Letizia Cariello, artista molto amata dal collezionismo non solo italiano, da anni lavora a un eterogeneo corpus di opere ancora poco noto in cui unisce la fotografia di paesaggio e di nature morte al ricamo. Questi lavori indagano il senso profondo della realtà di cui il dolore è parte. Tutte le opere sono perciò caratterizzate dal ribaltamento della prospettiva fotografica e dal forte contrasto tra il filo rosso e il candore degli scatti realizzati dalla stessa artista.
Letizia Cariello interviene con il ricamo per ridisegnare i contorni della realtà fotografata e arricchirla di nuove geometrie materiche, mutuate dall’immobilismo di Piero della Francesca e dei primitivi fiamminghi. L’artista spesso unisce con il proprio ricamo il primo piano con lo sfondo, altre volte realizza una rigida griglia, come se vedessimo in primo piano il retro di un arazzo e sullo sfondo il paesaggio; in altre ancora il filo è sostituito dallo smalto rosso che l’artista sparge sull’immagine come fossero gocce di sangue.
Il risultato è l’inserimento all’interno dell’immagine fotografica di un’affascinante quanto distonica diversa profondità. Del resto, il gesto artistico di Letizia Cariello, azzerando i contorni, fa venir meno e ribalta quei confini e limiti sui quali si regge la stessa costruzione e composizione dell’immagine. La fotografia diventa mero pretesto per indagare la realtà nella sua essenza, a prescindere da come noi la vediamo e/o percepiamo. L’artista si concentra così proprio su ciò che non si vede: cuce le spaccature tra mondo reale e percepito, ricostruendo quelle invisibili connessioni e relazioni in cui siamo immersi e che altrimenti andrebbero perse. Secondo la Cariello, l’essere umano è parte di un “Tutto” che non percepisce e che rappresenta erroneamente in modo frammentario attraverso contorni, limiti e confini insussistenti. Quello di Letizia Cariello è così un lavoro ontologico su chi siamo o possiamo essere all’interno dell’infinita complessità e ricchezza del mondo che ci circonda. Non c’è nulla di femminile in questo cucire; il dolore non ha genere, ma una forma, quella dello scollamento interiore, che l’artista cerca di rendere visibile e interiorizzare con il suo gesto. In queste opere viene meno la tensione all’armonia compositiva tipica delle note opere scultoree e installative della Cariello. La sfida allo spettatore è proprio quella di seguire il filo rosso per uscire dal labirinto e riuscire a vedere la vera armonia in ciò che ci circonda.