Oskar Kokoschka fu un artista maestro dell’espressionismo. Durante la sua lunga vita (Pöchlarn, 1º marzo 1886 – Montreux, 22 febbraio 1980) è stato infatti non soltanto un noto pittore austriaco, ma anche drammaturgo e poeta. Sopravvisse agli amici Klimt ed Egon Schiele, che lo supportarono moltissimo finché in vita.
Le origini di Oskar Kokoschka
Oskar Kokoschka nacque a Pöchlarn, cittadina della Bassa Austria bagnata dal Danubio, in periferia, da una famiglia di origine ceca. Secondo di quattro figli, con il primogenito morto prematuramente, ebbe una infanzia e una giovinezza di ristrettezze economiche con continui trasferimenti in case sempre più misere e periferiche. Al di là delle difficoltà economiche, ebbe un rapporto molto complesso con il padre, che non lo supportò mai nelle sue passioni. Fu molto vicino alla madre invece, che aiutò anche economicamente per tutta la vita.
Gli studi viennesi di Oskar Kokoschka
In ogni caso, fu proprio in seguito a uno di questi trasferimenti della famiglia che a Vienna, grazie a una borsa di studio, nel 1905 poté iscriversi all’Accademia di belle Arti dove si avvicinò agli artisti della Secessione Viennese e dove soprattutto conobbe Gustav Klimt (Vienna, 1862-1918) di cui fu anche allievo. L’ormai anziano Klimt e il compagno di studi Egon Schiele (1890-1918) lo supportarono fino alla morte: entrmabi furono vittime della pandemica influenza spagnola nel 1918.
La sua formazione avvenne quindi nell’ambito della secessione viennese e sotto l’influenza, fra gli altri della Blaue Reiter, e quindi anche di Kandinskij, e anche, giovanissimo, per l’influenza di Franz Anton Maulbertsch con le sue Teste di carattere.
I successi letterari prima di quelli artistici
Grazie all’aiuto di questi artisti, Oskar Kokoschka ebbe prima successi in ambito letterario. Il 1908 è così l’anno della svolta, dal momento che riesce a partecipare all’Art Show (Kumstschau) di Vienna con la rappresentazione del suo dramma, “Assassino, speranza delle donne”.
L’artista noto per la sua precisione, quasi compulsiva, stese, tra il 1907 e il 1910, tre versioni. Si trattava di un’opera che risentiva sicuramente delle riflessioni freudiane sulla sessualità e nella quale, in un momento storico in cui iniziava a delinearsi preponderante il ruolo delle masse, forse anche sulla scia dei suoi studi sulla cultura cl289assica, in particolare quella greca, egli pose l’accento sull’individuo.
Oskar Kokoschka e l’espressionismo
Quest’opera da un lato lo consacrò da subito come grande esponente dell’Espressionismo, rivelandone le grandi capacità non solo nella pittura ma anche in altre forme d’arte. La critica invece lo accolse con perplessità per le sue tinte forti tanto da definirlo “super selvaggio” per un’arte in cui il ruolo primario era la ricerca non della bellezza, ma degli aspetti più duri, e spesso anche più nascosti, dell’uomo e dell’esistenza.
Oskar Kokoschka: la durezza come pittura
Come si può del resto non venire colpiti dalla durezza del dipinto del 1910 “La natura morta con agnello” in cui la macellazione è esposta assolutamente senza filtri? E questi suoi toni aspri, duri, gli varranno critiche spesso feroci anche negli anni della sua maturità: se all’inizio infatti sarà questo l’atteggiamento della critica, nel 1937 il suo nome, con sue opere, sarà inserito nella Mostra d’arte degenerata organizzata a Monaco di Baviera dal partito nazista salito al potere.
Creatività a tutto tondo
Comunque Kokoschka già nel 1908, scrisse la sua “prima lettera d’amore, ma Lilith era già sparita” della sua vita nel libro “I ragazzi sognanti”, con poesie e litografie che di nuovo rivelano come la sua sia una creatività a tutto tondo, e che dedicò a Gustav Klimt.
