Mercoledì 26 febbraio a Palazzo Reale apre al pubblico la mostra Io sono LEONOR FINI, una delle più rilevanti e complete retrospettive mai dedicate all’universo visionario e ribelle dell’artista italo-argentina Leonor Fini (Buenos Aires, 1907 – Parigi, 1996). La mostra, a cura di Tere Arcq e Carlos Martín, è promossa dal Comune di Milano – Cultura, gode del patrocinio del Ministero della Cultura ed è prodotta da Palazzo Reale e MondoMostre, con il supporto dell’Estate di Leonor Fini, con main partner Unipol.
La mostra resterà in programma fino a domenica 22 giugno 2025.
Una donna dall’esuberanza artistica unica
Io sono LEONOR FINI celebra l’eclettismo e il genio di un’artista poliedrica in un percorso intellettuale che intreccia Italia e Francia, ricostruendo le tappe principali della sua carriera artistica e le influenze che hanno plasmato la sua visione.
A ispirare il titolo dell’esposizione una citazione della stessa Fini: «Sono una pittrice. Quando mi chiedono come faccia, rispondo: “Io sono”», un’affermazione identitaria irrevocabile e potente che riflette la sua unicità personale e artistica, sempre coerente nello stile e nel pensiero. Leonor Fini ha incarnato la libertà creativa e intellettuale dell’artista ribelle, lontana dalle convenzioni, che ha dato forma a un immaginario visivo e concettuale capace di parlare ancora oggi.
Io sono LEONOR FINI rappresenta un momento cruciale di riscoperta della figura dell’artista, restituendo nuova luce al suo lavoro e rivelandone il carattere più profondo, oggi più che mai attuale, grazie ai temi che ha affrontato e messo in discussione: dal genere all’identità, passando attraverso i modelli consolidati di famiglia, il maschile e il femminile</s</strong>trong>.
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Tantissime opere di tutte le sue arti: costumi di scena, fotografie e dipinti
L’esposizione presenta oltre 100 opere tra dipinti, disegni, fotografie, costumi e video, scandite in un percorso di nove sezioni tematiche, e restituisce un ritratto completo dell’artista, testimoniando la versatilità della sua produzione, estranea a ogni classificazione rigida. Spaziando dalla pittura alla moda, dalla letteratura al teatro (in una delle sezioni sono esposti bozzetti, figurini ed un costume disegnato da Leonor Fini provenienti dall’archivio Storico Artistico del Teatro alla Scala), la mostra svela l’immaginario di Leonor Fini, a partire dagli incontri e dalle impressioni, a volte sconvolgenti, della prima giovinezza, attraverso gli anni della formazione tra Trieste, Milano e Parigi, dove Fini stringe relazioni durature con intellettuali e artisti che le indicano la via della pittura.
Io sono LEONOR FINI procede per temi ricorrenti nell’opera dell’artista, come il macabro e il minaccioso, il rapporto con la sessualità e la famiglia, la rappresentazione del corpo, e ancora l’interesse per gli aspetti rituali e i fenomeni di metamorfosi. Oltre alla pittura, Leonor Fini ha attraversato media e linguaggi differenti giocando con la sua immagine in un esercizio bizzarro e concettuale attorno al tema dell’identità.
Un’artista poliedrica
L’esperienza di visita proposta dalla mostra gioca sin dal titolo con il tema dell’identificazione con la figura dirompente e poliedrica dell’artista: al termine del percorso espositivo il pubblico, accolto dal dipinto Autoritratto con il cappello rosso, è invitato a “diventare” Leonor Fini, in un ambiente che gioca con specchi, fotografie e scritte che ne evocano il carattere rivoluzionario e libero e coinvolgono i visitatori in un atto di esplorazione e riflessione sulla molteplicità dell’io. Il dipinto rappresenta un saluto simbolico dell’artista al pubblico, chiamato a scattarsi una foto e a condividerla suoi propri profili social (utilizzando l’hashtag #iosonoleonorfini), per reinterpretare il messaggio visionario di Leonor Fini, capace di parlare alle nuove generazioni ispirando e stimolando riflessioni profondamente contemporanee.
