Inaugurata in occasione della ventottesima edizione di miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Fiera Milano, Abbandonare il locale è la prima grande mostra personale in Italia dedicata a David Horvitz ed è realizzata in collaborazione con BiMDove Bicocca incontra Milano, ambizioso progetto di rigenerazione urbana nel distretto Bicocca che sta trasformando un iconico edificio progettato da Vittorio Gregotti in una work destination all’avanguardia. Eccezionalmente allestita all’interno di un ufficio in disuso all’interno della stessa BiM, la mostra è curata da Nicola Ricciardi, direttore artistico di miart, che ha selezionato insieme a Horvitz oltre 20 opere che ripercorrono altrettanti anni della sua carriera.

Nato a Los Angeles, dove vive e lavora, Horvitz utilizza una disparità di media – dalla fotografia alla performance, dai libri d’artista al suono, dalla gastronomia alla mail art – per riflettere sulla nostra comune idea di distanza tra luoghi, tempi e persone e per testare le possibilità di appropriarsi, indebolire o cancellare queste distanze. Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo, dal New Museum di New York al Palais de Tokyo di Parigi, e sono oggi presenti in alcune delle più prestigiose collezioni museali, dal LACMA di Los Angeles al MoMA di New York.

David Horvitz

Mescolando un approccio site-specific con un’attitudine performativa, e alternando lavori storici con nuove produzioni e oggetti trovati, Abbandonare il locale nasce dalla volontà di dare una forma tangibile all’espressione no time no space, scelta come tema e titolo della nuova edizione di miart per rimarcare la volontà della fiera di allargare sempre di più i propri confini geografici e temporali. La scelta di un ufficio in disuso come luogo dell’esposizione sottolinea inoltre la curiosità e l’interesse da parte sia dell’artista che del curatore per gli spazi liminali e per i temi della transitorietà dell’impermanenza, evidente già dai primi lavori in mostra, come il progetto “Nostalgia” (2019) — in cui le fotografie dell’archivio digitale di Horvitz sono state trasformate in parole prima di venire cancellate definitivamente — o “I imagine I am looking into the eyes of someone looking at my eyes after my death” (2020), un autoritratto in cui l’artista immagina il futuro inafferrabile di una fotografia ed evoca l’impatto inconoscibile che ogni persona ha sulla vita degli altri.

Altri lavori qui presentati provano poi a complicare e sovvertire la nostra idea standardizzata di tempo — come nel caso dell’orologio manipolato di “A clock whose seconds are synchronized with your heartbeat” (2020) o della performance “Evidence of time travel” (2014), per la quale l’artista ha vissuto in Europa regolando la propria vita sul fuso orario della California. Un’altra poetica riflessione sul tema è offerta da “Lullaby for a landscape (Der Mond ist aufgegangen)” (2017), installazione che attraversa metà dello spazio espositivo e che lo spettatore è invitato a suonare, riproducendo una ninnananna ed evocando così il momento in cui ci si sta per addormentare: quando il tempo lineare lentamente si dissolve e immagini e ricordi perdono il loro ordine naturale.

Alcune opere tentano invece di scardinare confini e limiti spaziali, aprendo varchi verso nuove dimensioni. Ne sono un esempio “For Kiyoko” (2017), in cui Horvitz fotografa le stelle che immaginava sua nonna guardasse 75 anni prima dal campo di internamento giapponese in Colorado in cui era stata rinchiusa, oppure l’installazione “The Distance of a Day” (2013), in cui l’artista espone due video realizzati contemporaneamente da lui e da sua madre in California e alle Maldive, uno al sorgere e uno al tramontare del sole nella stessa giornata. Molte sono anche le finestre che si aprono sul futuro del nostro pianeta, come le riflessioni offerte da “Air de LA” (2020) e da “If you keep looking away there will soon be no other place to look” (2024), quest’ultima realizzata appositamente per la mostra, che rendono visibili e tangibili i segni del drammatico aumento di frequenza e intensità dei cambiamenti climatici.