Il trasferimento a Berlino
Oskar Kokoschka si tasferì a Berlino nel 1910. In questa città collaborò alla rivista Der Sturm, fondata da Walden. Si trattava di un giornale che promuoveva e si occupava di spettacoli teatrali, aveva una galleria e di varie manifestazioni dell’arte moderna, in particolare l’Espressionismo. La collaborazione continuò a tratti fino a quando fu chiuso il giornale nel 1932 (il fondatore dovette emigrare in Russia dopo essersi dichiarato comunista).
Oskar Kokoschka e l’amore “malato” per Alma Mahler
Famoso per il suo brutto carattere, Oskar Kokoschka, tornato a Vienna, ebbe una relazione molto intensa e complicata con Alma Mahler. Era la figliastra di Carl Moll, uno dei pochi colleghi che riusciva a tollerare il temperamento dell’artista. Era l’aprile 1912 quando Poposchka conobbe Alma Mahler, a quel tempo già vedova (Mahler morì nel 1911).
Lei rifiutò sempre di sposarlo dal momento che l’artista amava una vita mondana brillante in cui era spesso al centro della scena che sicuramente non voleva lasciare. In seguito Alma definì la loro storia come “un’unica intensa battaglia d’amore” con l’artista geloso perfino del suo passato; ossessionato dall’idea “che un altro uomo, vivo o morto, ti possiede” arrivò a distruggere la maschera mortuaria di Mahler.
In seguito Alma Mahler si sarebbe sposata con Walter Gropius, l’ architetto e designer tedesco che nel 1919 fondò il Bauhaus. Dopo Gropius Alma si sposò infine con un altro scrittore e drammaturgo austriaco, Franz Werfel.
La fine dell’amore e la guerra
Fu in effetti la loro una storia così intensa e a tinte tanto forti che quando finì, dopo una breve convivenza segnata fra le altre cose da un aborto, Oskar Kokoschka si arruolò come volontario nella Grande Guerra dove fu ferito in modo molto grave per ben due volte, una volta alla testa in Ucraina e una seconda volta al petto in Russia.
Oskar Kokoschka fu congedato a causa della sua instabilità mentale, dopo un lungo periodo in ospedale durante il quale Alma continuerà a ignorarlo nonostante le sue suppliche.
Ancora questa sua ossessione per Alma lo porterà, e eravamo al termine del conflitto, a farsi fare, da Hermine Moos (1888-1928), pittrice e artigiana che di professione costruiva bambole, una esemplare con le fattezze della donna. L’artista chiese che in questa riproduzione di Alma ci fossero “anche denti e lingua” e per questa bambola, di cui non fu poi completamente soddisfatto, comprò abiti di peluche e iniziò a portarla con se in varie occasioni e che però come la sua ossessione per Alma finirà in modo tragico quando, per sottrarla alle attenzioni due amici durante una festa, l’artista la decapita e la abbandona nuda in giardino con una caduta nel comico con la polizia che confondendo la bambola con un cadavere vero e propria entrò in casa per interrogarlo.
Il capolavoro di Oskar Kokoschka: “La sposa del vento”
“La sposa del vento”, noto anche come “La tempesta”, è forse l’opera più nota di Kokoschka. Questo dipinto fu originato anch’esso dall’ossessione dell’artista per Alma. L’opera fu dipinta tra il 1913 e il 1914 ed è oggi conservata al Kunstmuseum di Basilea.
Il vento che muove la scena sembra creare un sogno. Il sonno non è sereno e le pennelate nervose e forti ci restituiscono l’immagine di un uomo complicato e angosciato. L’artista è rappresentato steso con la donna. La donna amata dorme tranquilla mentre lui con lo sguardo assorto e le mani nervosamente intrecciate rivela tutta l’inquietudine di un animo e di un amore difficili.
