Hokusai è stato fin troppo spesso associato soprattutto a uno dei suoi capolavori più iconici, ‘La Grande Onda presso la costa di Kanagawa, una xilografia che fa parte della celebre serie ‘Trentasei vedute del Monte Fuji (Fugaku sanjūrokkei).
Questa stampa, sebbene di dimensioni relativamente contenute, presenta un impianto scenografico straordinario, con una composizione grafica di potente effetto visivo, una brillantezza cromatica senza pari e l’uso innovativo del blu di Prussia, che conferisce una profondità senza precedenti al paesaggio marittimo.

Tuttavia, nonostante l’indiscutibile valore e la fama universale di quest’opera, sarebbe ingiusto e riduttivo circoscrivere la vasta e poliedrica esperienza artistica del Maestro a quest’unico capolavoro. Collegare Hokusai a una sola immagine, dunque, sarebbe come limitare un oceano a una singola onda. La sua produzione, infatti, vanta non solo la rappresentazione di paesaggi, ma ha esplorato con eguale maestria anche il ritratto, l’illustrazione di testi poetici, l’arte di natura erotica, nonché la realizzazione di una manualistica sul disegno.

Katsushika Hokusai
La Grande Onda a Kanagawa, Katsushika Hokusai, 1830-1832 [Katsushika Hokusai, Public Domain, Wikimedia Commons]

Una grande mostra su Katsushika Hokusai, Maestro d’arte

La mostra ospitata presso il Palazzo Blu di Pisa, inaugurata il 24 ottobre 2024 e in programma fino al 23 febbraio 2025, si propone di offrire una visione più ampia e sfaccettata dell’esperienza artistica di Hokusai attraverso un percorso espositivo suddiviso in otto sezioni tematiche. Le opere esposte provengono da importanti istituzioni museali, come il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova e il Museo d’Arte Orientale di Venezia, ma anche da prestigiose collezioni private italiane e giapponesi.

La mostra si apre con la sua produzione più celebre e prolifica: le stampe di vedute di luoghi noti, i meisho 名所, che includono  rappresentazioni di templi, architetture, ponti e cascate, ma si estende agli ehon 絵本, libri illustrati che documentano le prime vie di  collegamento interne del Giappone, come la Tokaidō.

Trentasei vedute del Monte Fuji

Si passa poi alla sezione dedicata alle ‘Trentasei vedute del Monte Fuji‘, una serie paesaggistica composta da quarantasei xilografie realizzate tra il 1830 e il 1834. Hanno come soggetto il celebre monte situato a cavallo del confine tra le prefetture di Shizuoka e Yamanashi. Questa include un’altra immagine diventata iconica dal titolo ‘Giornata limpida con il vento del sud‘ (Gaifū kaisei 凱風快晴), nota anche come ‘Fuji rosso’.

L’opera si distingue per l’uso magistrale della tecnica bokashi, che consiste nell’applicare manualmente una gradazione di inchiostro su un blocco di stampa di legno inumidito, anziché inchiostrare il blocco in modo uniforme, in modo tale da ottenere una variazione di luminosità e di oscurità di uno o più colori. Questo permette all’artista di realizzare ogni stampa come un’opera unica, in cui le gradazioni e la brillantezza delle tonalità emergono con forza, conferendo a ogni pezzo una personalità ben distinta.

Di quest’opera esistono più versioni e ognuna di esse incarna un’anima diversa del Monte Fuji. Si passa da un esemplare di un rosso intenso e ardente a uno di un rosa che si diffonde con dolcezza, come una carezza che sfiora la terra. Esiste anche un’ulteriore versione meno conosciuta in cui il monte prende forma dal blu di Prussia, vibrante e profondo, che sfuma nei bianchi delicati della neve che ricopre la sua cima.

Kajikazawa nella provincia di Kai

Un altro esempio facente parte della medesima serie è ‘Kajikazawa nella provincia di Kai‘ (Kōshū Kajikazawa 甲州石班澤), un aizuri-e 藍摺絵, xilografia stampata interamente o prevalentemente in blu. Rappresenta la fusione dell’uomo e della natura: vicino al punto di confluenza dei fiumi Kamanashikawa e Fuefukigawa, scorre rapido un torrente che crea diverse onde increspate nel suo agire tumultuoso. Un pescatore è in piedi sulla punta di una roccia frastagliata e getta la rete in acqua. Al suo fianco si trova il figlio che invece tiene in mano una cesta. La forma triangolare creata dal posizionamento di questi elementi riecheggia nella sagoma del Monte Fuji sullo sfondo, che si erge come un guardiano immobile, silente eppure vibrante di vita.

