I frammenti del monumento di Gaston de Foix tornano a Castellazzo. Si va, così, a ricostituire l’antico Camerino funebre: uno degli ambienti più significativi e spettacolari del collezionismo Arconati. Questo ambizioso progetto culturale di Fondazione Augusto Rancilio per il recupero del patrimonio storico-artistico di Villa Arconati è stato possibile grazie alla preziosa collaborazione del Castello Sforzesco di Milano, che ha concesso in comodato alla Villa i calchi ottocenteschi in gesso ricavati dalle sculture marmoree del monumento un tempo conservate a Castellazzo.
LA STORIA DEL MONUMENTO FUNEBRE DI GASTON DE FOIX
Il monumento funebre a Gaston de Foix fu realizzato nel primo ventennio del Cinquecento da Agostino Busti detto il Bambaia, all’interno del convento di Santa Marta a Milano, per il nipote del re di Francia Luigi XII, caduto valorosamente nella Battaglia di Ravenna contro la Lega Santa nel 1512. Con l’arrivo degli spagnoli a Milano e la cacciata dei francesi, il monumento non fu mai terminato e ben presto i suoi frammenti divennero il sogno proibito dei collezionisti d’arte, per via della maestria con cui furono realizzati.
Tra le monache di Santa Marta vi erano anche alcune dame Arconati, pertanto non fu certo difficile per la famiglia riuscire ad accaparrarsi in breve tempo i pezzi più prestigiosi, ovvero i sette bassorilievi narrativi che narrano la vicenda in cui perse la vita il giovane Gaston de Foix. L’unico pezzo del monumento a cui le monache non vollero rinunciare fu la statua giacente del condottiero, che fu murata all’interno di una parete del convento, così da non poter essere portata via. Con le soppressioni napoleoniche, però, anche Santa Marta cessò di esistere e la statua passò prima nelle collezioni di Brera e successivamente in quelle del Castello Sforzesco, dove è conservata tutt’ora.
IL CAMERINO DI CASTELLAZZO DAL SEICENTO ALL’ARRIVO DI CANOVA
Dal Seicento all’inizio del Settecento la collezione Arconati si arricchì di diversi pezzi originali in marmo del monumento: oltre ai sette bassorilievi narrativi – incastonati nelle pareti del Camerino – giunsero alla Villa anche alcuni Apostoli e Profeti, lesene, lastre e pilastrini decorativi. La collezione di Castellazzo era divenuta talmente importante che all’inizio dell’Ottocento persino il critico Giuseppe Bossi e lo scultore Antonio Canova giunsero in visita per ammirarla: nel corso della visita Canova rimase talmente impressionato dalla bellezza dei marmi del Bambaia da affermare “Opere di tal natura sono pressoché impossibili ai nostri giorni”.
LA GRANDE MOSTRA DI FINE OTTOCENTO E I GESSI DI CASTELLAZZO
Nel 1872 il Ministero dell’Istruzione Pubblica tentò l’ardito progetto di realizzare una grande mostra in cui si intendeva ricostruire il monumento di Gaston de Foix attraverso calchi in gesso provenienti dalle collezioni pubbliche e private dove i frammenti erano conservati da ormai due secoli. All’epoca, infatti, ancora non ci si era resi conto che l’opera non era mai stata portata a termine.
Il progetto di ricostruzione si presentò da subito arduo, poiché i frammenti erano dispersi in moltissime collezioni private: la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, Palazzo Madama a Torino, il Museo del Prado a Madrid, il Victoria and Albert Museum di Londra solo per citarne alcune. Il formatore Pietro Pierotti fu incaricato di realizzare i calchi per la mostra; si recò, dunque, anche a Castellazzo, dove riuscì nell’impresa quasi impossibile di realizzare i calchi di tutti i pezzi, compresi i bassorilievi incastonati nelle pareti del Camerino.
Fu probabilmente in quell’occasione che la ricca collezione passata alla proprietà della marchesina Luisa Busca, che all’epoca aveva solo diciassette anni, si arricchì di calchi in gesso – realizzati forse dallo stesso Pierotti – che intendevano completare l’allestimento del Camerino. L’allestimento più recente, che raccoglieva sia i pezzi originali in marmo che le copie in gesso, è documentato in una fotografia del secondo Ottocento: un documento dal grande valore storico e assai importante per la ricostruzione dell’ambiente.
