Tra le vette dell’Engadina, due progetti firmati Francesca Neri Antonello propongono una visione contemporanea dell’abitare la montagna con un’eleganza ispirata alla natura. Uno chalet a La Punt nel quale la presenza del legno è così intensa da rievocare le atmosfere di un bosco magico e dove sentirsi tutt’uno con la natura. L’architettura montana ha sempre avuto un grande fascino, anche se fino a qualche anno fa la si guardava come qualcosa di ‘lontano’. L’esplorazione della natura e delle ragioni del vivere ad alta quota erano questioni di nicchia. È in epoca recente che le montagne sono tornate a essere luoghi dell’abitare e dell’immaginare nuovi (anche se legati indissolubilmente all’antichissimo) modi di vivere.

Chesa Gartmann, un maso storico

In questo rinnovato interesse rientra l’opera di Francesca Neri Antonello che, nel libro Abitare le Alpi curato da Chiara Dal Canto, spiega come la montagna si sia avvicinata alla sua professione con grande naturalezza, attraverso la magia dei paesaggi alpini e lo spirito dei luoghi, la conoscenza del territorio, dei rituali del vivere e dei materiali, tradotti in una progettazione di interni sempre in evoluzione, diventata parte della sua vita. Chesa Gartmann, un maso storico del 600 ristrutturato a La Punt in Engadina, Svizzera, racchiude i principi della sua filosofia progettuale: mantenere un’atmosfera autentica, donando nuova identità, carattere e unicità all’architettura montana. Il duplex conserva i tratti tipici locali, quali la particolare forma del tetto che caratterizza le stalle, le piccole bucature studiate in modo strategico per ricevere la luce nell’arco della giornata e la presenza del legno, ma propone un’inedita narrazione della vita all’interno di uno chalet, con spirito contemporaneo.

Il legno come unica materia

Come racconta l’architetto “è una sorta di labirinto, fatto di un open space, ma anche di ambienti molto intimi. La disposizione tradizionale è sovvertita; la zona notte è su entrambi i livelli, con quinte e divisori di legno che trasformano lo spazio, offrendo punti di vista sempre differenti, dando l’impressione di perdersi, non trovarsi. Tra il legno – elemento dalla presenza importantissima – e i volumi, la sensazione per l’ospite è quella di camuffarsi in un interno-natura, farsi albero”. Il desiderio della committenza era quello di essere circondati di legno e Francesca Neri Antonello ha fatto diventare questa “ossessione” una chiave di lettura per il progetto. “Ho avuto questa visione: dare vita a una stalla raffinata caratterizzata da grande ricerca di materiale di recupero. È un progetto nel quale il legno dice tutto, e dice tutto perché il legno è vivo, quindi è una materia che parla. È forse l’unica materia che parla e quindi ha una forza espressiva incredibile”.

Un mix di vecchi legni con Francesca Neri Antonello

Ed è grazie alla poesia della materia lignea che l’atmosfera intensa dell’interno, nonostante la prevalenza di colori scuri non appare cupa, ma avvolgente. “Il legno, specialmente quello di recupero, ha vissuto, magari in zone diverse; è stato colpito da differenti luci; ha trame e profondità che lo rendono vibrante; è vivo, appunto. Questo fa sì che non risulti mai piatto, opaco, ma caldo e in qualche modo sempre luminoso. Attraverso una grande ricerca e sperimentazione ho cercato di far esprimere la materia, quindi forse, alla fine, il merito della riuscita del progetto è tutto del legno”. Tra gli elementi scenografici che caratterizzano il progetto e dimostrano questa sensibilità, c’è un puzzle di vecchi legni che riveste la parete che fa da sfondo alla scala. Risultato di uno studio compositivo fatto dall’architetto su un’impalcatura stesa a terra, come fosse un’opera d’arte, il mosaico è frutto di un lavoro sartoriale di scelta e accostamento di elementi, pezzo per pezzo.

Un layout nuovo per questo chalet

Nel nuovo layout anche la scala girata rispetto all’originale non è più solo elemento di accesso al piano superiore, ma elemento scultoreo protagonista del progetto. Disegnata in netto contrasto con il mood rustico, ha gradini in acciaio riflettente che fanno a meno del parapetto. Un volume in legno al centro del living suddivide lo spazio e contiene un camino dalla bocca in acciaio bronzato, discreto, di dimensioni contenute, simbolo di intimità. Come avviene negli spazi comuni, anche in quelli più privati il legno è protagonista, accostato alla pietra. Dal bagno padronale che, simile a una grotta naturale, ha vasca, pareti e doccia rivestite di Onsernone, un granito locale, alla cucina-sala da pranzo che si raccoglie intorno a un grande tavolo.

Le camere da letto al primo piano. Foto di Max Zambelli.

L’interior design, studiato ad hoc

“La cliente si era innamorata di un lunghissimo asse di legno. Così ho deciso di dare vita a un tavolo di più di cinque metri di lunghezza, con un piano diviso in due porzioni: in legno massello naturale lasciato nella sua forma irregolare e in granito Onsernone a spacco, ricavato da un unico blocco”. Come il tavolo, anche i piani di lavoro della cucina in granito Onsernone mantengono l’irregolarità del blocco d’origine. “I proprietari, attivi nel campo della moda, hanno voluto che ogni dettaglio fosse curato, quindi, anche l’arredo è stato interamente disegnato su misura o concordato. Il divano tracciato sul posto e rivestito con tessuto di Loro Piana, gli interruttori di origine francese, il tappeto di provenienza marocchina. Le lampade vintage, i tessuti a telaio dei cuscini delle camere da letto che hanno un carattere rustico e raffinato in armonia con gli ambienti”.

Testo di Laura Arrighi
©Villegiardini. Riproduzione riservata

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