Il Museo d’arte della Svizzera italiana presenta nella sede di Palazzo Reali la mostra Hedi Mertens. La logica dell’intuizione. Il progetto espositivo restituisce al pubblico l’opera e la singolare storia di un’artista che partendo da una profonda conoscenza teorica ha trovato in Ticino le condizioni favorevoli per applicarla e sviluppare la propria arte.
Personalità estremamente versatile, Hedi Mertens (Gossau, 1893-Carona, 1982) segue una formazione pittorica classica, ma inizia a dipingere con costanza soltanto negli anni Sessanta, in età ormai avanzata, dopo un percorso di vita ricco di esperienze ed incontri eccezionali in Svizzera e all’estero. Ciò nonostante riesce a sviluppare, in poco più di vent’anni, un corpus di opere di straordinaria intensità, da cui si sprigiona tutta l’energia e la forza di un lavoro giovanile. Nella sua ricerca Mertens abbraccia i principi dell’arte costruttivo-concreta svizzera, rispetto alla quale il suo lavoro si può considerare una “variante poetica”.
Attraverso una selezione di oltre 30 dipinti che coprono l’intero arco di produzione di Hedi Mertens dai primi anni Sessanta fino alla fine degli anni Settanta, l’esposizione al MASI ripercorre le diverse fasi e lo sviluppo dell’opera di quest’artista ancora poco nota al grande pubblico. Le analisi e le teorie compositive assimilate da Mertens grazie all’intenso scambio di idee con artisti e intellettuali vicini all’astrattismo e all’arte concreta svizzera sono rievocate in mostra da alcune opere puntuali dei quattro principali rappresentanti dell’arte concreta zurighese: Richard Paul Lohse, Max Bill, Camille Graeser e Verena Loewensberg.
Nella sua ricerca artistica Hedi Mertens riprende e indaga alcuni dei fondamenti dell’astrazione geometrica. Il quadrato, protagonista della sua produzione, le permette nella sua forma assoluta di coniugare la logica di infinite possibilità combinatorie con una certa libertà, che segue la sua intuizione personale. Un approccio che si riflette soprattutto nella scelta dei colori, per cui l’artista rinuncia a schemi rigidi e sceglie piuttosto contrasti e accostamenti cromatici guidati dalla propria sensibilità individuale. Nella fase finale del suo lavoro si riconosce un allontanamento dai modelli assimilati per approdare ad uno stile decisamente più personale. Negli ultimi dipinti è lo sfondo bianco a dominare sugli altri elementi: la tela risulta pervasa da una più profonda spazialità e da un’atmosfera meditativa, una condizione che ben rispecchia il periodo trascorso in Ticino dall’artista.
Nel percorso espositivo sono presentate anche alcune lettere, documenti e testimonianze sulle vicende biografiche dell’artista.
L’esposizione è realizzata in collaborazione con il Museum Haus Konstruktiv di Zurigo, dove verrà presentata nella primavera 2024. In occasione della mostra sarà pubblicato un catalogo bilingue italiano/tedesco edito da MASI Lugano / Museum Haus Konstruktiv / Scheidegger & Spiess / Edizioni Casagrande, con testi di Francesca Benini ed Evelyne Bucher e un saggio di approfondimento di Medea Hoch sull’opera di Hedi Mertens, come pure le immagini di tutte le opere esposte a Lugano e a Zurigo.
Il percorso
“Dipingo quadri simili ai suoi, ma solo in sogno!” (Ich male Bilder den Ihren verwandt aber nur in Traum!) scrive Hedi Mertens nel 1951 a Richard Paul Lohse, artista e teorico, tra i maggiori portavoce e promotori dell’arte concreta. Insieme all’artista Leo Leuppi, un altro importante esponente della scena artistica svizzera, Lohse è assiduo frequentatore del Bünishof, la villa nella periferia zurighese dove Mertens vive con il secondo marito e che negli anni trenta diventa un punto di ritrovo per importanti intellettuali e personalità di spicco dell’epoca, tra cui Carl Gustav Jung ed Hermann Hesse. Gli scambi e le preziose esperienze vissute da Hedi Mertens in questo periodo troveranno espressione nella sua ricerca artistica successiva, influenzata anche dal legame con l’India, nato attraverso il contatto con il santone indiano Shri Meher Baba e il viaggio durato due anni nel subcontinente indiano. Il trasferimento in Ticino nel 1952 – prima a Solduno e poi a Carona vicino a Lugano – risulta condizione ideale per l’ultimo progetto di vita di Mertens che, forse proprio grazie alla tranquillità trovata nel sud della Svizzera, riprende a dipingere nel 1960.
