La Revolution milanese è appena iniziata
A Milano va in mostra la Revolution degli Anni Sessanta, nella cornice della Fabbrica del Vapore, fino al 4 Aprile 2018.
La storia della musica e dei ribelli negli anni 1966-1970 è finalmente raccontata a partire dai protagonisti fondamentali: dai Beatles a Woodstock, passando per le più importanti rivoluzioni sociali. Arrivata dall’oltremanica, l’esposizione ripercorre il progetto dei curatori originali (Victoria Broackles e Geoffrey Marsh) e introduce numerose novità grazie a Fran Tommasi, Clara Tosi Pamphili e Alberto Tonti.
I’m just talkin ‘bout my g-g-generation (The Who)
Più che una mostra, si tratta di un viaggio immersivo nei Fabulous Sixties. Merito è, in primo luogo, delle cuffiette da indossare a inizio percorso, che accompagnano con una strepitosa ed eclettica colonna sonora direzionale che muta al cambiare della stanza e che riflette la sua stessa evoluzione.
A partire dalla Beatleamania, infatti, il pop si allontana dal mondo del puro intrattenimento e, grazie agli scambi con gli Stati Uniti, si fa portavoce degli storici cambiamenti in atto.
Let me live my life the way I want (Jimi Hendrix)
Ricco di memorabilia di ogni tipo, il percorso espositivo è ricostruito per soddisfare le curiosità e i feticismi più sfrenati.
Dalle edizioni autentiche dei testi che costruirono la nuova cultura (Le porte della percezione di Huxley, L’uomo a una dimensione di Marcuse o Sulla strada di Kerouac) ai costumi originali dei Beatles utilizzati per il progetto Sgt. Pepper, dagli strumenti degli Who agli occhialetti tondi di John Lennon.
Our culture, our art, our music, our books, our posters, our clothing… it’s all one message. The message is: freedom. (John Sinclair)
Riprende così vita quel periodo densissimo di avvenimenti che fondava il suo assunto su un’idea precisa: quella di poter cambiare le sorti del proprio percorso e sovvertire le regole di ogni ambito.
Lo raccontano le minigonne di Twiggy e di Jean Shrimpton, i quadri optical di Bridget Riley, le installazioni di Fluxus (il collettivo di Yoko Ono), il nuovo approccio cinematografico di Antonioni – che scandalizzò con le angosce descritte in Blow Up.
The best way to predict the future is to invent it (Alan Kay)
Erano infatti gli anni della libertà sessuale e della psichedelia, dell’attivismo e del pacifismo. Ma anche dell’allunaggio e delle religioni esotiche, della Swinging London e delle controculture di ogni sorta. Erano gli anni dell’assassinio di Kennedy, della guerra in Vietnam e delle grandi lotte per i diritti. Non mancano i ritratti di figure rivoluzionarie come Che Guevara, Mao, Martin Luther King e Huey Newton (il ministro della difesa delle Pantere Nere).
Da Dylan ai Rolling Stones, da Crosby a Still & Nash, il clima della mostra è riempito, in ogni stanza, di vinili che hanno fatto la storia della musica. Si tratta di un incredibile numero di LP che proviene dalla collezione di John Peel, storico produttore, DJ e giornalista britannico.
E proprio la musica, che incarna la rivoluzione in atto nel mondo, celebra la fine del percorso con un maxi schermo curvo da cui viene proiettato il celebre concerto di Woodstock del 1969. Per goderlo al meglio, c’è una serie di pouf e una grande distesa verde: proprio come al festival più famoso di sempre, simbolo del pensiero filosofico del decennio.
L’identità dell’Occidente mutò dunque radicalmente in questi Anni Sessanta rivoluzionari e creativi: la Fabbrica del Vapore è pronta a raccontarli con passione e tanta, tantissima musica.
Hai mai sognato un posto in cui non ricordi di essere mai stato prima? Un posto che forse esiste solo nella tua fantasia? Un posto lontano, che quando ti svegli ti ricordi solo a metà. Quando eri lì, però, conosce la lingua, sapevi come muoverti. Erano gli Anni Sessanta.
(Terry Valentine, L’inglese, 1999)