I Giardini della Reggia di Venaria sono parte integrante del progetto iniziato dell’architetto Amedeo di Castellamonte per il duca Carlo Emanuele II di Savoia nel 1658 e proseguito dagli architetti Michelangelo Garove, Filippo Juvarra e Benedetto Alfieri nel corso del secolo successivo. Dapprima concepiti secondo i canoni del giardino all’italiana, in seguito all’evoluzione del gusto e all’aumentato potere dei Savoia furono quasi interamente ridisegnati sul modello del giardino francese, iniziato da André Le Nôtre con Vaux-le-Vicomte e Versailles, per rappresentare la magnificenza dei committenti. I giardini subirono poi nuove trasformazioni legate nell’800 al nuovo utilizzo militare dell’intero complesso fino a un lento e completo abbandono nel 900. La natura fu libera di esprimersi e di appropriarsi del luogo fino al 1997, quando fu avviato il progetto di restauro dell’intero complesso. I giardini, ricostruiti sulla base delle tracce lasciate dalla sovrapposizioni della storia e dei documenti ritrovati e inaugurati nel 2007, dopo quindici anni sono cresciuti e si mostrano compiuti, in un dialogo continuo con la Reggia di cui sono il completamento. Nella loro attuale conformazione rappresentano così un legame tra storia e contemporaneità. Le innovazioni progettuali introdotte hanno privilegiato la loro fruibilità durante tutto l’anno: nei giardini della Venaria Reale c’è sempre qualche fioritura da ammirare, uno spettacolo naturale in continua evoluzione che permane anche quando la neve ammanta i giardini e si posa delicatamente sulle architetture, sulle forme delle piante e sulle sculture di artisti antichi e contemporanei.

Il giardino muta nel corso delle stagioni, tutto è in continua evoluzione, si sviluppa, cresce, si quieta, si riaccende, alcune volte tace. Il disegno in sé, le rette che si intersecano, le simmetrie, le forme geometriche, le linee sinuose si apprezzano soprattutto in inverno, quando non si è più distratti dall’esuberanza dei colori. Attualmente la superficie occupata è pari a circa cinquantacinque ettari (degli oltre ottanta totali), suddivisa in tre macro aree, a loro volta ulteriormente ripartite e attraversate da lunghi viali alberati, le Allee, veri e propri cannocchiali visivi: i giardini lungo l’Asse Centrale, il Parco Alto, il Parco Basso con il Potager Royal. A guardarli dall’alto, i giardini sembrano una enorme matrice in cui una o più celle compongono i singoli episodi: tutto è proporzionato o simmetrico e si incastra alla perfezione. L’Asse Centrale, ideato nel 600, si sviluppa da est verso ovest e parte dal borgo di Venaria, attraversa il palazzo proprio nel suo fulcro, la Sala di Diana, e si estende lungo i giardini portando lo sguardo lontano. Nella parte immediatamente prospiciente il castello, esattamente all’esterno della Sala di Diana, il Giardino a Fiori si articola in quattro aiuole rettangolari, contornate da una doppia siepe di bosso che ospita al suo interno piante annuali che fioriscono ininterrottamente dalla primavera all’autunno inoltrato e arbusti di taglia media a fioritura estiva a movimentare lo spazio. Al centro di ogni aiuola ne è inserita una ulteriore con erbacee perenni e graminacee dal portamento morbido, in grado di stemperare il rigore del disegno dell’area. L’Asse Centrale prosegue, con un salto di quota verso il basso, con il canale di Ercole, una lunga vasca d’acqua (circa 740 m x 8), che parte dal Teatro d’Acque della Fontana di Ercole, recentemente restaurata e vero passaggio di quota funzionale poiché il suo muro di sostegno sorregge il giardino soprastante, e culmina con i resti del tempio di Diana, voluto da Castellamonte ma abbattuto da Garove per consentire allo sguardo di spaziare verso la vastità del panorama naturale, i boschi del Parco della Mandria, la catena delle Alpi e oltre, verso l’infinito, secondo i canoni del giardino alla francese del 700. ll canale è formato da più vasche rettangolari in corten in linea e degradanti che ossigenano il grande volume di acqua grazie a piccole cascate che, in aggiunta, producono un piacevole effetto sonoro. 

