Ikebana, la poesia dei fiori, come forma d’arte formalmente codificata, si può dire che inizi a prendere una sua struttura definita nel XV secolo, nel periodo Muromachi (1336-1573), quando la pratica artistica cominciò a separarsi dalle sue origini puramente rituali e religiose per diventare una disciplina estetica più sistematizzata.
Nascita del trattato Sendenshō nell’arte dell’ikebana
Nel 1445, durante il periodo dello shogunato di Yoshimasa (1436-1490), la composizione floreale giapponese aveva probabilmente raggiunto un grado di sviluppo tale da rendere necessaria la stesura di un trattato specifico sull’argomento: il Sendenshō 仙伝抄. Questo breve testo, che conteneva istruzioni dettagliate per la realizzazione di composizioni floreali destinate a varie occasioni sociali e religiose, offriva indicazioni precise sulle modalità di allestimento. Le composizioni erano impiegate in eventi annuali come celebrazioni per il raggiungimento della maggiore età, l’ingresso nel sacerdozio o il matrimonio.
L’importanza dello Sendenshō
Il trattato comprendeva anche suggerimenti riguardanti il posizionamento del vaso, la scelta dei fiori e delle combinazioni di rami da evitare, al fine di garantire un’armonia estetica e simbolica nelle composizioni floreali.
Secondo il testo, ogni composizione doveva essere strutturata attorno a due elementi principali: il shin, ovvero il ramo principale, e il soe-mono, che si riferiva ai rami di accompagnamento o secondari. Alla fine dell’opera, una nota specificava che il trattato fu trasmesso nel 1445 a una figura chiamata Fuami e successivamente passò attraverso diverse mani, fino ad arrivare nel 1536 a un individuo di nome Senji, il quale è ritenuto essere stato l’illustre maestro Ikenobō Sen’ō (1482-1543), una figura di grande rilievo nella storia dell’ikebana.
Si ritiene che il cognome Ikenobō si riferisca alla sua discendenza diretta dalla “famiglia” che, da allora, divenne la più autorevole nella tradizione della composizione floreale giapponese.
La dinastia Ikenobō e il suo ruolo fondamentale
La dinastia Ikenobō, composta da sacerdoti e maestri di ikebana, fa risalire le proprie origini all’anno 621, quando Ono-no-imoko, uno dei primi inviati del principe Shōtoku in Cina, assunse il nome sacerdotale di Semmu e si stabilì in un piccolo tempio, il Rokkakudō 六角堂 (nome ufficiale Chōhōji 頂法寺), situato vicino a uno stagno nella regione che sarebbe successivamente divenuta Kyōto. L’eremo di Semmu divenne noto come Ikenobō 池坊, un termine che letteralmente significa “residenza del sacerdote vicino a uno stagno”, segnando così l’inizio di una tradizione che sarebbe poi divenuta fondamentale nella storia dell’arte della disposizione dei fiori in Giappone.
La nascita delle scuole di ikebana
Nel corso dei secoli emersero molte scuole di ikebana, ognuna proponendo una propria interpretazione di quest’arte, nella costante e incessante ricerca di una perfezione estetica senza pari. Ogni scuola, con le sue peculiarità e visioni, ha contribuito a definire il volto mutevole di quest’arte antica e, nondimeno, senza tempo. Tuttavia, al di là delle differenze stilistiche e metodologiche, l’ikebana, pur nella sua varietà, non è solo una pratica artistica: è il riflesso di un’intera concezione del mondo.
Ikebana, non solo arte di comporre i fiori ma vera e propria filosofia
Dunque, il termine “ikebana” non si limita a designare una semplice tradizione, ma abbraccia una filosofia profonda, una visione che permea ogni gesto, ogni ramo, ogni fiore disposto con attenzione e rispetto. È un pensiero che nasce dal desiderio di armonizzare l’essere umano con la natura, di instaurare un dialogo silenzioso tra l’uomo e il mondo che lo circonda.
Ogni composizione floreale diviene così una manifestazione tangibile di questa fusione, un punto di incontro tra il cielo e la terra, dove la bellezza della natura si fonde con l’anima umana. L’ikebana diventa meditazione visiva, un’espressione che va oltre la bellezza formale, un richiamo al rispetto per la natura e alla consapevolezza della sua impermanenza, racchiusa nel concetto che i giapponesi chiamano mujō 無常.
In questo modo, l’ikebana trascende il concetto di semplice “composizione di fiori”, diventando una vera e propria filosofia di vita, un invito a vivere in sintonia con il mondo, a percepire la bellezza non solo con gli occhi, ma con il cuore e la mente, in perfetta armonia con l’universo.
Maurizio Bertoli
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