Curare le piante. Il modo per riuscirci è il pensiero che più assilla la mente di chiunque le ami. Spesso ci si affida solo a testi o alle app che oggi si usano sempre più frequentemente.
In realtà le piante chiedono soprattutto la sensibilità di saper osservare e coniugare le nozioni apprese a quel sentire che si genera quando l’essere umano impara a guardarle con occhi diversi.
Se ne stava in silenzio, quel vecchio giardiniere, quasi in una specie di assorto raccoglimento a osservare. Zitto, in piedi, le mani dietro la schiena, con lo sguardo che instancabile si posava da una pianta a un’altra. Immediatamente si creava una strana atmosfera che incuteva il rispetto di quell’istante. Poi, d’improvviso, si voltava e quieto diceva che il Prunus pissardii allevato ad arbusto aveva bisogno di una potatura leggera di alcuni dei rami basali perché mantenuto così difficilmente sarebbe cresciuto in altezza con vigoria. Oppure che le ortensie erano state potate malamente per troppo tempo e che, convincerle a fiorire copiosamente, in futuro, sarebbe stata un’impresa difficoltosa ma soprattutto parecchio paziente e che la Lagerstroemia – che pure sembrava stare bene – aveva sofferto la sete.
Pareva quasi che le piante parlassero con lui in quei piccoli ma intensi momenti. Pareva che gli comunicassero qualunque loro disagio. Pronunciava quelle frasi quasi con la leggerezza di chi possiede consciamente tutto lo scibile sulla materia. E ogni volta aveva ragione. Agli occhi dei presenti quel suo modo di comunicare arrivava con un che di magia. Il vecchio giardiniere, però, non era un indovino e nemmeno praticava alcuna arte magica. Semplicemente sapeva osservare. Negli anni aveva scrutato ogni cambiamento, ogni risposta di ciascuna singola pianta ai suoi interventi. Così, semplicemente. Curare le piante passa necessariamente attraverso gli occhi.
È in questo modo che chi vuole curare le piante impara realmente: osservando. Osservando e assumendo le informazioni che le piante sanno inviare, elaborandole e memorizzandole, infine traducendole in gesti.
Esiste davvero una forma di comunicazione fra essere umano e mondo vegetale che non è fatto di parole ma di contatto fra la parte sensibile e la tecnica, unite però all’esperienza di qualunque giardiniere – professionista o anche solo semplice appassionato – volenteroso e aperto all’apprendimento. Le piante, tutte, sanno usare un loro linguaggio che arriva a chi sa ascoltare osservandole.
Studiare, leggere e informarsi di continuo è indispensabile, ma non basta. Il giardino e le piante hanno bisogno di un genius loci capace di sentire anche a pelle, di capire il luogo in tutta la sua interezza, di rispettare la terra che calpesta, di essere responsabile di ogni taglio che agisce. Di avere coscienza, dinnanzi alle piante e al paesaggio, di essere solo una piccola entità in tutto ciò che, nel disegno dell’universo, è vivo e si muove. Di esserne parte e non padrone.
Ivana Fabris
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