Un pensiero consapevole dell’importanza della salvaguardia del territorio ha guidato il progetto del parco di Palazzo di Varignana che raccorda armoniosamente architetture di origine diversa.
Per Palazzo di Varignana, nel comune di Castel San Pietro Terme, Bologna, le dolci colline sinuose sono una cornice naturale perfetta: il paesaggio è una sinfonia di verdi sfumature con una varietà di colori che mutano con le stagioni. Le valli e i calanchi fanno da leitmotiv, i boschi cingono la terra come antiche melodie, i vigneti, frutteti, campi di grano e oliveti ordinati danno il ritmo e i sentieri si snodano come versi di una poesia. Il vecchio borgo, che conserva un fascino rurale, è una metafora di resistenza e resilienza oltre che una testimonianza di un passato storico, che è iniziato nel II secolo d. C. con la città romana di Claterna.
In queste terre, l’imprenditore bolognese Carlo Gherardi, innamorato di questi luoghi, circa 15 anni fa ha dato vita a un “progetto che parla di recupero e di rigenerazione: di edifici storici, di terreni e casali rurali abbandonati e relative colture, come quella dell’olivo e della vite”. Un’operazione di riqualificazione che ha portato alla creazione di un resort immerso in circa 30 ettari di parco e 500 di poderi, all’insegna di quello che è stato definito “Heritage of Italian lifestyle”.
Nucleo del complesso è il ristrutturato Palazzo Bargellini-Bentivoglio, castello di campagna progettato nel 1705 dal più noto architetto bolognese del periodo, Francesco Angiolini, e che ora è tornato agli antichi splendori, circondato da un parco moderno che unisce e armonizza le varie architetture che nel frattempo si sono aggiunte, ed è una realtà piacevole e rilassante, rinfrescata da rivoli d’acqua da attraversare tramite ponticelli, un luogo in cui godere della pace del resort. Interventi paesaggistici sono presenti anche all’interno dell’azienda agricola tra filari di vite e oliveti a spalliera e ovviamente nei giardini delle ville che arricchiscono la tenuta.
Villa Amagioia
In particolare una, Villa Amagioia, è circondata da un giardino di cinque ettari progettato originariamente da Antonio Perazzi; nel rispetto dell’impianto originario, Sandro Ricci, il paesaggista di Palazzo di Varignana, si è fatto carico del non semplice lavoro di integrazione del giardino nel contesto generale, ponendo in essere una serie di piccoli aggiustamenti per coniugare la nuova parte all’insieme, in una armonica fusione. Immediatamente dopo quelli che una volta erano i confini della vecchia proprietà, cinti da muri ora abbattuti, pergolati di meli da fiore e rose, altri di glicine, noccioli, lunghi filari di Carpinus betulus, uno di Acer campestre, siepi ancora di carpino, di ciliegio, o di Ginkgo che racchiudono stanze tematiche, un vigneto ottagonale, solo per citarne alcuni, costituiscono la parte formale del luogo, delineando spazi geometrici.
Omaggi al territoio
Si possono ammirare la stanza dei ciliegi ornamentali, impreziosita dalla presenza di arbusti ed erbacee perenni a fioritura scalare scelti per attirare le farfalle, quella delle graminacee con bordure di Miscanthus sinensis in varietà, oppure quella dei cornioli, specie autoctona, che è un omaggio al territorio, o ancora la stanza orientale, racchiusa da Ginkgo biloba, che accoglie specie originarie di Giappone e Cina e infine la stanza dei viburni e delle rose, un incanto durante i mesi della fioritura. Sempre formali sono i due orti ornamentali, uno più piccolo con Lagestroemia indica e Camellia sinensis oltre a erbacee e annuali che fioriscono in periodi differenti dell’anno e uno più grande.
Quest’ultimo, cinto da pergolati di glicini e Vitis coignetiae, è un potager en carrés con piante officinali, erbacee a fioritura scaglionata, tra cui spiccano le peonie, e una vasca ottagonale con ninfee. Un escamotage che ha mediato la necessità di creare la privacy per la zona della nuova piscina tramite una siepe di carpino e la volontà di non nascondere il panorama è la finestra posta al termine di un piccolo pergolato di noccioli: ora incornicia suggestivamente una vista incantevole sul paesaggio collinare. Nelle aree immediatamente prospicienti Villa Amagioia, invece, il giardino diventa informale, come è naturale che sia per consentire una fruibilità più libera e gioiosa degli spazi, con aiuole sinuose punteggiate da alberi di alto fusto, le cui chiome giocano con la luce e proiettano l’ombra, così necessaria durante i mesi più caldi.
Una nuova aggiunta di rilievo è il grande dedalo eccentrico ideato da Sandro Ricci. Costruito all’interno di un’area prima destinata a frutteto, ne ha mantenuto al suo interno le piante, le cui chiome ora spuntano al di sopra delle siepi di Phillyrea angustifolia, una specie sempreverde mediterranea e rustica, di facile gestione e soprattutto non soggetta a malattie o vittima di parassiti. Degna di nota anche la collezione di quasi cento specie di querce, ma in continuo arricchimento, con esemplari sparsi in tutto il giardino, labirinto compreso. In seguito all’annessione del giardino al complesso di Varignana è stato ideato un sistema di drenaggi e raccolta delle acque meteoriche, che vengono convogliate in bacini artificiali a valle per poi essere ridistribuite per gli eventuali interventi irrigui, per evitare dispendi idrici.
Come detto, la tenuta ospita altri interventi paesaggistici rilevanti, sempre a cura di Sandro Ricci, nella parte della zona agricola, almeno due dei quali chiaramente leggibili. Il primo è l’anfiteatro, per concerti ed eventi, in prossimità di un altro lago di raccolta, con la cavea a cinque gradinate in arenaria, racchiuse sui lati da siepi di Ligustrum vulgare e da alberelli di Acer campestre in alto. Alle sue spalle si trova un trapezio di Malbo gentile, un vitigno autoctono a bacca nera, scelto per il viraggio di colore delle foglie durante l’autunno. Il secondo è un sentiero curvilineo, ispirato alla Lombard Street di San Francisco, intervallato da vecchi alberi di roverella cui si sono aggiunti alcuni cipressi. Frutto di una scelta paesaggistica coerente è il mantenimento, lungo i versanti delle colline, di macchie boscate preesistenti, con antichi esemplari di quercia meritevoli di salvaguardia.
A ben guardare, l’impianto paesaggistico di Palazzo di Varignana è un omaggio al territorio, grazie alla messa a dimora, ovunque possibile, di specie autoctone, di salvaguadia di antiche cultivar di piante da frutto e vitigni, di recupero della coltivazione dell’olivo, abbandonata da secoli. Gli amanti della natura sono condotti per mano in una suggestiva esplorazione.
Palazzo di Varignana fa parte del Network Grandi Giardini Italiani.
Testo di Elisabetta Pozzetti
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