Un ulteriore tema centrale rispetto al progetto è la rilettura dei codici, dell’etica e dell’estetica del luogo di lavoro, attraverso la creazione di immaginari alternativi e possibili vie d’uscita. Ad esempio, le bottigliette di plastica di “Imagined Clouds (Milan)” (2024) possono sembrare, nel contesto in cui si trovano, rifiuti abbandonati dopo una giornata di lavoro, ma offrono in realtà una riflessione sull’acqua come metafora dell’evasione — poiché passa dappertutto, non ha limiti e confini. Gioca invece sui cliché dello stress correlato all’attività lavorativa il progetto “Mood disorder” (2012): un autoscatto realizzato da Horvitz mentre ostenta uno stato di depressione che l’artista ha caricato sulla pagina di Wikipedia dedicata ai disturbi dell’umore (e che, in quanto libera da copyright, è stata per anni riutilizzata da siti di informazione, blog e riviste, circolando al di fuori del suo controllo).

Molte, infine, le opere che Horvitz ha realizzato appositamente per la mostra, come le due insegne neon che aprono e chiudono la mostra — “Abbandonare il locale” (2024) e “Abbandonare il tempo” (2024) — così come i segni dello smantellamento dell’ufficio — fori nei muri, cumuli di macerie, aperture nel soffitto— che sono stati integrati nel progetto finale. A rendere Abbandonare il locale ancora più attinente al luogo in cui ha lentamente preso forma vi è poi il progetto di allestimento e di illuminazione realizzato da SPECIFIC – laboratorio di progettazione e produzione creativa multidisciplinare formato da Patrick Tuttofuoco, Nic Bello, Alessandra Pallotta, Andrea Sala e Stefano D’Amelio – che ha lavorato nello spazio dando nuova vita elementi originali dell’edificio.

La mostra rientra nell’ambito della Milano Art Week (8-14 aprile 2024), la manifestazione coordinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano che riunisce le principali istituzioni pubbliche e fondazioni private della città dedicate all’arte moderna e contemporanea. In occasione della staffetta tra miart e Salone del Mobile 2024, BiM ospita inoltre Salone Calmo. A Showcase of Campeggi Objects, esposizione dei pezzi iconici del brand in dialogo con l’arte e la fotografia, curata da SPECIFIC e da C41. In occasione dei miartalks, sabato 13 aprile alle 10.30 allo Starbucks Reserve™ Roastery Milano di piazza Cordusio 3, David Horvitz sarà in conversazione con SPECIFIC – moderati da Nicola Ricciardi – per Il sole che scende in un ufficio pubblico. E, in occasione dell’apertura delle mostre, sabato 13 aprile dalle 18:30 BiM invita il pubblico all’opening cocktail: un appuntamento tra arte, fotografia e design per visitare il nuovo progetto di rigenerazione urbana nel cuore di Bicocca.

Abbandonare il locale è organizzata in collaborazione con BiM – Dove Bicocca incontra Milano, con il generoso sostegno di ChertLüdde, Berlino e il supporto di Neon-Art, Omega Microfusioni, OSLO FOODS e Variant3D. Si ringraziano per i gentili prestiti: ChertLüdde, Berlino; Fotografische Sammlung, Musem Folkwang, Essen; Lab’Bel – Le Laboratoire artistique du groupe Bel, Suresnes; Yvon Lambert libraire éditeur, Parigi. Artista e curatore ringraziano inoltre per il prezioso aiuto nella realizzazione della mostra: Yasmine & Nayla Audi, Elisa Bertuzzi, Paolo Bertuzzi, Martina Bortolan, Jennifer Chert, Marta Cipolla, Islamiya Evans, Laurent Fiévet, Garrett Gerson, Michelangelo Giombini, Mariateresa Lattarulo, Florian Lüdde, Bruno Mayrargue, Francesca Minini, Massimo Minini, Nicole Rovere, Zara Schuster, William Samosir, Luca Spadaccia, Clarissa Tempestini, Valentina Tosato, e tutto il team di miart – fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano.

