Gli anni Venti del Novecento in Italia, nella contraddittorietà tra le incertezze sociali e politiche e i notevoli esiti artistici, rappresentano in arte un decennio tra i più sorprendenti della storia nazionale ed europea del secolo XX. La mostra, curata da Nicoletta Colombo e Giuliana Godio e ospitata nelle nuove sale espositive del Museo Accorsi-Ometto di Torino , prende le mosse dal 1920, anno che segna l’ingresso italiano nella temperie artistica del Ritorno all’ordine, caratterizzata dal recupero della classicità in ottica moderna. Il clima della ricostruzione, che interessa non solo l’Italia, ma anche il «terribile rinascimento artistico europeo», come lo denominava Giorgio de Chirico nel 1918, inseguiva la speranza di una vera e propria rinascita morale e spirituale.

Museo Accorsi-Ometto

L’indagine critica della mostra si propone di considerare i contenuti pittorici emersi in due fondamentali centri del nord Italia, Milano e Torino, prendendo le mosse dalla riflessione sui rispettivi retroterra alle soglie del terzo decennio del secolo XX. Le circa settanta opere in mostra provengono da Musei e Fondazioni italiane, da collezioni private, dalla collaborazione con gli archivi degli autori selezionati e sono ripartite in tre sezioni.

Museo Accorsi-Ometto

PRIMA SEZIONE: FELICE CASORATI

Negli anni Venti la situazione culturale torinese non si prospetta particolarmente vivace, dominata come appare dalla linea filo-ottocentesca impressa dalla supremazia di Giacomo Grosso e di Leonardo Bistolfi. Tuttavia il superamento della tradizione si attua grazie al trasferimento nel capoluogo piemontese di Felice Casorati, avvenuto nel 1918 dopo l’esperienza secessionista di Ca’ Pesaro.

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La presenza dell’imprenditore e mecenate Riccardo Gualino, l’ambiente intellettuale gobettiano, nonché l’insegnamento di Lionello Venturi, contribuiscono a partire dal 1919 a riguadagnare alla città una dimensione culturale europea.

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La prima sezione è dedicata a Casorati, presente con una serie di opere storiche: Le uova sul cassettone, 1920; La donna e l’armatura, 1921; Maschere, (1921); L’incontro con la musica, (1923- 1924); Ritratto di Renato Gualino, (1923-1924); Concerto, (1924); Beethoven, (1928); Ritratto di Cesarina Gualino, (1922); Bozzetto per “Primavera”, (1929-1930); Donna al mare (La bagnante), 1930.

SECONDA SEZIONE: SIRONI, FUNI E IL “NOVECENTO” A MILANO

Milano, luogo d’origine del Futurismo marinettiano e dell’avanguardia, è la culla del “Novecento” artistico, ispirato alle linee teoriche di Margherita Sarfatti, le cui premesse vertono su sobrietà del colore, antirealismo e antiromanticismo, recupero di una classicità aggiornata, composizione secondo le leggi di equilibrio e di proporzione e importanza della forma, scandita da linee architettoniche e geometriche.

La seconda sezione è dedicata ad alcuni dipinti storici della prima fase milanese del “Novecento” (1920-1925) e del successivo Novecento Italiano di ambito ambrosiano. Di Mario Sironi, Periferia (Periferia con ciclista), (1928); Fiume Montenevoso, (1922-1923); Nudo con fruttiera (Venere), (1923); Il contadino, (1928); Nudo con lo specchio, (1923), di Achille Funi, Fiori, (1920); Composizione con figure e natura morta, 1924; Ragazza con frutta (La sorella Margherita), 1924, di Piero Marussig, Composizione, (1922);

Paesaggio con strada, (1928), di Anselmo Bucci, I giocolieri, (1922-1923), di Leonardo Dudreville, Occhiali, 1925; Argento, 1927, di Ubaldo Oppi, Ritratto della moglie, (1924), di Emilio Malerba, Natura morta, (1923); Natura morta, (1925), di Alberto Salietti, La ciociara, 1926, di Carlo Carrà, San Giacomo di Varallo, (1924); Il mulino delle castagne, 1925; Sentiero di campagna, 1929, e ancora opere di Arturo Tosi, Pompeo Borra, Gian Filippo Usellini, Paola Consolo.

 

TERZA SEZIONE: TORINO-MILANO, SECONDI ANNI VENTI. IL RITORNO ALLA

NATURA E I “NUOVI FUTURISTI”

La terza e ultima sezione è dedicata alla linea evolutiva del “Novecento” pittorico, caratterizzata da un neo-romantico “ritorno alla natura” e, sull’altro versante, dal “nuovo Futurismo” torinese e milanese che raccoglie una sintesi delle sperimentazioni secondo-futuriste.

In relazione al “Novecento”, la declinazione della poetica torinese presenta aspetti ben distinti da quella milanese: nel capoluogo lombardo il clima artistico è dominato da una tendenza collettivistica, mentre a Torino la personalità di Casorati si mantiene libera da confronti. Nel capoluogo piemontese la presenza di antifascisti come Gramsci e Gobetti, le lezioni universitarie su Impressionismo e post-Impressionismo di Venturi, le visite a Parigi dei giovani artisti, nonché l’avvento nel 1927 di Edoardo Persico, sostenitore di una cultura artistica anticlassica proposta da Venturi, intensificano il profilo europeista della città, spinta all’innovazione anche dalla precoce presenza dei nuovi Futuristi.

Il recupero della natura è testimoniato dai dipinti di Casorati Case di via Bernardino Galliari, (1926); Paese; Rubiana, (1927); Fiori e cappelliera, (1928), di Arturo Tosi Davanti al mio studio, (1930) e di Raffaele de Grada Nudi nel bosco, (1930), cui si accostano alcuni rappresentati della Scuola di Casorati e dei Sei di Torino (Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio, Enrico Paulucci).

Il Nuovo Futurismo (Secondo Futurismo) si pone nel segno delle ricerche avanguardiste in polemica nei confronti del “Novecento”. Il gruppo torinese, formatosi già dal 1923 attorno a Fillia (Luigi Colombo), costituisce il nucleo secondo-futurista più solido e attivo in ambito nazionale.

Sono esposti saggi dei nuovi Futuristi torinesi e di quelli milanesi dei finali anni ’20: opere storiche di Fillia, come Femminilità, (1928); Superamento terrestre, (1930-1931), di Giacomo Balla, Merli futuristi, (1924), di Nicolaj Diulgheroff, Pippo Oriani, Ivanhoe Gambini, Bruno Munari, Cesare Andreoni, Osvaldo Bot e di Enrico Prampolini, personalità determinante per le sorti del Futurismo torinese e nazionale. fondazioneaccorsiometto.it