Come emerge dai primi lavori in mostra, realizzati all’inizio degli anni Sessanta, per le sue composizioni Mertens prende le mosse dai metodi sistematici elaborati dagli artisti concreti, che aveva analizzato a fondo. Il quadrato è il soggetto eletto a protagonista di tutte le sue opere, costruite su ordini pittorici spesso regolati da operazioni aritmetiche e geometriche come la divisione, la moltiplicazione, il contrasto, la centratura, la dispersione, la digressione, la progressione, la simmetria, l’intreccio, la rotazione, ecc.
Nei lavori delle fasi iniziali emergono chiare le influenze degli artisti concreti svizzeri, con cui si apre la prima sala della mostra. Ad esempio, l’opera Quadrato costituito da unità colorate, con quattro quadrati uniti a formare un blocco del 1965, evoca la struttura dei dipinti dell’artista Camille Graeser, che compone sulla tela strutture basate sull’equivalenza dei quanti, in cui quadrati di dimensioni diverse sono ordinati in modo da generare una progressione. La serie di opere intitolate Unità quadrilatere uguali è caratterizzata da griglie a unità quadrata e fitti reticolati che richiamano invece le composizioni di Richard Paul Lohse. Le opere concrete di Max Bill sembrano aver influenzato alcuni dipinti come Sequenza diagonale di quadrati con quadrato rosso del 1973, in cui Mertens applica la rotazione della tela di 90 gradi, che diventa così un rombo. Costantemente alla ricerca di nuove soluzioni formali, in quegli stessi anni l’artista sperimenta diversi motivi, come quello del quadrato nel quadrato, che sottintende il principio della cornice all’interno del dipinto, o quello della suddivisione della tela attraverso elementi a “L”.
“Una simbiosi di rigore quadrato e di cromaticità intuitiva” (eine Symbiose von quadratischer Strenge und intuitiver Farbigkeit), così è stata definita la sua opera dalla storica dell’arte Ludmila Vachtová. Al rigore dei sistemi per le sue composizioni basate sulla logica, Hedi Mertens accosta infatti una scelta dei colori più libera, passando da pastelli a toni intensi, da colori primari – integrando il bianco e il nero – a colori mescolati, creando contrasti chiaro-scuro o freddo-caldo che seguono un suo personale senso dei colori.
Avvicinandosi alle opere dell’ultimo periodo, le regole geometriche complesse che caratterizzavano i primi lavori dell’artista giungono a una semplificazione, per risolversi in un linguaggio più lirico e meditativo. Il colore bianco, che nei titoli viene definito dall’artista elemento muto della tela, prende il sopravvento sugli altri elementi: si genera così una spazialità più mistica, in cui le forme sembrano sospese nel campo pittorico e spesso sono raggruppate ai margini della tela (Quattro quadrati nello spazio). La tavolozza si fa più fredda, predilige le tonalità scure luminose e insieme una gamma cromatica opaca che conferisce maggiore solennità alla composizione. Una tensione verso l’armonia e la contemplazione, questa delle ultime opere, che caratterizza la cifra più autonoma della ricerca di Hedi Mertens e rimane come testamento di un’artista ancora troppo poco conosciuta, che con questa mostra si vuole far riscoprire.
Hedi Mertens
La logica dell’intuizione
A cura di Francesca Benini e Arianna Quaglio
2 aprile – 15 ottobre 2023
Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano
Sede Palazzo Reali