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Tommaso Sacchi, l’assessore alla Cultura
È un’emozione, oltre che un orgoglio, poter accogliere a Milano la mano, la creatività, la genialità di Leonor Fini, dedicandole la prima mostra istituzionale in città nelle sale di Palazzo Reale. Leonor Fini è stata un’artista straordinaria, poliedrica, capace di sovvertire ogni schema con il suo immaginario potente e visionario. La sua opera, trasversale a generi e discipline, è un manifesto di libertà creativa, una dichiarazione d’indipendenza che oggi risuona più attuale che mai – dichiara l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi -. La mostra a Palazzo Reale ne celebra la grandezza e la modernità, offrendo al pubblico l’opportunità di riscoprire una figura che ha attraversato il Novecento con coraggio e anticonformismo, anticipando molte delle istanze che animano il dibattito culturale contemporaneo.
Simone Todorow di San Giorgio, Amministratore Delegato di MondoMostre
Presentare una mostra dedicata a un’artista della grandezza di Leonor Fini è una responsabilità che mi riempie di orgoglio. Io sono Leonor Fini non è solo una retrospettiva, ma un’opportunità unica per immergersi nell’universo di una creativa visionaria, capace di intrecciare arte, moda, letteratura, teatro e cinema in un linguaggio originale e senza confini. Grazie al lavoro instancabile dei curatori Tere Arcq e Carlos Martín e alla collaborazione con Palazzo Reale e il Comune di Milano, questa mostra restituisce tutta la modernità e la profondità delle opere di Leonor Fini, offrendo al pubblico un’esperienza straordinaria che ne valorizza la visione, capace di anticipare temi ancora oggi centrali nel dibattito culturale
Vittorio Verdone, Direttore Communication and Media Relations Unipol
Unipol è orgogliosa di avvicinare al grande pubblico un’artista affascinante, poliedrica e complessa come Leonor Fini, sponsorizzando una delle più complete e importanti retrospettive dedicatele. La mostra nasce dall’intento di approfondire il suo esplosivo percorso e i modi con cui ha raccontato il suo tempo e le sue frequentazioni artistiche e mondane. Attraverso la sua arte Fini (la “furia italiana di Parigi” come la definì Max Ernst) mette in discussione tutto: il genere, l’identità, l’appartenenza, i modelli consolidati borghesi. Per il Gruppo condividere la visione dell’arte significa esprimere la sua vicinanza alle passioni che arricchiscono la vita delle persone con un costante sostegno alla comunità.
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Io sono LEONOR FINI
«Sono una pittrice. Quando mi chiedono come faccia, rispondo: IO SONO.» Con queste parole Leonor Fini sintetizza la visione della sua identità artistica. Non un semplice atto di presentazione, ma una dichiarazione di esistenza piena e senza compromessi. Pittrice, costumista, scenografa, illustratrice e performer, per Leonor Fini l’essere rappresenta la somma delle infinite possibilità del fare.
Artista enigmatica e visionaria, Leonor Fini è riuscita ad affermarsi in un contesto prevalentemente maschile grazie al suo straordinario talento e a una personalità unica e mai convenzionale. La sua forza risiede nell’individualismo e nella capacità di creare un linguaggio artistico originale, in cui la donna non è musa, ma protagonista.
Grazie a una sensibilità straordinariamente attuale, il suo lavoro affronta temi centrali per la società contemporanea: il genere, l’identità, l’appartenenza, i modelli di famiglia, il maschile e il femminile. Precorrendo i tempi, Leonor Fini si è affermata come un’artista all’avanguardia, capace di intrecciare arte, moda, letteratura e spettacolo in un percorso libero da ogni convenzione.
LA PITTURA: UN UNIVERSO ONIRICO E SIMBOLICO
I mondi di Leonor Fini si collocano tra il reale e l’immaginario, in un delicato equilibrio dove simbolismo e visione si intrecciano. Le sue figure femminili, forze primordiali e indomabili, popolano tele dense di mistero, insieme a sfingi, donne-gatto e uomini ambigui. Le sue opere offrono un viaggio nell’inconscio, in cui l’essenza dell’essere prende forma, andando oltre ogni apparenza superficiale. Il lavoro di Fini, ricco di stratificazioni culturali e influenze letterarie, riflette il dialogo con i maestri del passato, come dimostra l’uso di tecniche pittoriche tradizionali per trasmettere messaggi di grande innovazione.
