A Ninfa, tra le rovine di un antico borgo medievale, la magia del giardino si fonde con la poesia dei secoli passati, creando un’atmosfera unica e incantata.
L’Italia è ricca di giardini bellissimi, entusiasmanti o sapientemente costruiti. Tra tutti questi, tuttavia, Ninfa resta un unicum. Il giardino si estende tra le suggestive rovine dell’antica città di Ninfa, un antico borgo sorto ai piedi dei monti e ai margini delle paludi dell’Agro Pontino, divenuto così un nodo cruciale per i commerci.

La storia del Giardino di Ninfa

Anche dopo la caduta dell’Impero Romano, il villaggio ha conosciuto vicissitudini durante tutto il Medioevo, sempre legate in modo intricato, sia per la sua vicinanza geografica che per le famiglie che la governavano, alla storia del papato. Messa a ferro e fuoco prima dal Barbarossa nel 1171 e in seguito nel 1378, fu progressivamente abbandonata, tanto che per secoli se ne persero le tracce. Riscoperta sul finire dell’800 da Ferdinando Gregorovius, un viaggiatore e storico tedesco, risorse a nuova vita dal 1920 per opera della famiglia Caetani, proprietaria del luogo dal 1298. Le mura, la torre, la diga, il castello, il municipio, le chiese e molti altri edifici civili, liberati dalla vegetazione si mostrarono conservati  assai meglio di quanto si sarebbe potuto immaginare. Una parte è stata restaurata e una parte, quella che anima il giardino e accompagna durante il percorso della visita, solo consolidata.

Giardino di ninfa
Giardino di ninfa Foto Courtesy archivio Fondazione Roffredo Caetani 

Trasformata in tenuta di campagna, impegnò tre generazioni di donne per la sua realizzazione

Ada, Marguerite e Lelia, passandosi il testimone, sono riuscite a dare un’impronta unica al giardino riuscendo a integrare perfettamente i resti storici che ora non sembrano più rovine decadenti ma elementi sapientemente mescolati a masse verdi, colori che cambiano di stagione in stagione, corsi d’acqua, forme che si protendono verso l’azzurro, zone d’ombra che paiono bosco o foresta e ampi sprazzi di cielo. Un giardino, anche per le origini e la formazione delle sue artefici, all’inglese, ma lontano dalla riproposizione di schemi e abbinamenti già visti, più che mai, e senza paura di sovvertire regole apparenti, alla ricerca dello spirito del luogo.
Lelia, ultima discendente della famiglia Caetani, seppe avvalersi al meglio del suo talento pittorico per infondere al giardino quel carattere romantico che oggi lo caratterizza e che fa sembrare naturali attenzioni, particolari e cesellature. La medesima differenza fra il metallo e il gioiello che se ne ricava, con impegno e fatica, dopo un lungo lavoro.

Se poco più di un secolo fa questo luogo era pressoché abbandonato, come è possibile che oggi vi si trovi tutto questo splendore e che sia così imponente?

Un clima favorevole, un terreno di eccellente qualità, una costante disponibilità d’acqua e cure attente sono i principali artefici di questo straordinario risultato. Ci si potrebbe, ancora, domandare di quali specifiche attenzioni siano state oggetto gli alberi, considerando che appaiono tutti quasi spontanei. La risposta è semplice: sono stati lasciati crescere nella forma e secondo le geometrie che le piante portano dentro di sé.

Nel giardino di Ninfa l’acqua è una presenza costante, una sorta di reticolo che mantiene vivo e unisce il giardino

Ancor prima di scorrere nel giardino, essa rende a questo un importante servizio: dal lago, che si trova quattro metri sopra il livello di campagna, si origina un salto sfruttato da una turbina così da soddisfare tutti i fabbisogni energetici della struttura, rendendola autonoma, a impatto pressoché nullo. L’acqua entra a Ninfa scorrendo in un torrente con alcuni piccoli e rapidi salti, impreziosito dalle fioriture delle Iris, e quindi nel fiume, che rappresenta uno dei confini del giardino aperto al pubblico, vero e proprio punto focale.