Katsushika Hokusai, Kajikazawa nella provincia di Kai, dalla serie delle Trentasei vedute del Monte Fuji, 1831 ca [Io, Sailko, Concessione di licenza CC BY 3.0, via Wikimedia Commons]

I manuali di disegno e guide: Manga

Hokusai, con il nome d’arte di Taito, realizzò una serie di quindici manuali di disegno conosciuti con il termine Manga, pubblicati a partire dal 1814. Questi si distinguevano per la varietà e la praticità: offrivano ai lettori disegni che spaziano dal motivo di fiori e uccelli, noto come kachōga 花 鳥 画, a paesaggi, scene di vita quotidiana, fino ad arrivare a modelli decorativi destinati agli artigiani, come nel caso ‘dell’Illustrazione di mille mestieri‘ (Banshoku zukō 万 職 図 考). Altri manuali includevano invece guide che insegnavano a disegnare velocemente figure di varia natura con un unico tratto, come ad esempio nella ‘Raccolta di disegni rapidi di monti, acqua, fiori e uccelli‘ (Kachō sansui zushiki 花鳥山水図式), realizzata da uno dei suoi pupilli, Katsushika Isai (1821-1880).

Le opere di genere erotico

Accanto a queste opere più tecniche, non mancano nella produzione di Hokusai anche due titoli di genere erotico, o shunga 春画, che riflettono una delle dimensioni più audaci e provocatorie del suo talento artistico. Tra questi, ‘Spasimi d’amore‘ (Kinoe no komatsu 喜能会之故真通), pubblicato in tre volumi nel 1814. É definito da Edmond de Goncourt, scrittore e critico letterario francese del XIX secolo, come una raccolta ricca di un’armonia, una dolcezza e una tenerezza che non si erano mai viste prima in Francia.

Un altro celebre esempio è ‘Pivieri sulle onde‘ (Nami chidori 浪千鳥), un album composto da dodici stampe policrome con aggiunta di colori a mano, che ritrae coppie in atti amorosi, con un’attenzione particolare ai dettagli corporei, ai genitali ben visibili e alle proporzioni volutamente irreali.

Katsushika Hokusai
Shunga di Katsushika Hokusai, 1821 [Katsushika Hokusai, Public Domain, Wikimedia Commons]

La poesia entra nell’arte di Hokusai 

Parte della produzione artistica di Hokusai si sviluppò in un contesto profondamente interconnesso con l’ambiente letterario e poetico del periodo. In tale ambito, non solo si dedicò all’illustrazione di testi poetici, ma integrò elementi letterari nelle sue opere, infondendo nelle immagini riferimenti espliciti a celebri antologie classiche. Il suo lavoro, infatti, è caratterizzato dall’inclusione di versi poetici, tra cui kyōka 狂歌 (“poesia pazza” di carattere giocoso e comico in 31 sillabe) e haikai 俳諧 (poesia breve in 17 sillabe). Già nelle fasi iniziali della sua carriera, si distinse per la sua capacità di rappresentare in modo estremamente sintetico e suggestivo i cosiddetti rokkasen 六歌仙 , i sei poeti immortali giapponesi del IX secolo.

I sei celebri poeti

Un esempio particolarmente significativo della sua maestria nell’interpretare questo tema si trova nella collezione del conte Bardi, conservata presso il Museo d’Arte Orientale di Venezia. Nel dipinto, dal titolo ‘I sei celebri poeti‘ (Rokkasen 六歌仙), Hokusai evidenzia una notevole attenzione al chiaroscuro, una tecnica che, pur trovando la sua origine nella tradizione occidentale, si fonde con il suo stile giapponese, conferendo alle figure dei poeti un sorprendente realismo. L’artista posiziona i sei poeti in un impianto compositivo che prevede la sovrapposizione in piani, in modo da donare all’opera un’illusione di profondità spaziale.

Lo ‘Specchio dei poeti giapponesi e cinesi

Tra il 1833 e il 1834 realizzò due serie di fogli in formato nagaban 長判 verticale (50×20 cm) dal titolo ‘Specchio dei poeti giapponesi e cinesi‘ (Shika shashinkyō 詩 歌 写 真 鏡 ), in cui sono compresi dieci ritratti di quei poeti che segnarono la storia della poesia classica. Queste figure si accompagnano a paesaggi che evocano i loro versi o i loro luoghi d’origine, con composizioni di grande respiro poetico. Queste sfruttano l’ampiezza del formato e la verticalità con una costruzione di piani sovrapposti e l’applicazione della veduta dall’alto chiamata a volo d’uccello.

La Quercia sotto le onde, Namimakashiwa, Katsushika Hokusai, 1821 [Museo Rijks, CC0, via Wikimedia Commons]

Arte e poesia si fondono con i surimono

Il culmine di questa raffinata tradizione, in cui poesia e arte diventano un tutt’uno, si manifestò nella creazione dei surimono 刷り物  (letteralmente “cose stampate”): preziosi biglietti, perlopiù augurali, destinati a celebrare momenti stagionali o eventi particolari come il Capodanno. Si scambiavano anche in altro genere di occasioni: dall’invito a raduni poetici all’annuncio della morte di un poeta, e spesso assolvevano anche la funzione di piccoli calendari. Su di essi, i versi eleganti, scritti con una calligrafia raffinata, si intrecciavano con illustrazioni dai colori vibranti, dove l’oro, l’argento, la polvere di mica e la lacca conferivano una luminosità quasi magica.

