di parlare la loro lingua madre, creando perciò una frattura profonda con la loro cultura e le loro tradizioni.
Dagli anni ‘90 in poi, dopo molti anni di lotte per il riconoscimento dei diritti territoriali degli aborigeni, l’Australia ha varato una legislazione che ha finalmente riconosciuto i diritti dei Kaiadilt sulla loro terra. Un insediamento, che viene definito un outstation, fu stabilito a Nyinyilki sull’isola Bentinck, permettendo a quei Kaiadilt che lo desideravano, inclusa Sally Gabori, di tornare alla loro isola nativa e rimanervi temporaneamente.
Sally Gabori, Dipingere l’sola natale
Sally Gabori ha iniziato a dipingere nel 2005, a più di ottant’anni di età. I suoi dipinti, sebbene in apparenza astratti, sono tanto riferimenti topografici quanto storie aventi un profondo significato per lei, la sua famiglia e la sua gente. Sono una celebrazione di diversi luoghi della sua isola natale, che Sally Gabori e i membri della sua famiglia non hanno potuto visitare per molti anni, nonostante ne portassero il nome. I luoghi che dipinge sono anche associati alla lotta politica per il riconoscimento dei diritti sulla
terra dei Kaiadilt.
Al di là della tradizione iconografica dei Kaiadilt, i dipinti di Sally Gabori testimoniano una sconfinata immaginazione e un’impressionante libertà formale, alimentata da infinite variazioni di luce sul paesaggio, causate dal mutevole clima del Golfo di Carpentaria. Con combinazioni di colori, giochi di forme, sovrapposizioni di superfici e formati diversi, Sally Gabori ha dipinto oltre 2.000 tele nei nove anni della sua carriera artistica, esplorando, a una velocità accelerata, le molteplici risorse dell’espressione pittorica. Sally Gabori ha iniziato a lavorare su piccola scala, dipingendo con un pennello sottile e colori non diluiti. Nel 2007 è passata a tele monumentali lunghe più di sei metri, senza perdere il vigore del suo gesto o l’audacia nell’uso del colore. Nello stesso anno, ispirata da una prima visita di ritorno in patria, Sally Gabori si è impegnata a mappare su tela i numerosi luoghi a lei cari, producendo tre opere di oltre sei metri di lunghezza in collaborazione con le sue sorelle e nipoti, tutte nate sull’isola Bentinck prima dell’esodo. Verso la fine della sua carriera, ha anche dipinto una serie di grandi tele con le sue figlie, Amanda ed Elsie, e ha incoraggiato le sue altre figlie, Dorothy ed Helena, a unirsi al Centro d’Arte e d’Artigianato dell’isola Mornington.
Dopo la sua morte nel 2015, la Queensland Art Gallery | Gallery of Modern Art di Brisbane e in seguito la National Gallery of Victoria a Melbourne hanno presentato una grande retrospettiva del suo lavoro, rispettivamente nel 2016 e nel 2017. I suoi dipinti sono ora presenti in molte delle più importanti collezioni pubbliche australiane e in diverse collezioni europee.
Una mostra da scoprire
Questa mostra presenta 29 opere di Sally Gabori, tra cui spettacolari tele monumentali che hanno caratterizzato la sua carriera, oltre a tre dipinti realizzati in collaborazione con altre artiste Kaiadilt e insieme alle sue figlie. Grazie ad alcuni prestiti eccezionali di importanti istituzioni museali australiane come la Queensland Art Gallery | Gallery of Modern Art, la National Gallery of Australia, la National Gallery of Victoria e HOTA, Home of the Arts, così come il Musée du Quai Branly – Jacques Chirac di Parigi, la Fondation Opale di Lens (Svizzera) e la Fondation Cartier e generosi prestiti di privati, la mostra permette al pubblico di scoprire un’immensa colorista il cui corpus di lavori, profondamente ancorato alla storia del suo popolo, testimonia una notevole modernità pittorica. In concomitanza con questa ambiziosa mostra di dipinti, favorevole alla contemplazione e alla riflessione, la Fondation Cartier, in stretta collaborazione con la famiglia di Sally Gabori e la comunità Kaiadilt, ha creato un sito web dedicato alla vita e all’opera dell’artista, ora disponibile in italiano, francese e inglese. Il sito raccoglie le testimonianze del ricco lavoro condotto dall’artista e l’importante eredità culturale che ha lasciato alle successive generazioni Kaiadilt. Attraverso innumerevoli documenti e resoconti raccolti in Australia per la mostra, questo sito è l’archivio più completo mai compilato sulla storia di Sally Gabori e sul popolo Kaiadilt.
In linea con il suo interesse nell’osservare il rapporto tra gli esseri umani e la loro terra d’origine, la Fondation Cartier pour l’art contemporain ha avviato collaborazioni tra artisti, pensatori e scienziati impegnati in una ricerca estetica ed esistenziale, profondamente segnata dall’enigmatica bellezza del mondo vivente. Attraverso mostre, pubblicazioni, performance e conferenze aperte al pubblico, la Fondation Cartier affronta da oltre 20 anni temi ambientali contemporanei come il cambiamento climatico, la biodiversità, la deforestazione e la scomparsa di culture e lingue autoctone.
La Fondation Cartier ha inoltre instaurato un rapporto di lunga durata con artisti di diverse culture, come gli Yanomami (dell’Amazzonia), o i Nivaklé e i Guaraní (del Chaco, Paraguay), e ora i Kaiadilt (dell’Australia settentrionale), e non ha smesso di rivelare la loro fondamentale interconnessione con la terra, nonché di mettere in luce le minacce che devono affrontare. La loro tradizione ed esperienza memore di una relazione paritaria tra gli esseri viventi, umani e non umani, ci invita a reinventare una nuova possibile convivenza sulla terra. Nel corso del 2023, la Fondation Cartier collabora con importanti istituzioni internazionali per presentare una serie di mostre che affermano il suo impegno su questi temi: The Yanomami Struggle presso The Shed a New York, Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori e Siamo Foresta a Triennale Milano e Bernie Krause, The Great Animal Orchestra all’Exploratorium di San Francisco.
Informazioni per la visita
Triennale Milano
viale Alemagna 6
20121 Milano
T. +39 02 724341
www.triennale.org
Orari apertura Triennale Milano
martedì – domenica, ore 11.00 – 20.00
(ultimo ingresso ore 19.00)
Biglietteria
Biglietto intero: 12 euro / ridotto 10 euro / studenti 6 euro
Biglietto unico per visitare tutte le mostre
di Triennale Milano: 18 euro
Prevendite: www.triennale.org e www.vivaticket.com
Informazioni per le prevendite: biglietteria Triennale,
biglietteria@triennale.org oppure T. +39 02 72434 208
Mirdidingkingathi Juwarnda
Sally Gabori
16 febbraio – 14 maggio 2023
Triennale Milano