Le sue esplorazioni psicoanalitiche, ispirate dalle letture di Freud, si manifestano nelle raffigurazioni del sogno e dell’inconscio. È visibile l’influenza dei grandi maestri del passato, come Piero della Francesca, Michelangelo e i pittori manieristi; da loro Fini assorbì le lezioni sul colore e sulla figura umana, utilizzandole per veicolare messaggi rivoluzionari.
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L’ARTE
Leonor Fini è una figura magnetica nella scena artistica del XX secolo, che ha intrecciato rapporti profondi e complessi con molte personalità artistiche dell’epoca. Insieme al pittore Fabrizio Clerici, con cui condivide una vita di amicizia e un immaginario artistico indipendente dai movimenti ufficiali, frequenta i circoli intellettuali di Trieste, Parigi, Roma, Milano e oltre. Con Max Ernst, che la definisce “la furia italiana”, Leonor Fini entra in contatto con Man Ray, Dora Maar, Salvador Dalì e il Surrealismo. Pur condividendo con questi un’affinità sui temi del subconscio e del sogno, Fini costruisce un universo artistico unico, che sfida ogni convenzione, mantenendo una visione autonoma e rivoluzionaria, libera da etichette rigide, inclusa quella del Surrealismo.
Tra le sue relazioni più significative, spicca l’amicizia con Leonora Carrington. Le due artiste si incontrano a Parigi, dove nasce un legame profondo di stima e amicizia. Nonostante la differenza di età di circa dieci anni, Carrington vede in Fini una “strana combinazione di grazia felina e potere amazzone”. La loro unione – affettiva, emotiva, artistica – rappresenta il segno tangibile di una comunanza di intenti che si nutre dell’incontro tra anime femminili. In modo simile a quanto accade nelle opere di Remedios Varo, il loro sguardo controcorrente attinge dai desideri inconsci, dando forma all’invisibile e rendendo visibile una forza che sfida ogni pregiudizio.
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LA LETTERATURA
Leonor Fini ha intrecciato un legame significativo con il mondo della letteratura, dimostrando una profonda sintonia con alcune delle personalità più influenti del suo tempo. Nonostante i contatti con André Breton, leader del Surrealismo, il rapporto tra i due è complesso e distante: Fini rifiuta le rigide convenzioni del movimento, preferendo un percorso autonomo che le permette di esplorare liberamente la sua visione artistica. Parallelamente, frequenta intellettuali italiani come Alberto Moravia ed Elsa Morante, instaurando con loro rapporti di amicizia e scambio creativo.
Con Elsa Morante, in particolare, nasce un’intensa affinità, testimoniata da un ricco scambio epistolare e da parole cariche di ammirazione, come nella celebre dedica della scrittrice: «Poi viene Leonor. Le finestre diventano luce, le ragnatele tende preziose di nuvole e stelle, i rami secchi doppieri accesi, e la sera una grande serata; perché Leonor (come le ho detto mille volte e come non mi stancherò mai di dirle) unisce in sé due grazie: l’infanzia e la maestà». Questo rapporto, basato su una stima reciproca e una comune sensibilità poetica, si colloca nel fervido contesto culturale romano degli anni di guerra, arricchendo l’universo creativo di Fini con suggestioni letterarie e filosofiche. Anche la frequentazione di Jean Cocteau, con cui condivide il gusto per l’arte visionaria e il simbolismo, sottolinea l’ampiezza del dialogo intellettuale che caratterizza il percorso artistico di Fini.
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IL CINEMA E IL TEATRO
Leonor Fini ha lasciato un segno indelebile anche nel mondo del cinema, dove ha collaborato e intrecciato legami con alcune delle figure più iconiche del panorama cinematografico del XX secolo. La sua amicizia con Anna Magnani era caratterizzata da una profonda affinità, condivisa anche nella passione per i gatti. Con Federico Fellini, Fini collabora alla realizzazione di costumi per una scena di Otto e mezzo (1963), sebbene non accreditata ufficialmente. Inoltre, il personaggio di Dolores, previsto nella prima stesura di La dolce vita, era ispirato a lei: una scrittrice matura e intellettualmente stimolante, simbolo di guida e riflessione per il protagonista, che Fellini immaginava interpretata da Luise Rainer.
