Una favola che muove i suoi passi e si sviluppa in un borghetto incantato della Toscana a due passi dalla monumentale Abbazia di Vallombrosa e a pochi chilometri da Firenze. Proprio li, in una Località chiamata la Noce, sorgeva già dal Medioevo un Castello che fu nei secoli abbandonato e ricostruito intorno alla metà dell’800. È il Castello di Ferrano, piccola oasi neogotica incastonata nella campagna Toscana. Fu proprio l’amena posizione che probabilmente spinse i discendenti di una nobile famiglia francese ad riedificare quello che sarebbe stato per anni il loro “Buen Retiro”. I Marchesi di Grolèe Virville si erano già insediati in Italia alla fine del ‘700 con Palazzi a Milano e a Firenze.
Loro infatti la sontuosa dimora in via de’Bardi ove veniva conservata la preziosa Collezione d’Arte della Marchesa Wanda de Grolèe Virville, trafugata nel 1944 dalle truppe naziste. Una grande dinastia quella dei Grolèe Virville che si intreccia, in Toscana, anche con quella dei Sansedoni di Siena…Gli anni passano e l’interesse per il Castello di Ferrano viene a mancare, tanto che i marchesi, verso la seconda metà dell’800, mettono in vendita la loro tenuta. Viene acquistata da una nobile famiglia romana. I nuovi proprietari del Castello sono i Bonelli.
Originari di Bosco, in prossimità di Alessandria e discendenti, tra gli altri, del Cardinale di Santa Romana Chiesa Michele Bonelli Ghislieri e già proprietari del grande Palazzo Borghese di via Ghibellina, a Firenze, (fatto edificare da Camillo Borghese) che sorge sui resti di quello voluto nel ‘600 dai Salviati su progetto di Gherardo Silvani.
Della famiglia Bonelli rimangono ancora tracce evidenti nelle sale del Castello di Ferrano. Ad esempio l’Arme della famiglia affrescata sulla volta del Salone delle Ginestre, posto al piano nobile della storica residenza. Tuttavia i Bonelli abiteranno a Ferrano per non troppo tempo…Era giunta intanto in Toscana una famiglia di industriali che da Cesena aveva avviato una fiorente attività proprio in terra granducale: I Bocci, borghesi e facoltosi, che già nel ‘700 erano passati alle cronache per un episodio sospeso tra lo scandaloso ed il tragico.
Si conservano infatti ancora nelle sale del Castello di Ferrano i ritratti dei fratelli Gaetano e Giuseppe Pio Bocci. Dei due l’uno affascinante e dal temperamento focoso l’altro accondiscendente al limite del masueto. Proprio Gaetano una notte, dopo un grande ballo in maschera, probabilmente in preda all’alcol e forse a qualche sostanza stupefacente, incontra una dama e complice l’iniziale anonimato, passano una notte d’amore… Ma allo svegliarsi accade l’inaccettabile. Passati i fumi dell’alcol e la passione la seducente dama si rivela essere, purtroppo, la madre dello stesso Gaetano. Il giovane e scapestrato rampollo non reggendo l’accaduto mette fine alla propria esistenza suicidandosi…Passano,malgrado tutto,gli anni e un discendente della famiglia Bocci, ormai in Toscana, prende le redini di uno storico lanificio a Soci, nel Casentino. A soli 27 anni, infatti, l’abile ed ingegnoso Giuseppe si ritrova, nel 1848, a fondare e dirigere la Società “Lanificio del Casentino”.
L’azienda prospera e tutto va per il meglio, a Giuseppe succede in azienda il figlio Sisto, che come il padre fu abile condottiero dell’azienda di famiglia. La fortuna sembra davvero sorridere agli eredi Bocci tanto che ai successi della loro industria tessile si aggiungono anche quelli personali, tanto da vincere al gioco la tenuta di Ferrano dalla famiglia Bonelli, diventando così i proprietari anche del Castello. Proprio nelle principesche sale dell’edificio nasce, nel 1926, Livia.
