Anche a questo giro ci siamo ricascati e continuiamo a farlo. Ogni volta, ogni periodo, ogni stagione ha la sua cosiddetta e presunta novità. Quindi, oltre ai 7 peccati capitali (e qui altri 7 probabili capitoli) il giardiniere, inteso come chiunque operi in giardino, appassionato o professionista che sia), soffre anche di memoria corta.
I peccati capitali che tutti noi ci portiamo dentro
La mia carriera nel mondo del vivaismo e del giardinaggio prende forma già da bambino verso la fine degli anni ’70, per cui potrei prendere, come osservazione diretta ad esempio, da quel periodo ad oggi. Ma se studio il passato attraverso i libri di giardinaggio mi rendo conto che la storia si ripete. Alla fine mi piace anche pensare, essendo un forte sostenitore del passato genetico che ci portiamo dentro, che anche nell’antica Grecia o nell’antica Roma, nel limite delle possibilità e delle conoscenze, ci siano stati “giardinieri” che si sono fatti abbindolare dai propri peccati capitali nei confronti delle piante e abbiano, di conseguenza, miseramente fallito.
Quando le piante hanno valore nel giardino
Dai Giardini rocciosi, alle siepi di Pyracantha e Prunus lauroceraso prima, di x Cupressuscyparis leilandii (e abituiamoci a chiamarli con il loro benedetto nome) poi, per arrivare alla Photinia, dai cedri piantati a 3 metri uno dall’altro passando poi per la Catambra fina ad arrivare alle piante erbacee, al Giardino “arido” fino al prato miracoloso senza acqua a base di Lippia nodiflora.
Guardate bene che la critica NON è alle piante, bensì all’utilizzo che ne facciamo secondo la moda del momento. Le piante funzionano, gli “stili” funzionano, è l’abuso che ne fa il giardiniere (e ribadisco che per giardiniere comprendo tutti coloro che ne fanno un lavoro o una passione personale e individuale perché hanno un piccolo pezzo di terra) che sminuisce e scredita la Natura e le sue potenzialità.
Quindi sì, è proprio della Lippia nodiflora che voglio parlare ma più precisamente del miraggio di cui disgraziatamente è stata ed è tutt’ora protagonista inconsapevole. Il prato alternativo, pochissima acqua, verdissimo, fioritissimo la soluzione unica e indiscussa, “Ammirate!! Accorrete!!! ma soprattutto Comprate!!”
I peccati che commettiamo, la natura ce li fa scontare con gli interessi
Si potrebbe paragonare il giardinaggio moderno ai venditori ambulanti di amuleti e rimedi miracolosi che, dal Medio Evo e forse anche prima, sono arrivati ad oggi cercando sempre nuovi mercati, di chi si arricchisce sfruttando la non conoscenza e la disponibilità a voler credere alla soluzione definitiva nonché miracolistica, delle persone.
Fortunatamente la Natura è maestra e immancabilmente ci presenta sempre il conto, salato, della nostra Superbia, della nostra Lussuria, dell’Invidia…tutti i sette peccati capitali che applicati al giardinaggio calzano, o meglio, ci rappresentano a pennello.
Lippia e Achillea, due piante in giardino a bassa richiesta idrica
C’è ultimamente la corsa alla ricerca spasmodica del sostenibile, del risparmio idrico ed è su questa onda che si è cavalcata la moda attualissima del prato di Lippia, senza dimenticare l’Achillea crithmifolia e la Verbena hybrida che la accompagnano in questo viaggio.
L’entusiasmo e la corsa frenetica con paraocchi e paraorecchie sta cominciando a far pagare il suo prezzo.
Si cominciano a leggere sui blog (purtroppo a volte mi capita di guardarci dentro e costantemente tutte le volte di rimanere inorridito prima per poi, commettendo peccato di superbia, quasi di compiacermi dei fallimenti giardinieristici altrui causati dalle castronerie puramente commerciali contrabbandate per verità, come se invece, a volte, anche io non ne fossi vittima) di problemi sui tanto perfetti e miracolosi prati a bassa esigenza idrica.
La comunicazione e il giardino
Diradamenti, attacchi fungini, “infestazioni” da parte di “erbacce”, scarsi risultati. Questi sono gli effetti delle soluzioni spacciate per miracolose. Ma la colpa di chi è? Della Lippia??
No, la colpa è del messaggio, della comunicazione, dell’arroganza, della poca consapevolezza, della non conoscenza e della nostra memoria corta e soprattutto della capacità di non chiedersi mai dove abbiamo sbagliato. La verità è che la responsabilità è di quella parte dell’essere giardiniere che è in ognuno noi, quella che se non viene messa in discussione, controllata e gestita, invece di fare del rispetto della natura e dell’umiltà necessaria ad approcciarla, il suo obiettivo, finisce col far prevalere solo la mediocrità.
Le piante sono essere viventi e hanno delle criticità di cui noi dobbiamo tenere conto
La Lippia nodiflora ha delle potenzialità e delle capacità di adattamento enormi ma non fa i miracoli. La Lippia nodiflora non è un oggetto ma una pianta che cresce e non fa i miracoli. Ecco! La nostra percezione del giardino e delle piante è proprio questa, ossia di percepire le piante tutte, come oggetti che però hanno la caratteristica che possono crescere e non comprendiamo invece che sono ESSERI VIVI e VIVENTI veri e propri che hanno determinate esigenze, a volte pretese per poter vivere al meglio. La Lippia nodiflora fallisce nel momento in cui, noi, arroganti giardinieri pretendiamo da lei ciò che lei non può darci. La costringiamo in suoli e situazioni climatiche che le rendono la vita difficile, se non impossibile, salvo poi dire che la colpa è la sua e finiamo col gridare all’inganno e alla fregatura.
L’autocritica aiuta a concentrarsi sul problema vero
Dovremmo mettere invece in discussione noi stessi e fare autocritica, noi che per l’ennesima volta abbiamo assecondato i nostri vizi capitali, sempre gli stessi: che non ci siamo informati a sufficienza, che ci siamo fidati degli slogan. Ci siamo dimenticati del perché avevamo già subito dei fallimenti in giardino, ma soprattutto che ci siamo dimenticati di rispettare la vita delle piante, che ci siamo dimenticati che le piante hanno dei bisogni esattamente come noi, perché hanno vita propria. Che ci siamo dimenticati di cosa vuol dire veramente essere un Giardiniere.
Alla fine dovremmo anche provare almeno un po’ di imbarazzo per non dire vergogna, per il nostro comportamento, e anche di questo ci sarà modo di parlerò un’altra volta.
Andrea Iperico
©Villegiardini. Riproduzione riservata
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