Il 4 dicembre 2024 è stata inaugurata al Museo d’Arte Orientale di Torino (MAO) l’esposizione dal titolo “Hanauri: il Giappone dei venditori di fiori attraverso lo sguardo di Linda Fregni Nagler”: un viaggio visivo che si inserisce nel più ampio progetto di riallestimento della galleria giapponese delle collezioni permanenti. Un omaggio a un Giappone lontano raccontato attraverso la rielaborazione e riattivazione da parte dell’artista di fotografie giapponesi della scuola di Yokohama, altresì nota come Yokohama shashin.

Linda Fregni Nagler

Linda Fregni Nagler, fotografa, docente universitaria, ricercatrice e collezionista, viene a conoscenza della scuola di Yokohama grazie al suo professore di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, un momento che segna l’inizio di una fascinazione che non ha mai cessato di crescere. Da quel primo incontro, la sua curiosità artistica si è evoluta in un percorso profondo e costante di ricerca, accompagnato da una conoscenza sempre più ricca e dettagliata del medium fotografico.

La collezione di fotografie tra l’epoca Edo e quella Meiji

La stratificazione di elementi offerta dalle fotografie della Scuola di Yokohama, quali l’illusione di una messinscena, la ripresa delle stampe ukiyo-e, il realismo e la complessità della colorazione a mano, l’hanno portata a iniziare una propria collezione che ora vanta più di duecento esemplari risalenti alla seconda metà dell’Ottocento.

La mostra espone 26 albumine risalenti al periodo a cavallo tra l’epoca Edo e quella Meiji, appartenenti alla collezione Fregni Nagler. Nonché sei grandi stampe ai sali d’argento dipinte a mano dalla stessa artista, che hanno come soggetto gli hanauri, i venditori ambulanti di fiori, che, come delicati messaggeri della natura, s’incuneavano nei punti nevralgici della città, offrendo un frammento di bellezza. Queste figure, immerse in una luce quasi mistica, suscitavano l’interesse e la meraviglia degli stranieri, quei viaggiatori che erano riusciti a giungere su una terra che per secoli li aveva tenuti lontani, sigillata nel suo isolamento.

Un Giappone eterno che rivive nelle memorie

L’operazione compiuta da Nagler consiste nella rielaborazione delle immagini originali tramite un banco ottico, che poi prosegue con una stampa in proiezione, eseguita in camera oscura su carta cotone da trecento grammi, un supporto che consente la stesura di colori all’anilina attraverso un delicato processo di stratificazione.

Il risultato è una serie di opere da cui emerge la meticolosa ricerca dell’artista, nonché la complessità di tecniche vincolate a un breve arco temporale. Tuttavia, ciò che rende le stampe ancor più coinvolgenti è la straordinaria sensibilità che emerge dall’uso sottilmente dosato dei colori, ma anche l’attenzione allo studio dei volti dei venditori ambulanti. Inoltre, le parole stesse di Nagler, nel descrivere il cuore della sua ricerca, offrono un ulteriore strumento per comprendere la profondità e l’emotività che permeano le sue creazioni.

Ogni immagine, intrisa di storia e di una nuova luce, è una finestra su un tempo che non c’è più, ma che continua a vivere nei dettagli, nei volti e nei fiori che parlano di un Giappone eterno.

Maurizio Bertoli

© Villegiardini. Riproduzione riservata

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