La giovane e mansueta ragazza che cresce tra le stanze del Castello di Ferrano è figlia di Giuseppe (nipote dell’abile industriale) e di Maria Pia Pio. La ragazza sviluppa in prosperità e viene educata come si conviene ad una fanciulla del suo rango. L’amore dei genitori non manca, ma si sa crescendo non basta. Finalmente la giovane ereditiera, figlia unica, conosce un giovane di alto lignaggio e tra di loro scocca la scintilla dell’amore… Livia entusiasta lo vuole presentare ai suoi genitori, vuole la benedizione del suo amato padre.
Ma non tutte le favole hanno un buon fine. Giuseppe messo a conoscenza dei fatti non reagisce affatto bene. L’amore che lui provava per la sua unica figlia non era affatto un amore sano. Anzi era un amore malato al limite della possessione. Anche la madre, che già come racconta il nome, era donna pia e assecondante non può far nulla. Livia viene messa davanti ad un bivio: rimanere al Castello di Ferrano circondata da fasto ed agiatezza o continuare il fidanzamento con il giovane e ricco rampollo col rischio di esser lasciata perché diseredata e senza dote? La povera Livia sceglie quella che a lei sembra la via più facile rimanendo quindi al Castello. Gli anni che ne seguiranno non saranno affatto, per Livia, anni facili.
Passa la sua giovinezza, all’apparenza dorata, nella Tenuta di Ferrano, il possessivo padre le fa sistemare la camera da letto in concomitanza di quella padronale, separata solo da una porta. Livia ha la possibilità di guardare da due finestre, una verso l’orizzonte perduto, l’altra nel giardino del Castello… Quella camera da letto è ancora oggi così, come Livia l’aveva vissuta: elegante, austera e con un letto singolo a sancire che lei era e sarebbe stata sempre “Signorina”… Tuttavia le cose cambiano…
Proprio da quella finestra sul giardino Livia impara a conoscere un bambino, inizia a frequentarlo e pensa che potrebbe essere quel figlio che non aveva ancora avuto… Nel frattempo muoiono anche Giuseppe e Maria Pia. Livia, finalmente, è libera. Libera di lasciare, anche per lunghi periodi, quella prigione dorata. Viaggia intorno al mondo, gira per tutto il globo e porta con se ricordi dei suoi spostamenti. Il bambino che vedeva dalla finestra diventa intanto un ragazzo.
Con il passare del tempo l’affiatamento tra i due aumenta fino a diventare amore filiale e negli anni ‘80 Livia prende l’importante decisione di adottare quel ragazzo a lei tanto affezionato. È cosi che Fabrizio, questo il nome del ragazzo, diventa figlio di Livia. Si crea così una nuova famiglia, una famiglia fatta non più da latente prigionia e doveri sociali ma una famiglia fatta d’affetto e stima reciproca.
Purtroppo nel non lontano 2011 la “Signorina” Livia ci ha lasciati, tuttavia vive nel ricordo indelebile della sua nuova famiglia, quella vera. Una famiglia fatta di persone autentiche. Fabrizio, che ha ancora negli occhi la dolcezza del bambino visto alla finestra e sua moglie Sonia donna sensibile e generosa. E poi le loro due figlie Francesca e Sara che con i genitori sono l’anima del nuovo percorso di vita del Castello di Ferrano.
Infatti questo sogno neogotico oggi è visitabile in alcuni periodi dell’anno. La cosa più sorprendente è che si può soggiornare in una parte di quelle sale che furono, un tempo,
abitate da Livia. Potrete quindi addentrarvi nel racconto e scoprire durante la visita affascinanti aneddoti e sorprendenti episodi. Inoltre, nel caso decideste di soggiornarvi, potrete alloggiare nelle stanze dove alle pareti è appeso il ritratto del giovane e ribelle suicida Gaetano Pio Bocci.
Vincenzo Circosta