Una delle perle del nostro sud – tra tutte le meraviglie che la civiltà della Magna Grecia ci ha lasciato – è la Valle dei Templi, in Sicilia. Straordinaria area archeologica, ricca di templi dorici del periodo ellenico, si apre lì dove un tempo sorgeva l’antica Akragas, antenata dell’odierna Agrigento. All’interno di questo contesto, tra il tempio di Castore e Polluce e quello di Vulcano, sorge una perla nella perla, il magnifico Giardino della Kolymbethra.
Ai tempi della battaglia di Imera, contro i Cartaginesi (480 a.C.), la colonia greca in Sicilia contava circa duecentomila abitanti. La vittoria, nella suddetta battaglia, assicurò, poi, agli abitanti ed ai loro governanti, un cospicuo bottino ed un gran numero di schiavi. Entrambi messi a frutto dal tiranno Terone, che – tra le altre cose – fu responsabile della costruzione di un importante sistema idraulico, per gli sbocchi delle acque della città. L’intero sistema terminava con il bacino della Kolymbethra, ad opera dell’architetto Feace: il bacino, una sorta di grande piscina, raccoglieva le acque dagli ipogei che presero il nome di Acquedotti Feaci. Già intorno a questo nucleo originario, si dispiegava vasta una florida vegetazione.
Ma all’incirca un secolo più tardi l’intera vasca fu interrata e l’area trasformata in zona coltivabile. Ciò fu, ovviamente, reso possibile dalla presenza degli ipogei, convertiti alla funzione di irrigazione per i giardini coltivabili.
È tra il Settecento e l’Ottocento che il Giardino si trasforma in un giardino di agrumi, con una fertile coltivazione di alberi da frutto. Il Novecento, poi, rappresenterà un secolo di abbandono per l’intera area. Fortunatamente, nell’ottobre del 1999, quando non solo il Giardino era diventato una selva di rovi, ma l’intera area della Valle dei Templi risultava minacciata dall’abusivismo, la Regione Sicilia affida tutto il sito al FAI – Fondo Ambiente Italiano – per un periodo di venticinque anni. Inizia così l’operazione di restauro che ha portato al recupero agronomico e paesaggistico del Giardino della Kolymbethra, ed al ripristino dell’antico sistema idraulico.
Oggi, si presentano, dunque, alla vista dello stupefatto visitatore, circa cinque ettari di varietà arboree e paesaggistiche. Per lunghi tratti, si estende chiara la vegetazione tipica della macchia mediterranea. Soprattutto mirto, lentisco, terebinto, fillirea, euforbia e ginestra. Nella parte pianeggiante del fondovalle, invece, si apre lo spazio per il ricco agrumeto, che ha come suoi protagonisti limoni, mandarini e aranci di antiche varietà. Il fascino immenso di questa parte del Giardino della Kolymbethra – e, insieme, la testimonianza del lavoro sopraffine svolto dal FAI – è costituito dal sistema di irrigazione, ripristinato secondo le tecniche tradizionali arabe.
Dove, invece, non arriva l’acqua, crescono gelsi, carrubi, fichi d’india, mandorli ed anche imponenti olivi saraceni.
È così che, con i suoi profumi tipici ed i suoi colori pittoreschi, l’impianto di agrumi della Kolymbertha è a tutti gli effetti, oltre che una coltivazione di agrumi, un vero e proprio giardino, così com’è nella tradizione siciliana: non solo finalità produttiva ma bellezza e piacere visivo ed olfattivo.
Piero Di Cuollo
Via VisitFai