Adagiata sulle colline di Sanremo ed esposta a una luce vibrante, che riverbera dal mare e al tramonto si colora di bianco, la villa progettata da Mauro Olivieri è uno spazio di sperimentazione di nuovi modi di abitare. “Un esercizio di scienza, e non di stile” lo definisce il designer ligure che dal 1997 a oggi lavora a questo progetto in continua evoluzione secondo “una duplice visione, inizialmente dialettica, quella del proprietario e la mia, che man mano si è trasformata in una felice convergenza, con tratti di simbiosi assoluta”.
Ventiquattro anni fa è iniziato un percorso che non accenna a concludersi. “Il primo incontro è avvenuto dopo che una precedente ristrutturazione era andata male” racconta Mauro Olivieri. “Il committente ha una precisa visione della vita e ha voluto che la sua casa la riflettesse. Da allora parliamo continuamente di come vive lo spazio, dei suoi nuovi bisogni, delle attività che lì svolge o di ciò che non gli serve più. Un dialogo mai interrotto nel corso del quale ci siamo educati a vicenda. Il progetto è l’ultima cosa, arriva solo alla fine di questo lavoro di riflessione per tradursi in un disegno. In fondo quella è la parte più facile”.
La scelta degli arredi e la gestione degli spazi è di un minimalismo d’ispirazione orientale in un contesto occidentale, fatto di abbinamenti tra neri assoluti e mitigato dalle calde nuance del legno. Questo progetto di interior design mira a sintetizzare sentimenti ed emozioni di chi abita la casa per restituirli sotto forma di pieni e vuoti, materiali ruvidi e tagli di luce sempre sorprendenti. “Se olismo vuol dire coinvolgere tutti i sensi, dare loro uguale importanza, metterli in relazione per governarli armonicamente, mi sento di dire sì: questa è una casa olistica”.
Dalla zona cucina al soggiorno fino alla sala da bagno, tutto si è evoluto e modificato nel corso del tempo: otto le revisioni del camino, oggi scomparso; l’aggiunta di un tavolo di cui per anni il proprietario ha voluto fare a meno; o ancora, la vasca di cemento dentro alla quale è racchiuso un avvolgente e caldo tino di legno. Per quanto riguarda la scelta dei materiali, Mauro Olivieri è netto: “La casa non rispecchia la territorialità del luogo perché è uno spazio personale e di meditazione, nel quale il committente si ritira. Unica eccezione l’ardesia, di cui entrambi amiamo l’effetto liscio e ruvido della spaccatura. Caratteristiche che si vedono nella pedana davanti alla scala e nel volume della cucina che è un imponente monolite rimasto a spacco per dare una sensazione al tempo stesso materica e volumetrica”.
Anche gli altri materiali sono stati scelti come risposta alle necessità espressive del progetto. In questo senso è emblematico lo studio sospeso: “Il committente aveva bisogno di uno scrittoio, così mi sono immaginato una sorta di satellite che fluttua nel vuoto e consente di contemplare il mare da una finestra lunga e stretta”. Per realizzare lo studio sospeso c’era bisogno di una superficie sottile, resistente “che quasi scomparisse a livello materico” racconta il progettista. “L’unica scelta possibile era la lamiera da 3 millimetri. La stessa cosa vale per la panca a dondolo e le ringhiere. Volevamo che quel ballatoio avesse solo due linee principali: il corrimano e il camminamento. Qualunque linea verticale avrebbe interrotto quel legame e quella pulizia formale”.
La villa di Sanremo è l’espressione di un metodo progettuale che Olivieri ha perfezionato nel corso di trent’anni di attività da “mestierante”, come ama definirsi. “Non mi sento un artista, ma un professionista, un tecnico. Non faccio che mettere in atto dei processi di pensiero, un linguaggio, una serie di percorsi che mettano in crisi me e il cliente per far emergere aspetti e idee fuori dal limite, oltre la ‘comfort zone’. Nel generare crisi, può uscire il meglio”. Dal disagio emerge la soluzione inattesa, quasi che il progettista fosse un alchimista. “Il mio compito è guidare il cliente verso la casa giusta per lui; a mio avviso l’architettura è una scienza, e io non la interpreto quindi come un atto progettuale. È una disciplina fatta di tanti elementi che, combinandosi alla perfezione, generano bellezza”.
Di Lorenza Delucchi
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