Il bianco gofun, ottenuto dalla polverizzazione di conchiglie, sapeva evocare una purezza eterea, mentre le tecniche di goffratura, applicate con la matrice a secco, aggiungevano un ulteriore strato di bellezza, come se la carta stessa si sollevasse, palpabile, per accogliere il verso e l’immagine.

I temi trattati nei surimono abbracciavano una vasta gamma di soggetti, che spaziavano dai più tradizionali, come i raffinati costumi della corte imperiale, ai grandi classici della letteratura giapponese, come il ‘Genji monogatari‘ (源氏物語) di Murasaki Shikibu e ‘Note del guanciale‘ (枕草子) di Sei Shōnagon. Tuttavia, vi erano anche esemplari in cui i protagonisti erano rappresentanti del mondo europeo come gli olandesi oppure le celebri bijin 美人, donne di straordinaria bellezza, la cui grazia lasciava senza fiato. Non mancavano, infine, raffigurazioni di oggetti quotidiani come accessori per la scrittura, strumenti musicali, libri, giochi e una miriade di altri elementi, che, pur rientrando nella sfera dell’intimità e della cultura alta, erano spesso considerati inopportuni per essere rappresentati nelle tradizionali stampe commerciali.

Murasaki Shikibu compone Genji Monogatari (Racconto di Genji) di Tosa Mitsuoki (1617-1691). [Tosa Mitsuoki (1617 – 1691), Pubblico Dominio, Wikimedia Commons]

L’arrivo dell’Impressionismo e la nascita del giapponismo

La seconda metà del XIX secolo segna un periodo cruciale nella storia dell’arte europea, in cui si affermano le avanguardie artistiche che rompono con l’accademismo tradizionale. Questo movimento coinvolge non solo pittori, ma anche decoratori, artigiani, incisori e produttori di ceramiche e tessuti, tutti uniti dalla necessità di un cambiamento radicale nello stile e nei processi creativi.

In questo contesto nasce l’Impressionismo, un movimento che trae ispirazione da personalità come Édouard Manet, Claude Monet, Edgar Degas, James Abbott McNeill Whistler, seguiti da artisti di seconda generazione come Vincent van Gogh, Henri de Toulouse-Lautrec, Paul Signac e Paul Gauguin.

Una delle principali influenze di questo periodo è la scoperta dell’arte giapponese, che diventa una fonte di ispirazione per molti artisti. Le stampe policrome dell’ukiyo-e, in particolare quelle di Hokusai, suscitano un entusiasmo senza precedenti. I pittori europei, ammirando la sua maestria, iniziano a incorporare elementi della tradizione nipponica nelle loro opere, apprezzandone la genialità compositiva e stilistica.

La straordinaria innovazione estetica di Hokusai, con le sue raffinate composizioni e l’originalità delle posture e delle espressioni, ebbe un’influenza tale da portare alla nascita del giapponismo, un movimento di gusto che tra il 1860 e il 1910 affascinò tanto gli artisti quanto gli artigiani dell’epoca.

La cortigiana, Vincent Van Gogh, 1887, olio su tela [Vincent Van Gogh, Public Domain, Wikimedia Commons]

Hokusai ancora oggi ispira artisti contemporanei

Oggi, come in passato, l’eco di Hokusai risuona attraverso i secoli, continuando a ispirare l’immaginazione di artisti come Yoshitomo Nara (1959), figura di punta della pop-art contemporanea giapponese. Per la sua serie ukiyo-e, sceglie le ‘Trentasei vedute del Monte Fuji’ per offrire una rielaborazione personale e singolare di uno dei capolavori di Hokusai. Su quei paesaggi iconici, segnati dall’intima serenità e dalla maestosità della natura, Nara sovrappone il suo tratto distintivo con l’inserimento di bambine furiose e cagnolini. Così facendo, l’artista non solo spezza l’incanto della tradizione, ma intreccia nuove narrazioni. Rivela, così, attraverso l’ironia e il contrasto, una critica acuta ai mali contemporanei: un grido contro il nucleare e un appello a riflettere sulla fragilità e le dissonanze di una società che, spesso, non sa più riconoscere la sua stessa armonia.
Un’opera che si erge a simbolo di una sensibilità sociale e ambientale che sfida l’indifferenza, invitando alla riflessione e alla cura del nostro fragile mondo.

 

Maurizio Bertoli

© Villegiardini. Riproduzione riservata

Ti potrebbero interessare: