I nomi delle piante, apparentemente semplici etichette, sono in realtà chiavi per aprire un mondo di conoscenza e storia ma soprattutto interazioni e relazioni biologiche.
È un argomento complesso che ha in è una sorta di codifica che risiede nel modo in cui scrivere i nomi ed è una sorta di linguaggio universale. Fornisce, infatti, immediate indicazioni su che tipo di pianta si abbia davanti a sé. Qui si proverà a rendere fruibili partendo proprio da questo assunto: il nome di genere (epiteto generico) e di specie (epiteto specifico) sono sempre di derivazione latina e si scrivono in corsivo. Il nome di genere sempre maiuscolo mentre quello di specie in minuscolo. Inoltre, le piante possono incrociarsi spontaneamente, dando vita alle varietà.
Quando però a seguire il nome di genere e specie si indica, invece, un nome moderno fra virgolette semplici o apici, significa che ci si trova di fronte a un ibrido, cioè una cultivar prodotta dall’uomo.
Ecco quindi un esempio pratico: alla luce di quanto appena esposto, se si legge Viburnum tinus ‘Lisa Rose’, immediatamente si può riconoscere il genere (Viburnum), la specie (tinus) e la cultivar (‘Lisa Rose’). Per saperne e capirne di più, nei paragrafi qui di seguito gli approfondimenti quanto più semplificati.

Le origini e l’avvento del latino: un linguaggio universale per la scienza
Prima dell’avvento di un sistema di nomenclatura scientifica standardizzato, le piante erano identificate attraverso nomi comuni, spesso basati su caratteristiche fisiche, usi locali o tradizioni popolari. Gli erbari del primo millennio sono infatti ricchi di disegni e di particolareggiate descrizioni. Questo approccio, sebbene ricco di storia e folklore, presentava notevoli problemi. I nomi delle piante comuni, o più precisamente i nomi volgari, variavano da regione a regione, da provincia a provincia, da lingua a lingua, e persino tra dialetti, portando a incomprensioni tra scienziati e studiosi.

La soluzione a questo caos nomenclaturale arrivò grazie al genio di Carl von Linné o Carl Linnaeus (Carlo Linneo in italiano), un naturalista svedese del XVIII secolo. Linneo, considerato il padre della tassonomia moderna, propose un sistema di nomenclatura binomiale, che assegnava a ogni pianta un nome scientifico in latino, composto da due parti: il genere e la specie. La prima edizione del suo fondamentale lavoro, uscì nel 1735.

La divisione in generi e specie: la base della classificazione
Il sistema di Linneo si basava sull’osservazione delle caratteristiche morfologiche delle piante, in particolare degli organi riproduttivi (fiori, frutti, semi). Il genere raggruppa specie con caratteristiche simili, riflettendo una parentela evolutiva più stretta. La specie rappresenta l’unità fondamentale della classificazione, definita come un gruppo di organismi in grado di incrociarsi tra loro e produrre prole fertile.

Struttura della classificazione e la tassonomia: una sorta di albero della vita
La classificazione botanica moderna è organizzata in una gerarchia di categorie tassonomiche, che riflettono i diversi livelli di relazione tra le piante. Questa gerarchia, simile a un albero genealogico, è composta da:
- Dominio: è la categoria più ampia, che raggruppa tutti gli organismi viventi (ad esempio, Eukaryota, che include piante, animali, funghi e protisti).
- Regno: la divisione del mondo dei viventi scelta da Linneo (esempio, Plantae, il regno delle piante)
- Phylum/Divisione: raggruppa piante con caratteristiche strutturali e evolutive simili. In pratica, è un grande gruppo di piante con un’origine evolutiva comune (ad esempio, Magnoliophyta, le piante con fiori)
- Classe: serve a raggruppare piante che condividono caratteristiche comuni più specifiche rispetto a quelle del phylum, ma meno specifiche rispetto a quelle dell’ordine (tipo, Magnoliopsida, le dicotiledoni)
- Ordine: raggruppa famiglie di piante che condividono caratteristiche evolutive e morfologiche simili, indicando una relazione di parentela (ad es. Rosales, l’ordine delle rose)
- Famiglia: contiene diversi generi che all’interno di una famiglia condividono un antenato comune e mostrano somiglianze significative nelle loro caratteristiche morfologiche, anatomiche, genetiche e fisiologiche (esempio, Rosaceae, la famiglia delle rose e di piante come il melo, il pero e altre ancora che mostrano caratteri simili)
- Genere: un raggruppamento di specie strettamente correlate tra loro, che condividono caratteristiche simili e presumibilmente hanno antenati comuni anche recenti (esempio, Rosa)
- Specie: in uno stesso genere (ad esempio la Rosa) è ciò che distingue una pianta da un’altra all’interno di uno stesso genere, (esempio, canina)
Ogni livello della gerarchia riflette un grado di parentela più o meno stretto. All’interno di ogni specie, possono esserci anche sottospecie e varietà.

