Galleria Nazionale delle Marche: alla mostra di Barocci capolavori del disegno da tutto il mondo. Dal 20 giugno al 6 ottobre Palazzo Ducale di Urbino accoglierà l’esposizione monografica inserita nel calendario di Pesaro Capitale italiana della cultura, dedicata a uno dei figli più illustri della città, con prestiti eccellenti dai principali musei italiani e internazionali
In occasione della grande mostra monografica “Federico Barocci Urbino. L’emozione della pittura moderna” dal 20 giugno fino al 6 ottobre 2024 nei sontuosi spazi di Palazzo Ducale, a cura di Luigi Gallo (Direttore della Galleria delle Marche) e Anna Maria Ambrosini Massari (Docente di Storia dell’Arte moderna all’Università di Urbino), con Luca Baroni e Giovanni Russo, le sale del palazzo ducale di Urbino accoglieranno una straordinaria selezione dei disegni di Barocci.
Sarà una vera e propria wunderkammer di tesori quella che accoglierà il visitatore nella sezione dedicata alla grafica baroccesca nella mostra di Urbino. Tre sale, di cui due tematiche e una monografica, per indagare l’appassionante rapporto tra Barocci e il disegno, presentato sia in dialogo con le opere pittoriche che come forma espressiva indipendente. Quando muore a Urbino, nell’autunno del 1612, Federico lascia nel suo studio uno straordinario tesoro grafico costituito da diverse migliaia di disegni attentamente raccolti e classificati nel corso di oltre cinquant’anni di carriera. Tra questi, vi è anche un libro di disegni di maestri antichi e moderni e un taccuino di schizzi di Raffaello.
L’erede del pittore, il nipote Ambrogio Barocci, segue i desideri dello zio e, per oltre quarant’anni, tiene unita la raccolta, rifiutando varie proposte di acquisto che gli arrivano da artisti, collezionisti e grandi mecenati (pare che tra questi vi sia anche l’arcivescovo di Milano, Federico Borromeo). È solo alla metà del Seicento che, ormai anziano e senza eredi, Ambrogio si risolve a separarsi dalla collezione: una parte viene ceduta al conte eugubino Francesco Beni, che li porta a Roma e da dove, nel corso del Settecento e Ottocento, arriveranno alle Raccolte Statali di Berlino; un altro nucleo di cinquecento disegni e cartoni di primissima scelta sono acquistati dal cardinale fiorentino Leopoldo de’ Medici che, proprio in quegli anni, sta formando il nucleo fondativo dell’attuale Gabinetto dei disegni e Stampe degli Uffizi. Gli altri fogli, ambitissimi da amatori e collezionisti, entrano lentamente nel mercato privato, arrivando nelle maggiori raccolte europee e, da lì, ai gabinetti disegni e stampe dei grandi musei internazionali. Solo una parte del lascito di Barocci, acquistato all’allievo Antonio Viviani, perviene per via ereditaria ai conti Viviani di Urbino e da lì, a inizio Novecento, alle raccolte della Galleria Nazionale delle Marche.
La selezione di opere riunite per la prima volta a Urbino raccoglie il meglio della produzione di Barocci: non solo le celebri teste a pastello, fonte di ispirazione per generazioni di artisti fino al Settecento inoltrato, ma anche gli eleganti bozzetti a olio, i bozzetti per composizione, gli studi di nudo e i cartoni preparatori (tra cui quello, prestato dal Louvre, per la Fuga di Enea da Troia, riunito in sede di mostra al dipinto corrispondente oggi alla Galleria Borghese di Roma).
Oltre a una sala interamente dedicata al disegno, ricca di capolavori prestati, tra gli altri, dalle Collezioni Reali inglesi, dai Musei Statali di Berlino, dalla Collezione Devonshire di Chatsworth, dal Metropolitan Museum of Art di New York, dal Fitzwilliam Museum di Cambridge, dall’Ashmolean Museum di Oxford e dalle Gallerie degli Uffizi, la mostra presenta due nuclei tematici in cui la grafica dialoga con la pittura: quello dedicato al paesaggio e quello focalizzato sull’Officina del disegno. Barocci è infatti, nella seconda metà del Cinquecento, uno degli inventori di un nuovo modo di disegnare il paesaggio. Non solo introduce elementi innovativi come il colore, ma realizza un gruppo di fogli che, essendo slegati dai suoi dipinti, vanno interpretati come opere d’arte indipendenti, anticipatrici del gusto paesaggistico che, dopo Annibale Carracci e l’arrivo dei paesaggisti nordici, pervaderà la Roma del Seicento.
Altrettanto innovativo è l’approccio all’opera d’arte presentato nella sala dedicata all’Officina del disegno, dove alcuni grandi capolavori pittorici come il Seppellimento di Cristo, proveniente dalla Chiesa della Croce di Senigallia, e l’Annunciazione della Pinacoteca Vaticana, sono chiamati a dialogo con i cartoni preparatori e i disegni che hanno permesso all’artista di studiarne la composizione. Progettista meticoloso e, si potrebbe dire, innamorato di ogni risvolto del processo preparatorio, Barocci indaga sulla carta tutti i dettagli del dipinto in corso d’opera: un percorso che procede anche a lavoro finito, quando le forme e i colori della pittura vengono trasformati dallo stesso artista nel linguaggio in bianco e nero dell’incisione ad acquaforte. Una tecnica in cui Barocci è vero pioniere e che viene rappresentata in mostra dal ritorno a Urbino, dopo cinquecento anni di assenza, della lastra in rame della stampa dell’Annunciazione, oggi custodita presso l’Istituto Centrale per la grafica di Roma, ma proveniente dallo studio urbinate dell’artista. gndm.it
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