Seoul è tra le metropoli più vivaci del mondo. Con una popolazione giovanissima, la maggior parte tra i 25 e 29 anni, un quinto di tutta la popolazione della Corea del Sud si trova in questa città dalla testa di drago. Proprio così, se osserviamo Seoul dal satellite ci sembrerà proprio una testa di drago, con le quattro montagne che la compongono, la montagna del Sud (Namsan, 남산), del Nord (Bugaksan, 북악산), del sovrano benevolo (Inwangsan, 인왕산) e del cammello (Naksan, 낙산), a descriverne le deformità.
Seoul una città tra passato e presente
Questa città pulsante non è solo la patria del K-pop, della chirurgia estetica e del kimchi (김치, avolo fermentato diventato ormai emblema della Corea del Sud in tutto il mondo, tanto che nella solo New York vi sono almeno 40 produttori locali di kimchi). Bensì rappresenta anche l’emblema dell’armonia tra uomo e natura. Tra cemento, calcestruzzo, vetro, acciaio e macchine elettriche la natura persiste, s’intrufola, viene elaborata e ripresentata a tutta la popolazione che ne può gioire e godere in tutte le stagioni. Questa unione tra mondo artificiale e mondo naturale è una caratteristica persistente in Corea, ma soprattutto a Seoul ne possiamo ammirare le più incredibili testimonianze che ci sono state lasciate dal passato. Un passato oscuro quello di questa terra, denominata nell’Ottocento come “terra del calmo mattino” (Lowell Percival), un toponimo di cattivo auspicio data la sua turbolenta storia novecentesca.
Il palazzo Reale
Molti luoghi a Seoul sono stati semi distrutti, prima dall’invasione giapponese, che ha portato l’ombra dell’imperialismo sulla penisola, e in seguito dalla guerra fratricida, che dal 50 fino al 52 ha sconvolto il destino di queste terre. Eppure, la grandiosità modesta dell’ultimo Regno Coreano, il Regno di Joseon (1392-1910), può ancora essere visitato, ammirato, e anche vissuto oggigiorno. Emblema dei fasti reali è il palazzo Reale, o in coreano Gyeongbokgung (경복궁). Si tratta di una delle mete più visitate dai turisti che si recano nella capitale sudcoreana. Il suo profilo è inconfondibile: lunghe mura sui lati che corrono verso una porta d’ingresso sormontata da due piani a tetti coreani dai tipici colori buddisti, poi integrati nella filosofia confuciana e rappresentativi dell’arte del dancheong (단청).
Il Palazzo Orientale o Palazzo Changdeok
Anche se il Palazzo Reale è sicuramente tra le mete più rappresentative della cultura coreana, poco più ad est, in realtà poche centinaia di metri, si trova un altro incredibile luogo, simbolo della dinastia Joseon e della ricca cultura dell’unione tra uomo, architettura e natura, il Palazzo Orientale o Palazzo Changdeok (창덕궁). Costruito nel quindicesimo secolo, venne distrutto prima dalle invasioni giapponesi del sedicesimo secolo, ricostruito per volere di Re Seonho (선호) nel 1607 per poi venir modificato parzialmente durante l’epoca coloniale giapponese. L’ingresso rimane tra i pochi originali dell’epoca in tutta la città di Seoul. È proprio tra le mura di questo palazzo e tra le
sue asimmetrie che si nasconde sotto il cielo aperto l’immenso giardino segreto del Re.
Un giardino segreto a Seoul
Il giardino segreto (후원) o giardino sul retro, venne chiamato così proprio per la sua posizione nascosta e riservata nella parte posteriore del Palazzo Orientale, non era un giardino aperto a tutti, era infatti ad esclusivo uso del re e dei membri della casa reale. Si dice che il re Jeongjo (정조, regno 1776-1800), uno dei sovrani che più di tutti amò e si dedicò a questo giardino, usasse intrattenersi con i funzionari nella natura vicino ad una piattaforma in roccia, un luogo ricavato dalla natura dove scorre ancora oggi un piccolo ruscello dalle acque del fiume Ongnyucheon (옥류천), disegnando un canale a forma di U nella pietra. Era un luogo magico dove il re diventava un semplice interlocutore, le divisioni sociali si rompevano per lasciare il posto alla poesia e all’ebrezza di qualche fluttuante bicchiere di vino trasportato dalla corrente del ruscello.
Il Giardino Segreto di Seoul
Il Giardino presenta molti degli elementi tipici della filosofia coreana dove nulla è lasciato al caso, e tutto sembra perfettamente in armonia con l’architettura circostante. Si viene così ad instaurare un rapporto di compenetrazione tra edifici e natura che avvolge lo sguardo. Questo era probabilmente quello che provavano anche nel Settecento i visitatori di questo splendido giardino, che potevano percepire come in altri pochi posti all’interno della città di Hanyang (oggi Seoul), l’emozione di trovarsi avvolti dalla natura in un totale stato di abbandono dei doveri sociali. Un’idea che riporta alla mente i sette savi del bosco di bambù della tradizione cinese, in cui letterati, musici e poeti trovavano affinità creative nell’auto-esilio anticonformistico nella natura.
La cultura cinese influenza la cultura coreana
La cultura coreana ha assorbito la filosofia e cultura cinese per darne una rilettura locale, che può essere ritrovata anche nei giardini coreani, dove si possono ammirare forme di compenetrazione culturale integrate nell’architettura del verde. Un esempio è il laghetto Buyongji (부용지), una piscina d’acqua artificiale dalla forma quadrata e circondato da un insieme di edifici a comporre uno spazio circolare. Questa composizione rappresenta il profondo concetto di unione tra cielo e terra presente nelle radici del pensiero coreano di derivazione Taoista, dove si crede che il mondo terrestre sia rappresentato da un quadrato e quello del cielo da un cerchio. La forma del laghetto e dell’area circostante ricreano questo spazio utilizzando la natura per esprimere un concetto filosofico parte della vita di corte.
Il Giardino Segreto di Seoul è un diamante che ci viene tramandato
Il giardino segreto presenta tutti gli elementi tipici del Giardino alla coreana, con il giardino che si innesta in modo armonioso nella natura circostante ai piedi del monte Bugaksan, nel rispetto della geomanzia del pungsu (풍수), di derivazione dal fengshui (风水) cinese, e inglobando le svariate correnti filosofiche che hanno convissuto su questo territorio, sciamanesimo, buddismo, confucianesimo e taoismo.
La bellezza senza tempo della natura presente in questo giardino è un tesoro per tutta l’umanità, che ci è stato tramandato lungo le difficili vicissitudini storiche di questa terra. Che descrive all’uomo moderno quella che era una cultura ricca di elementi eterogenei riassemblati in una perfetta armonia della vista e dei sensi.
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