Le mani e l’inquietudine di Oskar Kokoschka
Queste mani ci rivelano una profonda l’inquietudine interiore già protagonista di altre tele: “Hans Tietze ed Erica Tietze-Conrat” del 1909 e ritratto dell’architetto e collezionista “Adolf Loos” sono opere esemplari che spiegano come l’artista cercasse di sfogarsi e consolarsi con l’arte. Un altro celebre dipinto in cui emerge chiara l’angoscia esistenziale dell’artista è “Autoritratto con la mano alla bocca” (1918-1919). Si tratta sempre di opere che rappresentano persone attraverso tratti anche violenti. Le mani sono ritratte spesso nodose a indicare la crudezza e durezza dell’animo dei personaggi.
Nel ritratto dell’attore “Ernst Reinhold”, avendo dimenticato un dito, Oskar Kokoschka dirà: “Nella fretta ho disegnato solo quattro dita a una mano che lui disegna sul petto, se ho dimenticato la quinta? Non mi manca perché l’alleggerimento della psiche del modello era più importante per me che l’enumerazione dei dettagli: cinque dita, due orecchie, un naso”. Importante era la ricerca dell’uomo nella sua interiorità non nel suo apparire.
La pittura di Oskar Kokoschka tra misticismo e psicologia
La pittura di Oskar Kokoschka è a tratti mistica. Del resto, la ricerca esasperata lo porterà a indagare e scoprire lati veramente profondi e sconosciuti dei personaggi. Pensiamo di nuovo al ritratto di Loos o al celebre “Ritratto di Auguste-Henri Forel”. Siamo nel 1910, lo psichiatra svizzero pare quasi immobile nella parte destra tanto che l’opera fu rifiutata perché non somigliante; eppure, poco dopo, il medico svizzero fu colpito da un ictus che gli causerà una paralisi alla parte destra del corpo. Eredità di quelle doti di preveggenza per cui era nota la madre dell’artista o pura coincidenza o pure una analisi spietata quanto puntuale che gli consentivano di leggere, e quindi interpretare, l’espressione stanca del medico?
I “nuovi” colori chiari
Un Kokoschka più sereno viaggia negli anni ’20 e fino al 1934. La tavolozza dei colori si alleggerisce e schiarisce, ma è solo una fase in una vita tanto inquieta quanto difficile.
Insegna per alcuni anni all’ Accademia di Dresda. Nel 1934, quando muore sua madre, anche per sfuggire ai nazisti che avevano annessione dell’Austria alla Germania nazista (Anschluss) si trasferì a Praga dove conoscerà Olga che sposerà nel 1941. Allo scoppio della seconda guerra mondiale si rifugia a Londra. Se la tavolozza continua a essere chiara, ritorna forte l’angoscia e la tristezza: è il caso del celebre dipinto del 1938 “Praga – Nostalgia”. La coppia prese la cittadinanza inglese, anche se poi nel 1975 riprenderanno quella austriaca.
Di questo periodo va ricordato un quadro particolare, che la verrà definito profetico, ”L’uovo rosso”, degli anni 1939-1941, con Praga in fiamme sullo sfondo e Mussolini e Hitler in primo piano.
“Alice nel paese delle meraviglie”
“Alice nel paese delle meraviglie” è un dipinto realizzato intorno agli anni 1942-1943. Ci troviamo di fronte a un quadro che bisogna leggere come si leggerebbe forse un documento: una critica a Hitler e agli alleati, nel suo insieme quindi alla guerra in cui tutti sanno e ognuno fa finta di non sapere.
Sullo sfondo una città in fiamme e in primo piano dietro del filo spinato una bambina e di fianco tre uomini con un casco e un elemento che li identifica: un tedesco con la svastica, il primo ministro Chamberlain con un giornale inglese e un membro del clero e ognuno di loro con l’atteggiamento di chi non vede, non sa.