Accanto alle vestigia del tempio di Diana, poste all’interno di una vasca circolare in diretto collegamento con il canale, si articolano aiuole dal disegno informale con graminacee, principalmente Miscanthus sinensis e Muhlenbergia capillaris, che movimentano questa parte del giardino dall’estate all’autunno fino all’inverno con la loro texture vaporosa, ondeggiando alla minima brezza, e in continuo mutamento di dimensione, colore e consistenza. Esemplari di Acer rubrum, A. monspessulanum, A. buergerianum e A. griseum le circondano e garantiscono lo spettacolo del foliage autunnale ma rimangono attraenti anche nelle altre stagioni per la consistenza e trama di foglie e cortecce e i loro frutti con due ali a forma di elica (disamare). Ai lati del canale, lungo i due viali dell’Allea Centrale, sono stati piantati 410 Acer campestre a ritmare il cammino nei due sensi, aprendo cannocchiali visivi sempre diversi, e siepi di arbusti con una lunga stagione di interesse.Il Parco Alto, situato sullo stesso piano della terrazza su cui si affaccia la Reggia, è la parte più scenografica del giardino e propone una rilettura moderna dell’impianto storico. I suoi spazi originariamente erano altrove: alcuni, ove possibile, sono stati riproposti con fedeltà al disegno originale, altri ne rispettano lo spirito e le proporzioni. La maestosità dei giardini della corte settecentesca rivive nel Gran Parterre e nelle Stanze di Verzura disposti tra la Galleria Grande, la Galleria Alfieriana e la Citroniera, tra le parti più spettacolari del palazzo. In quest’area di stampo squisitamente francese quattro parterre de gazon dalle forme leggermente arabescate e simmetriche e una grande aiuola ellittica finale sono fiancheggiati da una doppia siepe di bosso topiato, punteggiata al suo interno da piramidi di tasso (Taxus baccata) che alzano il piano di osservazione, intervallate da Phormium variegati. Li affiancano su tre lati le Stanze di Verzura, ideate per consentire alle dame di corte di passeggiare o sostare lontane da occhi indiscreti all’ombra delle alte siepi di carpino in forma obbligata. Coleus scutellarioides rossi occupano con il loro volume lo spazio anticamente destinato ai vasi con agrumi all’esterno dei parterre lungo i percorsi. In proporzione con il complesso della Reggia, il Gran Parterre e i Teatri di Verzura si estendono su una superficie di sei ettari e contemplano 18.000 piante di bosso e 5.500 di carpino. All’incontro degli assi ortogonali trova posto l’installazione di Giovanni Anselmo “Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più” composta da sei lastre di granito nero. Oltre una Stanza di Verzura, e parallelamente al Giardino a Fiori, si trova il Giardino delle Rose, decisamente di grande impatto durante la tarda primavera e l’inizio dell’estate. Come sempre è un’area dal disegno rigoroso e nitido e di dimensioni notevoli (circa 15.000 mq): un quadrato con al centro due ellissi concentriche, la maggiore della quali forma quattro archi perimetrali in cui sono piantate 2.000 Rosa ‘Marie Pavié’, una polyantha di raffinata bellezza, grazie ai sui piccoli fiori profumati e bianchi con soffuse tonalità rosate, in grappoli aggraziati. Pergole di moderna fattura, lunghe oltre 100 metri, lambiscono due lati del giardino e si sdoppiano su un terzo: su di esse si arrampicano varie Rosa ‘Alberic Barbier’, una rambler a fioritura unica ma di grande fascino, dal delicato sentore di limone e molto generosa, grazie ai fiori di forma globosa color crema che schiarisce in un bianco puro con leggera macchioline rosate se la temperatura notturna si abbassa e foglie tra le più raffinate, verde scuro brillante. La piccola R. ‘Marie Pavié’ rifiorisce a intervalli fino all’autunno.