Il rapporto intellettuale con Pier Paolo Pasolini è altrettanto intenso. I due condividono un viaggio a Parigi, in visita a gallerie e musei, dove Pasolini rimane affascinato dalla capacità di Fini di cogliere l’essenza delle opere d’arte. Tra le loro conversazioni emerge l’idea di un film, poi mai realizzato, incentrato su un’artista che sfidava le convenzioni sociali e artistiche del suo tempo, e che avrebbe visto Fini come consulente artistica. Anche Luchino Visconti riconosce il talento di Fini, coinvolgendo nella creazione dei costumi per produzioni teatrali e liriche come La Vestale e Il Trovatore.
La componente teatrale del suo lavoro non solo sostiene concettualmente la sua ricerca pittorica, nel gioco delle parti tra mascheramento, vestizione e svestizione, ma si concretizza anche nella collaborazione con decine di produzioni teatrali, operistiche, di balletto e cinematografiche. In mostra gli splendidi costumi per Tannhaüser (1963) e gli originali bozzetti per le scenografie del Teatro alla Scala – partner della mostra – a evidenziare una creatività poliedrica, ancora oggi molto influente.
LA MODA
Le collaborazioni di Leonor Fini con stilisti e figure del mondo della moda dimostrano la sua capacità di influenzare e ispirare attraverso il suo approccio unico e visionario. Al celebre caffè Les Deux Magots di Parigi, Fini incontra Christian Dior, che le propone di esporre nella Galerie Jacques Bonjean da lui diretta. È Dior a presentarle Elsa Schiaparelli, celebre per il suo stile avanguardistico e le sue collaborazioni con artisti surrealisti, con cui stringe un’amicizia proficua e creativa. Schiaparelli la veste con abiti vistosi, che contribuiscono alla sua immagine, mentre Fini disegna per lei l’iconica boccetta del profumo Shocking, ispirata al busto di Mae West, e che anticipa il celebre design di Jean Paul Gaultier.
Yves Saint Laurent, pur non collaborando direttamente con Fini, trova in lei una fonte di ispirazione per le sue creazioni ribelli ed eleganti. Tra le figure più affascinate da Fini c’è anche Simonetta Colonna, stilista di spicco tra gli anni ’40 e ’70, che ricorda la sua amica come «bruna, istrionica, con uno stile sorprendentemente personale».
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IL CATALOGO
La mostra è accompagnata da un accurato catalogo edito da Moebius, che illustra tutte le opere in esposizione. Oltre ai saggi scritti dai curatori della mostra sono inclusi altri studi inediti e originali di specialisti internazionali, come lo storico dell’arte e critico Vanja Strukelj, la storica dell’arte e scrittrice Susan Aberth, il presidente e fondatore della International Society for the study of Surrealism (ISSS) Jonathan P. Eburne, la scrittrice Anna Waltz e l’artista Eros Renzetti.
Il catalogo include anche, per la prima volta completo e tradotto in italiano, il testo autobiografico scritto dalla stessa Leonor Fini, che permette un nuovo dialogo tra l’artista visiva e la scrittrice che era in lei, e che consente ai lettori di accedere all’intimità confessionale delle sue parole.
IL PUBLIC PROGRAM
Da marzo a giugno, in collaborazione con NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, saranno organizzati una serie di incontri pubblici sulle tematiche della moda, costume, design e arte, in cui sarà possibile approfondire, grazie alla presenza di esperti di settore e figure di rilievo, la figura poliedrica di Leonor Fini in tutte le sue sfaccettature.
La mostra è patrocinata dal Ministero della Cultura e dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, e rientra nell’ambito dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026.
Si ringraziano il Main Partner Unipol, i partner Teatro alla Scala e NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, il media partner Street Vox e il partner ufficiale di biglietteria Vivaticket.