Negli anni ‘90 del Novecento, quando il patrimonio storico artistico del Castellazzo fu messo all’asta, il Comune di Milano acquistò tutti i pezzi originali in marmo, che sono oggi esposti presso la Sala degli Scarlioni del Castello Sforzesco. Le copie in gesso realizzate per la grande mostra di fine Ottocento, invece, furono conservate a Brera e successivamente confluirono nei depositi del Castello Sforzesco di Milano.
IL PROGETTO DI RICOSTRUZIONE DEL CAMERINO DI CASTELLAZZO IN COLLABORAZIONE CON IL CASTELLO SFORZESCO
«Il progetto di ricostruzione del Camerino di Castellazzo attraverso i gessi ottocenteschi è nato come un sogno ad occhi aperti» spiega Sonia Corain, Conservatore di Villa Arconati: «abbiamo fatto la richiesta di prestito senza sperarci troppo, e invece abbiamo subito trovato grande entusiasmo da parte della dottoressa Francesca Tasso, all’epoca Conservatore responsabile delle Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco, che ha portato avanti con i suoi collaboratori l’iter per la concessione del prestito e ha, a tutti gli effetti, permesso che questo sogno diventasse realtà».
Un paziente lavoro di restauro – finanziato da Fondazione Augusto Rancilio – di quasi un anno presso i depositi del Castello Sforzesco ha permesso ai gessi di tornare al loro antico splendore. Parallelamente, alla Villa, sono stati restaurati il Camerino e la copia in gesso del Giacente, l’unico pezzo di tutta la collezione di Castellazzo che è rimasto nel luogo originario in seguito alle spoliazioni del Novecento.
Oltre alla statua giacente di Gaston de Foix, a ricostruire l’allestimento del Camerino arrivano dalle collezioni del Castello Sforzesco: i sette bassorilievi narrativi che illustrano le vicende che portarono alla morte del condottiero, due lesene a trofei, sei pilastrini decorativi, due lastre, una statua di Virtù e dodici tra Apostoli e Profeti, per un totale di 30 pezzi anticamente conservati a Castellazzo.
Viene, così, a ricomporsi un piccolo scrigno di meraviglie che per secoli ha affascinato per la sua pregiata, quanto ardita, fattura. Si rinsalda, inoltre, un doppio filo culturale con le collezioni del Castello Sforzesco: da domenica 17 settembre i Visitatori potranno finalmente rivedere il Camerino di Villa Arconati così come si presentava anticamente, attraverso i calchi in gesso realizzati a fine Ottocento, e potranno ammirare al Castello Sforzesco gli originali in marmo che un tempo erano a Castellazzo.
«Il recupero della memoria storica del Castellazzo è un progetto tanto stimolante quanto, spesso, complicato. Finora siamo riusciti a ritrovare incisioni e fotografie storiche che mostrano un’istantanea di ciò che questo luogo fu in un passato glorioso, ma inesorabilmente perduto. Veder “tornare a casa” alcuni tra i pezzi più importanti e prestigiosi della collezione di Villa Arconati scalda il cuore e ci dà la speranza che, magari, non sia un episodio isolato.
Desidero esprimere il mio più vivo ringraziamento ad Antonella Ranaldi, che – negli anni in cui è stata Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano – ha seguito con professionalità e passione l’intero processo di restauro e riconversione culturale di Villa Arconati, fornendoci i suoi preziosi consigli riguardo al riallestimento del Camerino di Castellazzo e concedendo l’autorizzazione a questo importante progetto.
Il mio ringraziamento va, poi, al Comune di Milano e al Castello Sforzesco per avere concesso il prestito dei pezzi, e in particolare a tutti coloro che hanno condiviso lo spirito e la sensibilità di questo “ritorno a casa”, spendendosi in prima persona perché questo sogno si realizzasse: Claudio Salsi, già Soprintendente Castello Sforzesco e Direttore Musei Archeologici e Musei Storici Castello Sforzesco; Francesca Tasso, Direttrice Area Musei del Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Storici di Milano; Luca Tosi, Conservatore Pinacoteca e Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco; Fiorella Mattio, Conservatrice Raccolte Arte Applicata del Castello Sforzesco; e Laura Paola Gnaccolini, Funzionario Storico dell’arte Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano, che ha seguito il progetto di restauro realizzato con cura e passione da Marilena Anzani e Alfiero Rabbolini di ACONERRE snc – Arte Conservazione Restauro. Senza la sensibilità, la professionalità e la cura di tutte le persone che hanno collaborato al progetto, questo sogno non si sarebbe mai realizzato». villaarconati-far.it