Eccentrico e versatile, Philip Johnson è stato critico e curatore, ma soprattutto architetto tra i più influenti del XX secolo. Il suo approccio eclettico al design, la ricerca instancabile e la carriera prolifica hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’architettura.
Personaggio geniale e controverso, nel 1979 è il primo architetto a vincere il Premio Pritzker per i contributi significativi apportati all’arte e all’architettura. Le opere di Philip Johnson sono in grado di rappresentare lo spirito dei tempi, assecondarne i cambiamenti, qualche volta persino anticiparli.
Gli esordi e l’International Style
Nel 1930 Philip Johnson si laurea in filosofia all’università di Harvard e, già interessato all’architettura, muove i primi passi presso la Junior Advisory Commitee del Museum of Modern Art (MoMA) di New York. Qui incontra lo storico Henry-Russel Hitchcock con il quale inizia una collaborazione culminata nella mostra “Modern Architecture: International Exhibition”, e nella teorizzazione dell’International Style.
La mostra, inaugurata al MoMA nel 1932, presenta in America le novità architettoniche diffuse in Europa, raggruppando i progetti di architetti come Le Corbusier, Walter Gropius e Jacobus Johannes Pieter Oud tra gli altri. Le opere coinvolte presentano caratteristiche comuni, riconducibili ad uno stile preciso, definito e descritto nel libro International style: Architecture since 1922.
Linee semplici, assenza di decorazioni o applicazioni ornamentali, ampi open space per gli interni: questi i canoni architettonici dominanti negli anni Venti e Trenta del XX secolo. Una leggerezza visiva ottenuta grazie all’uso di travi a sbalzo e alla scelta di materiali come vetro e acciaio.
Le opere del periodo modernista
Nel corso della lunga carriera, Philip Johnson abbraccia stili diversi e le sue opere rispecchiano queste diverse fasi progettuali. Dopo la laurea in architettura nel 1940, il lavoro di Johnson segue i canoni del modernismo, ispirato dal motto less is more del maestro, e suo mentore, Ludwig Mies van der Rohe. Sono questi gli anni dei primi importanti progetti, a partire dalla celebre Glass House, la sua residenza a New Canaan, Connecticut (1949). Un enorme open space essenziale, quasi trasparente, perfettamente integrato nel paesaggio, tra i migliori esempi del modernismo americano.
Nello stesso periodo collabora con Mies al progetto del Seagram Building a New York (1958). Il grattacielo, che si erge sopra Park Avenue, contribuisce a definire lo skyline di una città in fervente evoluzione, diventando un modello per le costruzioni successive. In questa occasione, Johnson si occupa del design degli interni, pensati in perfetta continuità estetica con la struttura esterna, con predominanza di vetro e travertino, per un effetto essenziale ma lussuoso.
Eclettismo funzionale e postmoderno
Seguono altri periodi e fasi stilistiche, dall’eclettismo funzionale al postmoderno. Le opere di Philip Johnson comprendono grattacieli, case e gallerie d’arte, come la Kreeger House a Washington DC, progettata con Richard Foster nel 1963. Un altro momento significativo nella carriera dell’architetto americano è il progetto AT&T Building, oggi conosciuto come Sony Building, un grattacielo a Madison Avenue completato nel 1984. Tra le opere più dibattute, il grattacielo in granito rosato è diventato un simbolo dell’architettura postmoderna, immediatamente riconoscibile per la peculiare forma del tetto che ricorda un cassettone in stile Chippendale.
Ultimo periodo: la Puerta de Europa
Influenzato dal discorso decostruzionista in filosofia, nel 1988 Philip Johnson cura, insieme a Mark Wigley, una mostra al MoMA dal titolo “Deconstructivist Architecture”. L’obiettivo è quello di raccontare una nuova sensibilità emergente in architettura, attraverso i lavori di sette architetti internazionali. La mostra presenta i progetti di Frank O. Gehry, Daniel Libeskind, Rem Koolhaas, Peter Eisenman, Zaha Hadid, Bernard Tschumi e dello studio di Coop Himmelblau. Sorprendenti e avant-garde, i lavori sono accomunati da geometrie distorte e da un’estetica che alle forme armoniche tradizionali preferisce la disarmonia, l’inaspettato e il mistero.
A differenza dell’International style, in questo caso, la finalità non è individuare un vero e proprio movimento, ma far luce su uno stile che sfida le convenzioni. Aderendo a questa tendenza, nel 1996 Johnson progetta insieme a John Burgee la Puerta de Europa, situata in Piazza Castiglia a Madrid. Le due torri identiche, fatta eccezione per la presenza di un eliporto sulla torre di destra, sono inclinate l’una verso l’altra di 15°, rivoluzionando il modello convenzionale di grattacielo. L’opera, che sfida la gravità, costituisce il contributo di Johnson allo stile presentato qualche anno prima a New York.
Maria Teresa Morano
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