Siamo ad Alassio, in Liguria, lungo quel pezzo di costa che connette, attraverso una serie incredibilmente vera di bellezze naturali, l’Italia alla Francia. Dalla Versilia, passando per il mar Ligure e le Cinque Terre, fino alla Costa Azzurra. Un lembo di terra, dunque, dove la bellezza la fa da padrone.
È proprio su uno dei tanti, magnifici golfi di questa interminabile serie di fiabeschi paesaggi marini – il golfo di Alassio – che si affaccia Villa della Pergola.
Quando Edward Elgar vi soggiornò con la famiglia (dal 1903 al 1904), compose In The South (Alassio), una overture. Guardando verso gli sconfinati orizzonti, che dalla Villa si aprono allo sguardo, non poteva essere altrimenti per il Reale Maestro di Musica inglese. L’apertura poetica per l’anima divenne un’apertura di concerto musicale.
Non stiamo, dunque, parlando solo di un elegante capolavoro architettonico di fine ‘800. Villa Della Pergola è qualcosa di più. Costruita per volontà del gentiluomo e generale scozzese William Montagu Scott McMurdo, la Villa presenta una riconoscibile struttura anglo-indiana. La struttura, cioè, ibridata dagli inglesi, nel corso della loro permanenza – come militari, funzionari, o uomini d’affari – nella loro più fiorente ex colonia. Si capisce, dunque, come possa nascere, in maniera incredibilmente semplice, il sentimento di meraviglia di fronte a tale costruzione. L’incrocio, lo scontro fecondo di culture, stili, ambienti e armonie porta talmente in alto il conflitto – quello positivo, il polémos padre di tutte le cose di Eraclito, per intendersi – da lasciare inevitabilmente a bocca aperta.
Ma questo è solo l’inizio, perché Villa Della Pergola, infatti, è immersa in uno dei più bei parchi d’Italia. Il parco di Villa della Pergola è un singolare esempio di parco anglo-mediterraneo: anche qui, dunque, i codici ed i linguaggi si mescolano, per tenere sempre elevato il livello del conflitto generatore. Il suo progetto parte parallelamente a quello della Villa, quindi sempre per volontà del generale McMurdo e di sua moglie, Lady Susan Sarah Napier.
L’intervento iniziale, avviene su di un preesistente giardino (così come preesistente era la villa, di origine seicentesca), dedicato alla coltivazione a terrazza di agrumi, ulivi e carrubi. Questo impianto viene in parte stravolto, perché arricchito e trasformato da semplice podere agricolo di campagna a parco di piacere, con i primi innesti di piante ornamentali e balaustre in terracotta.
Quando i destini della Villa e del parco si incrociarono con quelli di Sir Walter Hamilton Dalrymple – un baronetto scozzese discendente da un’antica e nobile famiglia lealista di North Berwick – l’aspetto ornamentale venne decisamente esasperato. A partire dal 1900, infatti, furono piantati gli iconici boschetti di cipressi, che oggi sono, appunto, un simbolo per l’intera struttura. Non solo i cipressi ma anche l’imponente eucalipto che campeggia davanti alla Villa e i glicini e le affascinanti rose banskia, che corrono lungo le pergole del parco.
Con il passaggio della proprietà ad uno dei figli di Sir Thomas Hanbury, Daniel, la particella anglo, nella definizione del Parco della Pergola come giardino anglo-mediterraneo, assume una importanza predominante. A lui, infatti, si deve un decisivo arricchimento delle piante già presenti, con l’impianto di esemplari allora quasi sconosciuti in Italia, come le palme washingtonie, dactilifere, canariensis e azzurre, oltre alle cicas messicane, una collezione di cactacee, agavi e aloe. Non solo citazioni angliche, dunque, ma anche un tocco di esotismo.
Dopo l’ascesa, segue un periodo di declino, che inizia con gli anni della seconda guerra mondiale, che portarono – insieme ai tragici eventi da tutti conosciuti – anche la chiusura ed il sequestro della proprietà. La mancanza di cure per diversi anni, portò inevitabilmente grandi parti del giardino ad inselvatichirsi.
Non bastarono le opere di restauro, forse guidate da meno passione rispetto al marito, della vedova di Daniel, Ruth, nel secondo dopoguerra. Così come quelle della famiglia De Martini, alla quale passò la proprietà, nel 1982, alla morte della vedova. Questi ultimi si limitarono, infatti, solo ad alcuni interventi di restauro degli edifici.
Nel 2006, finalmente, una cordata di amici guidata da Silvia e Antonio Ricci, evita alla splendida Villa ed al suo parco di cadere definitivamente in rovina, con un incombente pericolo di speculazione edilizia. Il restauro risolutivo del parco è affidato alla direzione dell’abile architetto Paolo Pejrone ed avviene sotto il segno ambivalente della tradizione (mantenuta) e dell’innovazione (accennata).
Oggi, dunque, il Parco della Villa della Pergola è tornata ad essere la meraviglia botanica del Mediterraneo, che avevano strutturato i Dalrymple e gli Hanbury. La flora accolta dal Parco è variegata, ad essere eufemistici: Pini marittimi, carrubi, ulivi, mandorli, cipressi, cedri del Libano, lecci ed una sorprendente collezione di agrumi sapientemente messi a dimora vicino a piante di eucaliptus, jacaranda, araucarie, strelizie giganti, diksonie, palme, cactacee provenienti da ogni latitudine, fioriture stagionali di tumbergie, spiree, ortensie quercifoglie, oleandri, pelargoni odorosi, bouganville, dature, bignonie, solanum e gelsomini intercettano prepotenti l’attenzione del visitatore.
Unica, invece, la collezione di Agapanti, che vanta oltre 300 specie diverse.
Restano le pergole di rose banskia e i glicini fortemente voluti e amati dagli Hanbury. Il romanticismo degli ambienti è, infine, completato dalle ninfee e i fiori di loto che mostrano il loro rigoglio nei laghetti e nelle fontane, in particolar modo nella grande vasca principale, di raccolta di tutte le acque.
Piero Di Cuollo