Sullo stesso asse del Giardino delle Rose, in un gioco di simmetrie, trovano posto due boschetti, di identica superficie, in quella che un tempo era l’area destinata alla caccia delle dame: il Boschetto della Musica e il Boschetto dei Giochi. Sono due quadrati intersecati diagonalmente da viali che formano quattro triangoli delimitati da siepi di tasso in cui si ammirano alberi dalle fioriture delicate o con fogliami con forme e consistenze diverse e tutti con un’appariscente colorazione autunnale. Accanto a questi tre giardini si allunga l’Allea di Terrazza, che, al pari dell’Asse Centrale che corre parallelo alla quota inferiore, porta lo sguardo verso l’infinito. Si compone di alberi di tiglio con alla base un filare di Rosa gallica officinalis, per inebriare di profumi e concorrere con gli altri alberi e arbusti allo spettacolo dei colori autunnali. Il Parco Basso e il Potager Royal sono l’ultima aggiunta ai giardini; concepiti ex novo, si trovano sul lato diametralmente opposto al Parco Alto, alla medesima quota del canale di Ercole. Sotto l’antico muraglione di contenimento della Corte d’Onore si trova la parte più moderna di tutto il parco, grazie alla quale in futuro sarà possibile datare l’intervento di recupero: il Giardino delle Sculture Fluide di Giuseppe Penone, quattordici opere che evocano il dialogo tra uomo e natura, site in grandi spazi quadrati racchiusi su un lato dalle mura e sull’altro da una siepe formale di carpini. Sono fontane, sculture, giochi d’acqua e composizioni botaniche, che si possono anche ammirare dalla terrazza del Giardino a Fiori. Alla base del muraglione castellamontiano, all’interno di sette nicchie restaurate, nel 2019 ha trovato posto un nuovo percorso espositivo, sempre affidato a Giuseppe Penone e denominato Anafora, che guarda verso le grandi opere fluide del 2007, apostrofando e ricordando l’intervento precedente, quasi una riflessione sul trascorrere del tempo. Alle spalle del Giardino delle Sculture Fluide è stata posta una grande vasca d’acqua rettangolare, la Peschiera, in cui la Reggia sovrastante e il cielo si specchiano. In questo spazio apparentemente calmo e tranquillo, la vegetazione è in grado di celebrare l’estate e l’autunno: le ninfee nei cassoni mobili quadrati, i Pennisetum nella bordure lungo il perimetro della vasca, e soprattutto le ortensie disposte nei prati circostanti. Selezionate in base all’epoca di fioritura, tipologia di infiorescenza e colore, una volta terminato l’exploit delle fioriture regalano uno spettacolo struggente in l’autunno quando, in virtù dell’abbassamento delle temperature e di una minore quantità di ore di luce, le infiorescenze si colorano intensamente virando al fucsia e le foglie si tingono di porpora. Alberi di notevole valenza paesaggistica trovano posto in due boschetti situati a una trentina di metri dai lati più corti della vasca. Un grande risalto è dato a Styphnolobium japonicum dall’incantevole fioritura bianca, a Liquidambar styraciflua, le cui foglie in autunno si infiammano di sfumature gialle, rosse, arancio e violetto, e a Morus alba, un richiamo al suo passato ruolo nella bachicoltura.

Parallelamente al canale di Ercole, su una superficie di dieci ettari, il Potager Royal riprende e attualizza la tradizione di destinare un’area della proprietà alla produzione di frutta e ortaggi per rifornire le cucine di palazzo. Questa zona, in origine destinata agli spettacoli, ha una grande valenza estetica e scenografica, un disegno raffinato che si articola in aree di forma quadrata intervallate da grandi viali in cui si trovano ciliegi e peri da fiore, che annunciano in sequenza la primavera, con le loro fioriture rosa e bianche, per poi unirsi coralmente alle altre alberature del parco nella celebrazione dell’autunno. Le zone più disegnate sono i due orti, suddivisi in una pluralità di aiuole geometriche, di varia forma, intersecate da viali che definiscono gli spazi, dove trovano posto piante aromatiche, da fiore e ortaggi coltivati in grandi cassoni rialzati in corten, piante rampicanti e rose su pergole in legno e fontane e vasche d’acqua. Le associazioni cromatiche sono state studiate per potenziare la valenza scenica del luogo, laddove la scelta delle piante orticole è ricaduta sulle tipicità di cui il Piemonte abbonda. Alternati agli orti sono tre frutteti, dove si coltivano 1400 piante, tipiche del Piemonte e interessanti da un punto di vista organolettico, a spalliera e ad alberello. I filari di alberi insistono in aree lasciate a prato, sfalciate alternatamente per garantire la presenza degli insetti utili. Una parte squisitamente ornamentale è il Boschetto delle Curiosità Botaniche, un luogo in continuo divenire per i continui apporti di piante e delimitato sui tre lati da una pergola in legno sui cui si arrampicano specie e cultivar di glicini e movimentato al suo interno o da alberi interessanti per la corteccia o arbusti dalla fioritura incantevole.

 

Elisabetta Pozzetti

©Villegiardini. Riproduzione riservata

Foto © Dario Fusaro