La Galleria Secci fa rivivere a Milano la Biennale di Venezia del 1972 in cui Giulio Turcato presentò una serie di lavori ispirati all’Africa, al surf e all’Oceano. Questo evento rappresentò l’occasione per l’artista per sperimentare un’inedita esplosione di colori, segnando un punto di svolta nella sua carriera solitamente incentrata su temi socio-politici o scientifici. Molte delle opere esposte furono realizzate appositamente per l’occasione e anticiparono l’evoluzione della sua ricerca su forma, colore e scultura.
Dopo un meticoloso restauro e il grande lavoro fatto insieme all’Archivio Giulio Turcato, il pubblico ha ora l’opportunità di rivivere un momento cruciale della storia dell’arte contemporanea fino al 5 aprile presso la Galleria Secci di Milano, con una presenza anche al MIART.
L’abbiamo visitata in anteprima in occasione della preview e qui il nostro racconto
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Giulio Turcato: maestro dell’astrattismo informale italiano
Giulio Turcato (1912-1995) è stato uno dei più importanti esponenti dell’astrattismo informale in Italia. Ha partecipato a 15 edizioni della Biennale di Venezia, esplorando colore, materia e sperimentazione. Le sue opere, esposte nei più prestigiosi musei internazionali, hanno segnato una svolta nell’arte contemporanea. Oggi il suo lavoro continua a influenzare artisti e critici in tutto il mondo.
Le “oceaniche”: tra arte e memoria
Nel contesto della Biennale, Turcato presentò per la prima volta le sue Oceaniche, ispirate da un viaggio in Kenya nel 1970. Affascinato dai colori vivaci delle canoe artigianali dei pescatori locali, l’artista reinterpretò queste forme, tagliando le tele per evocare il profilo delle tavole da surf. Le tonalità brillanti e le forme fluide ricordano l’estetica del mare e del surf, elementi che si legano ai colori vivaci e alle influenze della pittura americana degli anni ’60 e ’70. Con una profondità quasi tridimensionale di 3 cm, un’elevata verticalità (tra 280 e 320 cm) e una disposizione diagonale sulle pareti, le Oceaniche sembravano librarsi sulle superfici come se fossero sospese sull’acqua.
Già a partire dalla metà degli anni ’60, Turcato esplorava l’idea di ridefinire il formato tradizionale della tela. In un dialogo con Carla Lonzi nel 1967, l’artista esprimeva la necessità di superare gli angoli retti, anticipando una riflessione che Jacques Derrida svilupperà più avanti nel suo saggio Parergon (1978). Con le Oceaniche, Turcato trasformò la tela in un materiale malleabile, lontano dai vincoli della geometria convenzionale.
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Nomadismo, primordialismo e influenze culturali
Le Oceaniche, che prefigurano la serie scultorea Le libertà, incarnano il desiderio dell’artista di smussare gli spigoli e mettere in discussione l’idea che il “quadrato sia una forma esatta”. La loro concezione riflette inoltre l’interesse di Turcato per il nomadismo e il primordialismo, temi ricorrenti nell’immaginario culturale della fine degli anni ’60, influenzati dai movimenti hippy, dalle proteste studentesche e dagli ideali anticapitalisti.
Nonostante Turcato fosse considerato parte di una generazione artistica precedente, il suo legame con il concetto di nomadismo è spesso analizzato in relazione alla sua personalità errante. Tuttavia, come dimostrato da Silvia Pegoraro, le sue idee di pittura e colore risentono anche dell’influenza di Emilio Villa e del suo saggio L’arte dell’uomo primordiale(1961), che ebbe un impatto significativo sulla comunità artistica italiana.
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Erotismo e identità di genere nelle opere di Turcato
L’idea dell'”Altro” come ignoto e inconoscibile, esplorata in chiave lacaniana, trova una forte eco nelle opere di Turcato. Le Oceaniche, con la loro forma fallica, evocano anche una dimensione femminile grazie ai colori intensi alla Matisse e a dettagli che richiamano simboli sessuali. L’artista sviluppò questa ricerca anche nei disegni della serie Elegia e Apparizioni, dove figure allungate sembrano avvolgersi intorno a centri più scuri, spesso delineati dalla forma delle gambe femminili.
La riflessione di Turcato sulla sessualità femminile si estende a opere come La Passeggiata, un trittico di gambe femminili in cui tre tele trapezoidali si intersecano con un erotismo pop, richiamando artisti come Tom Wesselman o Allen Jones. Anche Il Tunnel, un vortice di colori psichedelici, evoca un concetto di “spazialismo infinito” vicino alla ricerca di Lucio Fontana.
L’influenza della corsa allo spazio
Turcato seguì con grande interesse lo sviluppo della corsa allo spazio. Opere come Marziano BipBip e Cosmico (Composizione), esposte alla Biennale del 1972, riflettono il fascino dell’artista per l’ingegneria aerospaziale e per l’immaginario fantascientifico dell’epoca. Con colori elettrici e forme ispirate ai satelliti, questi lavori traducono in pittura la tensione tra scienza, mito e politica della Guerra Fredda.
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Le spine di cristo e della maddalena: tra sacro e fantascienza
Un’opera particolarmente enigmatica in mostra è Le Spine di Cristo e della Maddalena. Due strutture tubolari, colorate di giallo e rosa pallido, sono coronate da una serie di spine che emergono da una superficie ovale di legno. Questo lavoro, con il suo titolo evocativo e il richiamo a un’estetica extraterrestre, è una sintesi dell’ironia mistica di Turcato, che si muove tra iconografia cristiana e immaginario fantascientifico.
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Un’esperienza sensoriale e filosofica
Il percorso espositivo della Biennale del 1972, ora ricreato a Milano, offre un’esperienza immersiva in cui il colore e la forma destabilizzano la percezione tradizionale dell’opera d’arte. La filosofia della percezione incarnata da Maurice Merleau-Ponty sembra trovare qui una perfetta applicazione: non si tratta solo di “vedere”, ma di essere immersi nello spazio dell’opera, di viverlo e sentirlo.
Questa ricostruzione non è solo un omaggio a uno dei momenti più significativi della carriera di Turcato, ma anche un’opportunità per riscoprire la sua arte in tutta la sua portata sperimentale. Le sue opere continuano a interrogare il pubblico, oscillando tra scienza, mito, politica e sensualità, dimostrando come il suo linguaggio visivo rimanga ancora oggi di straordinaria attualità. La mostra è curata da Martina Caruso e, per la fine della mostra, sarà pronto il catalogo.
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