Giardino di Ninfa
Vista fiume Ninfa, sullo sfondo glicine in fiore sul ponte romano, primavera Giardino di Ninfa Foto Courtesy archivio Fondazione Roffredo Caetani

L’acqua a Ninfa crea habitat anche la fauna

Ancora, l’acqua può essere considerata di sorgente tanto è pulita, come testimonia la sua trasparenza e la presenza di pesci quali la trota, Salmo truta ‘Macrostigma’, che mal sopporta l’inquinamento. Le rane si infilano rapide fra le grandi macchie di giaggioli sulle rive, le libellule, ora ferme e ora velocissime, si muovono nella lunga scia delle grandi calle. Imponenti, le Gunnera, che altrove appaiono rigide con la loro aura di preistoricità, qui assumono un’aria familiare, quasi erbe da giardino. Nella loro ombra ci si può riposare e ammirare i giochi di trasparenza. Senza acqua, la vasta distesa di bambù, che crescono imponenti come alberi, non potrebbe assumere l’importanza attuale, creando un vero e proprio reticolo di sfumature cromatiche, quasi come un vivace mosaico naturale. Dall’acqua emergono, in cerca d’aria, gli pneumatofori di un Taxodium distichum e verso essa si allungano,  specchiandosi, i glicini che incorniciano uno dei ponti.

La natura nel suo insieme, come sapiente ricostruzione, è la vera protagonista di Ninfa

L’effetto complessivo è ottenuto intrecciando insieme tessere diverse, ognuna preziosa e, a modo suo, quasi impossibile: il cirmolo (Pinus cembra) si sviluppa a breve distanza dai banani, mentre sui tronchi delle conifere vengono coltivate, a guisa di ghirlande, le Tillandsia.

L’esemplare di Populus nigra (pioppo nero) che delinea l’ultima cornice lungo il corso del fiume, proprio dove esce dalle mura, è un autentico gigante, con un’altezza superiore a trentacinque metri e uno stato di salute impeccabile. È, senza dubbio, l’albero più emblematico del giardino. Ma qui ogni pianta si distingue per la sua grandiosità, cresce con vigore. Persino i sambuchi,  rappresentanti tipici della flora ruderale, si modellano con forza sulle rovine circostanti.

I faggi a foglia rossa, presenza portante dell’intero giardino, dominano con le loro chiome infuocate. L’insolito Acer griseum, riconoscibile per la corteccia che si sfalda in sottili strisce di color tabacco, aggiunge un tocco distintivo. Numerosi alberi da fiore di notevoli dimensioni, come Paulownia tomentosa, Melia azedarach, Albizia julibrissin, Liriodendon tulipifera, magnolie, ippocastani e robinie, contribuiscono alla maestosità dell’ambiente. Fra i rampicanti, spicca Caesalpina salpiaria (ora Biancaea decapetala), che molti potrebbero confondere con una Cassia per la somiglianza dei fiori. La sua imponente fioritura, delicatamente adagiata sulle mura di cinta, rappresenta un folgorante biglietto da visita che pochi possono vantare. Tutte le informazioni acquisite durante la visita, come le origini lontane di una specie botanica, sembrano contrastare con ciò che il cuore suggerisce: qui tutto appare eterno, e se un mutamento c’è, si manifesta solamente nell’alternarsi delle stagioni.

Il giardino di Ninfa, un luogo di generazioni e cambiamenti

Forse è merito delle rovine, che nessuno ha avuto la pretesa di restaurare, o forse è il tocco dell’uomo così leggero da permettere ai fiori gialli delle malerbe primaverili di sbocciare appena fuori dai sentieri. È un luogo che merita di essere esplorato non solo nelle diverse stagioni dell’anno, ma anche in momenti diversi della giornata. Per scoprire come la luce interagisce e si intrattenga con i vari elementi, trasformandoli.

Ninfa rivoluziona l’approccio con il giardino e, solo quando la si comprende anziché esserne solo affascinati, si rileva che la sua libertà e semplicità sono solo illusorie. Sottendono uno studio complesso che si comprende solo se si decide di replicarne anche una minima parte in giardino. A Ninfa le emozioni si esprimono liberamente, ci si abbandona al loro fluire: al termine della visita, si desidererebbe riprendere il sentiero come se fosse già una strada familiare, forse già con l’idea di future esplorazioni.

Il Giardino di Ninfa fa parte del Network Grandi Giardini Italiani

Alessandro Mesini
©Villegiardini. Riproduzione riservata

 

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