David Horvitz

David Horvitz (Los Angeles, 1982) è un artista concettuale americano la cui pratica abbraccia media e argomenti diversissimi. Ha studiato all’Università della California e alla Waseda University di Tokyo, e conseguito un MFA presso la Milton Avery Graduate School of the Arts del Bard College, New York, nel 2010. Tra le più recenti mostre personali figurano “Let Us Keep Our Own Noon”, a cura di Patrick Steffen, Centre Pompidou-Metz, Paris (2022); “lessons”, Nassauischer Kunstverein Wiesbaden, Wiesbaden (2021); “David Horvitz, une intervention à la Collection Lambert”, Musée d’Art Contemporain Avignon (2019); “The Shape of a Wave Inside of a Wave”, a cura di Sophie Kaplan, La Criée, Centre d’Art Contemporain, Rennes (2019).  Il suo lavoro è stato inoltre presentato ed esposto in istituzioni quali come: High Line Art, New York; MoMA, New York; New Museum, New York; SF MOMA, San Francisco; Palais de Tokyo, Parigi; Pirelli HangarBicocca, Milano; Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, Vienna; S.M.A.K, Gent; The Israel Museum, Jerusalem; e Brooklyn Museum, New York, solo per citarne alcuni. L’artista è rappresentato da ChertLüdde, Berlino. 

Nicola Ricciardi

Nicola Ricciardi (Milano,1985) è Direttore Artistico di miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano da ottobre 2020. Tra il 2021 e il 2023 ha curato numerose mostre tra cui “Christian Frosi: La Stanza Vuota” presso GAMeC, Bergamo; “Vogliamo Tutto: Una mostra sul lavoro, tra disillusione e riscatto” presso OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino; e “HERE” di Maria Hassabi, commissionata da Secession e Wiener Festwochen, Vienna. Dal 2016 al 2020, è stato Direttore Artistico delle OGR, realizzando oltre 20 mostre tra cui le personali di Tino Sehgal, Susan Hiller, Mike Nelson, Monica Bonvicini e Trevor Paglen, più di 70 concerti di artisti quali Kraftwerk, New Order + Liam Gillick, Chick Corea, Brad Meldhau, Jason Moran, e numerose rassegne musicali e cinematografiche. Nel 2017-2018 è stato membro del Consiglio di Amministrazione del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato e dal 2010 al 2015 ha curato diverse mostre in Italia e negli Stati Uniti di artisti italiani e internazionali, tra cui Alessandro Pessoli, Patrick Tuttofuoco, e Diego Perrone. Ha inoltre collaborato con il team curatoriale della 55a Biennale di Venezia nel 2013 e ha preso parte al programma collaterale della 7a Biennale di Berlino nel 2012.

BiM – Dove Bicocca incontra Milano

BiM, dove Bicocca Incontra Milano, è un importante progetto di rigenerazione urbana di un intero isolato nel cuore di Bicocca a Milano. Il progetto è promosso da Aermont Capital, società di asset management paneuropea con focus sul real estate, e Kervis SGR, società dedicata alla gestione di fondi riservati a investitori istituzionali internazionali di primario standing, insieme a MTDM – Manifattura Tabacchi Development Management in qualità di project manager. L’opera, firmata dai progettisti Piuarch e Antonio Perazzi, è finalizzata alla riqualificazione in una logica di ‘retrofitting’, degli edifici situati in viale Piero e Alberto Pirelli 10 e in viale dell’Innovazione 3: un’area di oltre 50.000 metri quadri, di cui 43.300 metri quadri a destinazione direzionale, 3.400 metri quadri di spazi retail, 800 metri quadri di Pavilion multifunzionale e 6.000 metri quadri di spazi verdi e giardino. BiM si propone come modello di riqualificazione urbana autenticamente sostenibile, trasformando gli spazi in Classe A e rispondendo ai più alti requisiti di ESG e sostenibilità. bim-milano.com

SPECIFIC
SPECIFIC è un laboratorio di progettazione e produzione creativa formato da Patrick Tuttofuoco, Nic Bello, Alessandra Pallotta, Andrea Sala e Stefano D’Amelio all’interno di BiM che ospita residenze d’artista, mostre, workshop, talk ed eventi nel segno della contaminazione artistica e culturale. Un inedito progetto multidisciplinare per raccontare, attraverso linguaggi diversi, le molteplici forme della realtà. SPECIFIC seleziona e ospita le realtà più interessanti sulla scena creativa contemporanea, instaurando un dialogo virtuoso con i tenant dell’edificio, la community e le istituzioni culturali che animano il quartiere Bicocca.

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