Robert Frank, fotografo e regista svizzero-americano, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della fotografia. Considerato uno dei fotografi più influenti del XX secolo, era noto per il suo approccio innovativo e intimo alla fotografia documentaristica.

Dalle origini alla svolta

Nato a Zurigo il 9 novembre 1924 e scomparso in Canada il 9 settembre 2019, Robert Frank è divenuto celebre per il suo libro fotografico The Americans (1958), che rivoluzionò il modo di rappresentare la società americana del dopoguerra.

Iniziò a studiare fotografia nel 1941 e trascorse i successivi sei anni lavorando per studi di fotografia commerciale e grafica a Zurigo, Ginevra e Basilea. Successivamente, si trasferì negli Stati Uniti nel 1947, dove lavorò come fotografo di moda per prestigiose riviste come Harper’s Bazaar e Vogue. Ottenne anche il sostegno di importanti figure artistiche di New York, come Edward Steichen, Willem de Kooning, Franz Kline e Walker Evans, che divenne uno dei suoi principali mentori. Il suo interesse si spostò presto verso la fotografia documentaristica. Nel 1948, intraprese viaggi in Perù e Bolivia come reporter freelance, sviluppando uno stile unico e personale.

Fotografia di Robert Frank. Scattata da Richard Avedon, 1975 [Tony Fischer, CC BY 2.0, Flickr]

La nascita di The Americans

Nel 1955, Frank ottenne una borsa di studio dalla Guggenheim Foundation, diventando il primo fotografo europeo a ricevere tale riconoscimento. Con questa opportunità, percorse 48 stati americani e scattò oltre 28.000 fotografie. Il risultato fu The Americans, una raccolta di 83 immagini in bianco e nero che offrivano una visione cruda e sincera della società americana. Pubblicato in Francia nel 1958 e negli Stati Uniti nel 1959 con una prefazione di Jack Kerouac, l’opera suscitò inizialmente polemiche per il suo ritratto critico del sogno americano, ma in seguito divenne un classico della fotografia contemporanea.

The Americans, Robert Frank [Rob Corder, CC BY-NC 2.0, Flickr]

L’approccio cinematografico e la svolta artistica

Negli anni 60 del Novecento, nonostante il successo di The Americans, Frank si allontanò dalla fotografia per dedicarsi al cinema. Realizzò film sperimentali come Pull My Daisy (1959), con Jack Kerouac e altri esponenti della Beat Generation, e Cocksucker Blues (1972), un controverso documentario sulla tournée dei Rolling Stones, che fu censurato per i suoi contenuti espliciti. Dopo la tragica perdita della figlia, Frank tornò alla fotografia negli anni 70, abbandonando i reportage tradizionali per sperimentare con collage, Polaroid, incisioni sulla pellicola e scritte dirette sulle immagini.

The Americans, 1958. Raduno politico – Chicago, 1956, Robert Frank [Rob Corder, CC BY-NC 2.0, Flickr]

Riconoscimenti e influenza duratura

Nel 1994, Frank donò gran parte del suo archivio artistico alla National Gallery of Art di Washington, dando vita alla Robert Frank Collection, la prima dedicata a un artista vivente. Nel 1996 ricevette l’Hasselblad Award e nel 2000 il Cornell Capa Award. Tra il 2005 e il 2006, la retrospettiva Robert Frank: Story Lines ha girato il mondo, partendo da Londra.

New Orleans, The Americans, Robert Frank [St. Lawrence University Art Gallery, CC BY-NC-ND 2.0, Flickr]

Eredità artistica

Lo stile di Robert Frank, caratterizzato da fotografie in bianco e nero, spontaneità e profondità emotiva, ha influenzato generazioni di fotografi, tra cui Diane Arbus, Garry Winogrand e Lee Friedlander. La sua capacità di cogliere l’essenza della vita quotidiana e delle tensioni sociali ha ridefinito il linguaggio visivo della fotografia documentaristica.

Robert Frank rimase una figura leggendaria, il cui lavoro continuò a ispirare artisti e appassionati di fotografia in tutto il mondo.

 

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