Oskar Kokoschka dopo la seconda guerra mondiale
Oskar Kokoschka nel 1953 dopo la seconda guerra mondiale fondò a Salisburgo una scuola d’arte. Si tratta della Scuola del Vedere dove teorizzò che agli allievi non si dovesse insegnare tanto l’arte quanto il “vedere”. Insegnò anche negli Stati Uniti. Aiutato da Paul Cassirer (Berlino, 1871-1928), nella sua vita adulta viaggiò molto, in paesi europei ma anche africani e da questi viaggi trasse spunto per molti furono quadri paesaggistici. Sono viaggi che lo portarono fra l’altro in Italia, Spagna, ma anche in Algeria, Turchia e Egitto.
Oskar Kokoschka, il viaggio e la pittura dei paesaggi
A questi viaggi corrispondevano numerose tele di paesaggi. Anche nel raffigurare le città visitate, Oskar Kokoschka proponeva immagini che scavano nella loro profondità, città che solitamente inquadrava dall’alto e allora è una fuga di tetti, di colore; di nuovo non riproduzione di una immagine ma espressione sempre di una interiorità inquieta. E’ il momento di quadri che ci restituiscono una fuga di tetti o, stagliati contro il cielo, Venezia, Bacino di San Marco (1948) con i suoi campanili o New York, View of New York (1966) con i suoi grattacieli. Parliamo di “Londra, il ponte di Waterloo”, un olio su tela di 89 x 103 cm, ripreso dall’albergo in cui alloggiava con la cattedrale di Saint-Paul e che ci restituisce non una cartolina, ma di nuovo i suoi colori e i colori della città come lui li legge.
Particolare poi il ricordo di Praga con “Vista di Praga” (1934) con un tramonto indimenticabile per i suoi colori che trasmettono il senso davvero di una grande malinconia.
Testimonianze di viaggio dietro le quali non c’è quindi una cartolina, ma un mondo, fatto di colori e sempre di emozioni profonde che scavano nel profondo dell’uomo come delle città.
Morte e archivio di Oskar Kokoschka
L’archivio di Oskar Kokoschka nasce quando l’artista è ancora in vita. Nella sua città natale nel 1973 venne inaugurato un archivio delle sue opere. L’artista morì in Svizzera, a Montreux, nel 1980, a novantaquattro anni.
Parliamo evidentemente di un artista poliedrico che nella sua lunga vita lasciò nell’arte, non solo del disegno, una impronta forte come forte erano le sue pennellate e forte era il suo carattere. Figlio maggiore dell’Espressionismo, ebbe sempre una cifra molto particolare, molto personale.
La critica si è occupata tanto di lui giudizi a volte duri, ma ebbe fin da subito l’appoggio anche di grandi artisti come Gustav Klimt o di grandi collezionisti.
Oskar Kokoschka e il Cinema
Anche il cinema si è occupato di Oskar Kokoschka.
Parliamo di The Carnage del 2011. Il film, diretto da Roman Polanski, è ambientato in un unico ambiente, un appartamento di persone benestanti di New York, dove due coppie di genitori cercano di sanare la lite fra i loro figli e dove tutto assume toni feroci dove ognuno combatte una sua personalissima e durissima guerra mentre i figli intanto recuperano e tornano a giocare. Iconica è ormai diventata la scena in cui Kate Winslet, Nancy, vomita su un libro fuori catalogo dedicato a Oskar Kokoschka.
Ancora il cinema si è occupato di lui con il cortometraggio animato I’m OK, di Elizabeth Hobbs che cerca di restituirci attraverso il suo grande amore per Alma Mahler la storia del suo animo travagliato e inquieto e dei suoi pensieri tormentati. Ed un ritratto di questa sua tragica esperienza troverà la sua forse più compiuta narrazione in “I’m OK”, il celebre cortometraggio di Elisabeth Hobbs che dipingerà questo momento tragico della sua vita anche attraverso le sue opere.
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