Cultivar, specie e varietà: quali differenze e come identificarle nella nomenclatura?
Una cultivar (parola derivata dalla contrazione dei termini inglesi cultivated variety, tradotto varietà coltivata), è una pianta ibrida che è stata selezionata e propagata dall’uomo per miglioramenti delle caratteristiche specifiche e desiderabili, come il colore dei fiori, la forma dei frutti, la resistenza alle malattie, tempo di fioritura o la resa. Il nome di una cultivar si scrive dopo il nome scientifico della specie (che segue le regole della nomenclatura binomiale, con genere e specie in corsivo) e permette di distinguere chiaramente una cultivar da altre cultivar della stessa specie e dalla specie stessa. Si distingue da quest’ultima nel seguente modo:
- il nome della cultivar è scritto con la prima lettera maiuscola di ogni sostantivo e racchiuso tra virgolette semplici o apici (‘);
- non è mai in corsivo;
- può essere accompagnato dall’abbreviazione cv.
Quindi, riassumendo: specie e varietà, come pure forma, sono termini riferiti a un gruppo di organismi naturali che possono incrociarsi tra loro e produrre prole fertile. Una cultivar, invece, è un ibrido creata e mantenuto solo dall’uomo.

Pubblicato/prodotto originariamente in Italia (Padova).
Conservato e digitalizzato dalla British Library – Foto [British Library, Licenza CC0, Wikimedia Commons]
Da dove originano i nomi delle piante?
I nomi scientifici delle piante hanno pressoché sempre un significato, derivando da diverse fonti:
- Descrivono delle caratteristiche: molti nomi derivano dalla descrizione di aspetti morfologici (es., alba per bianco, longifolia per foglie lunghe), proprietà chimiche o habitat.
- Hanno riferimenti geografici: alcune piante prendono il nome dalla loro regione di origine (ad esempio, japonica per giapponese).
- Omaggiano scienziati e personaggi storici: molti nomi di piante onorano botanici, naturalisti o personalità illustri (come Linnaea borealis, dedicata a Linneo, giusto per fare un nome).
- I nomi sono riferiti ai loro usi e proprietà: alcune piante prendono il nome dalle loro proprietà medicinali, culinarie o industriali (esempio, officinalis indica piante con proprietà medicinali).
- Nondimeno richiamano mitologia e folklore: alcuni nomi si rifanno a leggende e miti antichi (come Narcissus).

Perchè è importante conoscere i nomi delle piante
Conoscere i nomi delle piante è fondamentale per diversi motivi:
- Comunicazione universale: i nomi scientifici garantiscono una comunicazione precisa e senza ambiguità tra scienziati di tutto il mondo, superando le barriere linguistiche e culturali.
- Identificazione accurata: i nomi scientifici permettono di identificare con precisione una pianta, evitando confusione con altre specie simili.
- Ricerca e studio: la nomenclatura scientifica è essenziale per la ricerca botanica, la farmacologia, l’agricoltura, la conservazione della biodiversità e molte altre discipline.
- Conservazione e gestione delle risorse: la conoscenza dei nomi delle piante è cruciale per la protezione delle specie a rischio, la gestione sostenibile delle risorse naturali e la conservazione degli ecosistemi.
- Valorizzazione della biodiversità: conoscere i nomi delle piante e le loro relazioni aiuta a comprendere la ricchezza e la complessità del mondo vegetale, stimolando l’interesse e la curiosità per la natura.

La rivoluzione molecolare: come il DNA sta cambiando la nomenclatura
La ricerca molecolare, in particolare l’analisi del DNA, sta rivoluzionando la tassonomia botanica. L’integrazione dei dati molecolari con i dati morfologici e fisiologici sta portando a una classificazione più accurata e completa delle piante, che riflette la loro vera storia evolutiva. Questo processo di revisione e aggiornamento è continuo, poiché nuove scoperte e tecnologie aprono nuove prospettive sulla comprensione del mondo vegetale.
L’analisi del DNA permette di:
- Rafforzare le relazioni filogenetiche: confrontando le sequenze di DNA, è possibile ricostruire la storia evolutiva delle piante e determinare le loro relazioni di parentela con maggiore precisione.
- Risolvere dubbi tassonomici: l’analisi del DNA può aiutare a chiarire i confini tra specie, generi e famiglie, risolvendo controversie e identificando nuove specie.
- Rivedere la classificazione tradizionale: le analisi genetiche possono portare a rivedere la classificazione tradizionale basata sulla morfologia, spostando specie o gruppi di piante in posizioni tassonomiche più accurate.
- Comprendere l’evoluzione delle piante: l’analisi del DNA permette di studiare l’evoluzione delle piante, identificando eventi di speciazione, ibridazione e adattamento.

I nomi delle piante: conoscere per comprendere e proteggere
I nomi delle piante sono finestre sulla storia, la scienza e l’evoluzione del mondo vegetale. Conoscere i nomi delle piante è un’opportunità per approfondire la nostra comprensione della natura, per apprezzare la biodiversità e per contribuire alla sua conservazione. L’avvento della ricerca molecolare ha inaugurato una nuova era nella tassonomia botanica, che continua a evolversi e a rivelare nuovi segreti sul mondo affascinante delle piante.
Ivana Fabris
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