La Veduta di Delft è un dipinto olio su tela di Jan Vermeer, realizzato intorno al 1660-1661. È conservato alle Mauritshuis dell’Aia. L’opera è firmata dall’autore con le iniziali “I V M” in basso a sinistra sulla barca. Fa parte del genere di pittura paesaggistica del Barocco, del Secolo d’Oro olandese. Grazie al dipinto prese avvio la riscoperta del pittore anche da parte di un pubblico di massa e non specializzato.
La veduta di Delft di Jan Vermeer
Realizzato intorno alla primavera del 1660 da Jan Vermeer (diminutivo di Johannes van der Meer 1632-1675), la Veduta di Delft è considerato uno tra i capolavori assoluti dell’arte. Venne dipinto subito dopo la ricostruzione di Delft, dopo la disastrosa esplosione di una polveriera che aveva una parte distrutto la città causando molte morti (nell’opera, il campanile della Nieuwe Kerk, infatti, è ancora senza campane). La veduta fu ripresa dal secondo piano di una casa, raffigura il paesaggio di Delft, cittadina olandese situata nella parte occidentale dei Paesi Bassi, nella zona del porto, sul fiume Schia. Riconoscibili le mura, la porta di Schiedam con il suo orologio, la porta di Rotterdam con le torri gemelle e al centro, il campanile della Nieuwe Kerk.
La veduta cittadina non era un tema raro nei dipinti olandesi del 600, raffigurazioni, queste, che si trovavano spesso a corredo delle grandi carte geografiche, apprezzatissime in tutta Europa e riprodotte anche da Vermeer stesso in molti suoi dipinti. Non è, tuttavia, il caso della Veduta di Delft: non si tratta, infatti, di una fedele riproduzione paesaggistica, ma piuttosto, di una rappresentazione che miscela sapientemente e in maniera affascinante, elementi reali e vedute fantastiche dell’autore. Indubbio che questa caratteristica contribuì non poco a rendere l’opera così ammirata e straordinaria. Dunque, non è stato per attenzione topografica né per distinguerne gli scorci che Vermeer dipinse questo quadro, ma più per rappresentare città di Delft come luogo di incontro, di movimento vivace tra i suoi abitanti, giocando anche sugli effetti atmosferici per sottolineare la veduta trepidante.
Lo stile e l’interpretazione politica
I tecnicismi, come la famosa regola dei terzi, raggruppano gli edifici sotto il centro creando un abbellimento contrapposto all’infinito del cielo, coperto di nuvole, diventa man mano sempre più cupo. I colori freddi sovrastanti entrano in netto contrasto con quelli caldi della città accarezzata dal sole; e di nuovo colori freddi e caldi si alternano nella fascia del canale, specchio naturale in cui si riflettono gli edifici, e nella sabbia, in primo piano, nella quale passeggiano alcuni cittadini. Un quadro per certi versi “materico”, dalla variegata stesura pittorica: il colore grumoso a tratti uniforme e chiaro, a tratti, invece, reso granuloso dall’aggiunta di sabbia o biacca a grumi, permisero a Vermeer di ottenere una rappresentazione piena di vita e luminosa, non solo dei materiali (mattoni, muri, tegole o pietra) ma anche nella consistenza dell’acqua o delle nuvole. È un effetto, questo, che si ottiene anche con l’utilizzo della camera obscura, di cui probabilmente Vermeer si serviva, così come altri artisti della sua epoca dediti alla pittura di paesaggi dalla luce affascinante e realistica. Sebbene l’opera di Vermeer rientri storicamente nel periodo Barocco, i critici moderni, tra cui Montanari, hanno definito la Veduta di Delft il primo quadro impressionista proprio in virtù del magico susseguirsi di luci e ombre che interagiscono in ogni dove del dipinto, dunque non una “veduta” nel senso più purista del termine ma “un raggio di luce sulla città dopo il temporale”.
L’illuminazione della Nieuwe Kerk ha suggerito anche diverse teorie sul significato storico-politico dell’opera: all’interno dell’edificio religioso, infatti, vi era sepolto Guglielmo I d’Orange, morto in un attentato nel 1584 a Delft durante la Guerra di Indipendenza dei Paesi Bassi, considerato dalla città un eroe nazionale.
La Veduta di Delft, fortuna
La fortuna di Vermeer giunge all’apice con la Veduta di Delft, unico dipinto dell’artista, insieme alla Stradina di Delft (1658; Rijksmuseum, Amsterdam), ambientato in esterna.
L’aspetto più originale e moderno della sua pittura è sicuramente la capacità di raffigurare la vita quotidiana attraverso composizioni perfette inserite nello spazio, e un senso del colore e della luce resi armoniosi, caratteristiche insolite tra i pittori olandesi del suo tempo.
Tra i vari estimatori di Vermeer troviamo nomi illustri come Marcel Proust che definì la Veduta di Delft, in una lettera all’amico Jean-Louis Vaudoyer, “il più bel quadro del mondo” e lo citò in un passaggio della Recherche (ne La prigioniera); e Vincent van Gogh, letteralmente estasiato dall’uso che Vermeer faceva dei pennelli; e ancora lo scrittore Bergotte, che, anche se molto malato, volle vedere di persona un “piccolo pezzo di muro giallo” non notato in precedenza, morendovi davanti.
Sappiamo che l’opera venne citata anche nell’inventario della vendita all’asta della Collezione Dissius ad Amsterdam, il 16 maggio 1696, definita come la città di Delft in prospettiva, vista da sud, di J. Van der Meer di Delft e battuta per 200 fiorini, la cifra più alta di quell’occasione. In seguito il dipinto venne acquistato nel 1822 dal governo olandese per 2900 fiorini, venduto da S.J.Stinstra di Amsterdam e trasferito alla Mauritshuis dell’Aia da Guglielmo I, dove sono esposte le collezioni reali.
Laura Loi
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