I percorsi di luce di Nanda Vigo sono le trame immateriali, eppure precise, che il segno della grande progettista milanese ha seguito durante la sua lunga carriera.
Riferimenti biografici
Fernanda Enrica Leonia Vigo, in breve Nanda Vigo, è nata a Milano nel 1936. Il suo interesse per l’arte e l’architettura è emerso molto presto, accanto alla grande fascinazione per la luce.
In un’intervista ha raccontato che, ancora bambina, passando davanti alla casa del fascio di Terragni, a Como, si è sentita avviluppare dalla bellezza percepita proprio nell’uso della luce, che come un ‘folletto’, giocava a rimbalzare e generare riflessi nella struttura. Si trovava davanti alla sua prima esperienza di foto-dinamica applicata alle forme.
Nanda Vigo si è formata e laureata al Politecnico Federale di Losanna, importante università e centro di ricerca svizzero. Nel 1959, dopo uno spostamento negli Stati Uniti – nella californiana San Francisco – per uno stage di perfezionamento, è rientrata in Italia e ha aperto il proprio studio di architettura, arte e design a Milano.
L’incontro con Lucio Fontana e col mondo dell’arte
In parallelo, ha iniziato a frequentare Lucio Fontana – grande pittore e scultore italo-argentino, tra gli artisti fondatori della galleria Azimut – oltre a Piero Manzoni ed Enrico Castellani.
La passione per l’arte, la spingeva a viaggiare di frequente, per visitare mostre e installazioni un po’ in tutta Europa. Questo ha innescato la sua partecipazione al Gruppo Zero, costituitosi a Düsseldorf, nel 1957; un movimento che, superando la dicotomia realismo-astrattismo, esplorava percorsi meno formali.
Il Gruppo Zero
I suoi esponenti andavano alla ricerca di uno spazio fisico e relazionale veramente libero, dove, “ripartendo idealmente da zero”, sperimentare nuovi materiali e approcci espressivi, magari con l’ausilio della tecnologia, per dar vita a strutture luminose e vibranti, dinamiche e riflettenti.
In quel mood, Nanda Vigo ha progettato la Zero House, completata nel 1962 e di cui riparleremo in seguito. Successivamente, ha preso parte a diverse esposizioni a tema, nel nord Europa e negli Stati Uniti, per poi curare, nel 1965, una mostra che ha fatto storia: l’evento “Zero Avantgarde“, nello studio milanese di Lucio Fontana a Milano, che ha coinvolto circa 30 artisti.
I percorsi di luce di Nanda Vigo – produzioni iconiche
Nanda Vigo non riusciva a definire se stessa con un ruolo o un’etichetta; ipotizzava d’essere una pioniera, una sorta di esploratrice in ‘cross-navigazione’ continua tra architettura, design e arte, con soluzioni concettuali differenziate solo da una progressiva sparizione delle regole.
Il suo era un percorso creativo ben rappresentato dalla metafora della luce, che attraversa ambienti con superfici trasparenti o riflettenti e proietta immagini, colori e suggestioni dalla sorgente a punti distanti nello spazio.
Una sua frase, spesso riportata, recita: “… la luce va seguita senza opporre resistenza. Non potrà che illuminarci …”
La Zero House
Nanda Vigo ha iniziato a occuparsi della Zero House nel 1959, per una commissione nata nel segno della libertà e del coraggio. La casa annoverava muri di vetro satinato, come altrettanti bersagli di giochi di luci al neon, dalle diverse cromie, che pervadevano le dorsali. Era un’abitazione dal mood minimal, con pochi mobili e pochi accessori.
Lo scarabeo sotto la foglia
Nella seconda parte degli anni sessanta, la Vigo ha lavorato, con Giò Ponti, alla casa denominata “Lo scarabeo sotto la foglia“. L’edificio era quasi una sintesi visuale del connubio tra i due; costruita nella località di Maio (Vicenza), un paese senza una precisa tradizione di architettura e stile, nasceva sul fil rouge del rapporto tra arte e interior (inteso in chiave di disegno degli spazi, più che di decorazione).
Parliamo di un edificio sostanzialmente squadrato, con un tetto-sommità di profilo avvolgente e incurvato, interni dal mood quasi museale, molto spazio per le opere d’arte e percorsi disegnati con piastrellature, ceramiche, vetri e luci al neon. Il seminterrato era collegato alla casa con una scala a chiocciola, ricoperta di pelliccia.
Per la sua peculiarità è stata curiosamente teatro e e scenografia di un film horror dell’epoca.
La casa museo di Remo Brindisi
A inizio anni settanta, Nanda Vigo si è occupata della casa museo di Remo Brindisi, locata a Comacchio, nel ferrarese, e nata dall’esigenza di raccogliere le opere dell’artista.
È un edificio dalla storia oscillante, concepito dall’architetto milanese su griglie e pattern quadrati, laddove Brindisi avrebbe preferito che si esprimesse per linee rotonde, sul modello del Guggenheim.
Dopo una fase di dissidio concettuale, che li aveva allontanati, Brindisi richiamò la Vigo e, con lei, cercò un punto d’incontro tra le scale a volute e le piastrellature a maglia rettangolare. Inserti di vetro, da lei definiti cronotopi, per sottolinearne un’azione temporale, oltre che spaziale, liberavano la componente luminosa, creando separazioni e raccordi utili alla fusione delle forme.
Le coordinate principali del percorso ideativo di Nanda Vigo sono sempre stati lo spazio e la luce. Per lei, la luce non doveva essere solo un’attrice protagonista sulle scenografie dello spazio, ma un’accompagnatrice del percorso umano dei fruitori degli interni.
I percorsi di luce di Nanda Vigo – mostre e premi
Nanda Vigo ha partecipato alla Triennale di Milano nel 1964 e, nuovamente, nel 1973. È stata ospite alla quarantesima Biennale di Venezia nel 1982 e, nel 1997, ha curato la mostra “Milano et Mitologia”, dedicata a Piero Manzoni, che era stato anche suo compagno.
Nel 1971, ha ricevuto il New York Award for Industrial Design per la lampada da terra Golden Gate, disegnata per Arredoluce l’anno prima.
La lampada Golden Gate
Era un’elegante lama d’acciaio luminosa, sostenuta da un contrappeso e fornita di una sorgente al neon, poi evolutasi in una striscia a led. È stata recentemente celebrata anche al MAXXI di Roma.
Nell’anno successivo, la Vigo ha ricevuto, a Torino, il Primo Premio Bolaffi per il Design. Nel 1976, le hanno conferito, a Milano, il Primo Premio Saint Gobain per il design del vetro.
Nel 2001, le è stato assegnato il Compasso D’oro per le mensole Light/Light. A Londra, nel 2008, ha ricevuto il prestigioso Award Wallpaper.
Le opere di Nanda Vigo sono state più volte ospitate da musei di fama mondiale; solo per citarne alcuni: il Guggenheim di New York, il Martin Gropius – Bau di Berlino, il MAMM (Multimedia Art Museum di Mosca), il Vitra Design Museum, il K11 di Shanghai e Palazzo Reale, a Milano.
Ci ha lasciati nel maggio del 2020, consegnando il suo percorso creativo alla storia e alla cultura collettiva.
©Villegiardini. Riproduzione riservata
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