Quando si dice tradizione di famiglia…Per Fabrizio Acquafresca è proprio così: il passato, come del resto lo è la vita, è un continuo susseguirsi di avvenimenti per poi tornare al punto di partenza. Seguendo una linea ben precisa, l’estremità della matita tornerà sempre al punto di partenza. La passione di Fabrizio è un puro richiamo agli antichi mestieri, quelli che hanno reso famosa la Firenze del 600, tra fabbri, artigiani e famosi armaioli. Proprio come raccontano i suoi trisavoli.

L’amore per l’alto artigianato è sempre stato un must per la famiglia Acquafresca. Raccontami la storia dei tuoi bisnonni, i famosi armaioli che nel 1600 inventarono il sistema a retrocarica, e della loro passione per la lavorazione dei metalli

Il più antico documento che racconta la storia di questa grande e storica famiglia risale alla meta del 600, epoca in cui l’armaiolo Sebastiano Acquafresca, anch’egli come mio padre originario di Bargi sull’Appennino Tosco-Emiliano, si distinse come grande maestro nella fabbricazione di fucili. Da qui nasce la dinastia di armaioli e archibugieri che realizzarono una delle più grandi invenzioni del periodo.

Fu proprio di Sebastiano l’idea di creare un rudimentale meccanismo che invece di ricaricare dopo ogni singolo sparo, potesse scaricare svariati colpi continui dando vita alla prima retrocarica a ripetizione. Iniziò così a fabbricare pregiati fucili di altissima maestria, usando tecniche come l’intarsio del metallo nel legno dei calci, fino alla più delicata e certosina lavorazione a cesello nelle parti metalliche che ornavano e facevano funzionare tali archibugi. (The Metropolitan Museum of Art, New York – room 375). Fra di noi intercorrono ben diciassette generazioni. Dopo la morte del mio trisavolo Felice Acquafresca (1859-1947), detto Scavezzacollo per la sua indole irrequieta, il testimone passò a mio zio Brandimarte, famoso argentiere e scrittore. Questi è stato indiscusso protagonista della scena artigiana fiorentina e fondatore di una delle più rinomate botteghe della città.

È proprio qui che a tredici anni presi il mio primo martello in mano, ed è da qui che la mia storia ha inizio continuando la dinastia degli Acquafresca. Il martello diventa la mia “arma”, l’arte del cesello il mio destino.

Quando è nata l’idea di continuare la tradizione di famiglia? C’è stato un evento in particolare che ti ha fatto pensare di poter diventare Il Maestro Artigiano o hai voluto semplicemente seguire il cuore?

Vedi, ritengo che ognuno abbia il proprio destino già segnato. Sta solo a noi scoprire e inoltrarsi nell’avventura chiamata vita, scoprendo e seguendo la nostra strada ascoltando i segnali che ci arrivano dal cielo. È qui che i miracoli accadono, quando ti accorgi che camminando hai la sensazione che tutte le cose siano al loro posto e che ti trovi esattamente dove dovresti essere.

Dopo circa 20 anni di bottega e soprattutto dopo la morte di mio zio mi sono fermato e mi sono chiesto cosa volessi fare da grande. Ho scoperto il valore di una parola fondamentale: condivisione.

Ho sempre avuto una personalità molto estroversa, non mi sono mai vergognato di stare davanti ad un pubblico, quindi ho fatto due calcoli e mi sono detto: voglio insegnare. Da quel giorno ho iniziato un lungo lavoro per preparare quello che adesso sono: un Maestro a tutti gli effetti.

Qual è il tuo processo creativo? C’è una tecnica artistica che ami in particolar modo?

Diventare argentiere da bambino vuol dire crescere con lui. Questo metallo meraviglioso entra a far parte del tuo organismo diventando un elemento naturale. L’intimità e la profondità del rapporto fra me e l’argento è simile al trasporto che hanno due amanti. Ogni colpo di martello è un piacere che si materializza sulla lastra del metallo e che prende forma nella scultura. E proprio come cesellatore ho trovato massima espressione nel realizzare i miei lavori. Nei primi anni mi sono dedicato a lavori piuttosto grandi come candelieri, vassoi e calici, imparando a scolpire varie tipologie di design. Questo mi ha portato a realizzare opere per il Vaticano, ho scolpito i decori per la Bibbia per  Papa Ratzinger e Papa Francesco, vassoi per ricche facoltose famiglie russe fino alla realizzazione delle mie collezioni di gioielli. Il martello ancora oggi è lo strumento per suonare la mia musica.

Raccontami lo spirito della bottega e qual è il suo punto di forza che la rende unica in tutto il mondo.

Come ho già detto, a 13 anni ho iniziato a lavorare nella bottega di mio zio Brandimarte nel quartiere di San Frediano nel centro storico di Firenze. È stata un’esperienza che ha forgiato il mio carattere fin dall’inizio. Lavorare, essere parte di una bottega circondato da Maestri artigiani di alto livello ti forma e ti insegna. Ti segna e prepara non solo all’arte, ma alla vita. Quella di bottega, per chi l’ha vissuta non è una vita tutta rose e fiori. L’apprendistato è duro, faticoso e spesso difficile, sia nell’esecuzione dei lavori sia nell’interagire con i cosiddetti Maestri di reparto.

La vita di bottega come potremo pensarla oggi sembra quasi una favola, una novella si, ma dei fratelli Grimm. Adesso potremmo chiamarlo addirittura sfruttamento minorile! Per me è stata ogni giorno una battaglia di pura competizione e di resistenza per farsi vedere dagli altri compagni e dai propri Maestri. Eseguire il lavoro più bello, la foglia più movimentata o nel costruire il cesello più dinamico. I “Maestri” non insegnavano direttamente, eravamo noi che in qualche maniera rubavamo i segreti del mestiere. Una mossa di martello e di cesello, uno sbalzo particolare, per poi ricopiarla in silenzio a casa dopo aver rubato un piccolo pezzo di lastra di rame di nascosto. Lo stimolo era sempre al massimo, voglia di gareggiare, alla fine, in maniera costruttiva ti formava il carattere ti spingeva ad imparare e a difenderti da tutto e da tutti. Oggi la potrei definire una “guerra felice”.

Non so se ho minimamente reso l’idea. Ora che ho l’opportunità di girare il mondo e di conoscere nuove culture, questa idea di “bottega-scuola” purtroppo non esiste più. Però, ci sono io che condivido con orgoglio questo mestiere offrendolo a tutti coloro che vogliono imparare quell’ingombrante bagaglio di nozioni di 400 anni che mi porto dietro.

 

Redazione Villegiardini

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