Villegiardini ha intervistato Cassian Schmidt, architetto paesaggista noto per le sue sperimentazioni di nuovi modelli di planting design sostenibili.
Con una laurea in architettura del paesaggio presso la Munich Technical University a Weihenstephan, in Germania, un master in orticoltura e venticinque anni di esperienza professionale, Cassian Schmidt è professore di planting design presso il dipartimento di architettura del paesaggio dell’Università di Geisenheim e direttore dei Giardini di Hermannshof a Weinheim, in Germania, dove sperimenta modelli di combinazioni sostenibili e a bassa manutenzione, basati sull’ecologia delle piante, sulle loro prestazioni e sulla creazione di comunità vegetali.
Cassian Schmidt ha illustrato a Villegiardini le sue ricerche e i concetti che sono alla base del suo impegno raccontando inoltre la filosofia del suo intervento in Piazza Vecchia a Bergamo, realizzato in collaborazione con quattro studenti dell’Università di Weihenstephan: Verena Hurler, Aurelia Ibach, Simon Schwarzl e Fabiola Leonett von Wachter.
Ci può descrivere il giardino di Hermannshof?
Hermannshof è un giardino pubblico espositivo e sperimentale nel clima mite, quasi submediterraneo, della valle del Reno, nella Germania sud-occidentale; è ampiamente conosciuto per il suo approccio al planting design basato sugli habitat. Il principio generale della selezione delle piante corrette per il sito – la pianta giusta al posto giusto – si basa sul concetto di habitat del giardino (Lebensbereiche), originariamente sviluppato dai professori Richard Hansen e Hermann Müssel dell’istituto Weihenstephan in Baviera.
In cosa consiste il suo lavoro in questo giardino?
La mia ricerca all’Hermannshof si concentra sulle comunità vegetali naturali (soprattutto praterie nordamericane e steppe dell’Europa orientale) come modelli per nuove combinazioni vegetali sostenibili per l’ambiente urbano. Da molti anni sviluppo mix di erbacee perenni a bassa manutenzione e concetti di manutenzione efficienti basati su strategie ecologiche. Rispetto al giardino naturale dei tempi di William Robinson, dettato anche da una ribellione verso lo stile artificioso di epoca vittoriana, in che cosa differisce il giardino naturale attuale?
Sappiamo che in Germania c’è stata un’evoluzione peculiare dovuta anche a Karl Foerster e Richard Hansen, tra i più noti in Italia.
Sotto l’influenza dell’allievo di Foerster, il Prof. Richard Hansen, l’adattamento giardinistico delle comunità vegetali naturali e, allo stesso tempo, la sociologia vegetale applicata, hanno iniziato a svolgere un ruolo ancora più importante per l’uso delle perenni in Germania a partire dagli anni 80. Sulla base del suo concetto di habitat e dei suoi dettagliati elenchi di piante in base all’uso, Hansen ha sviluppato un approccio di sociologia vegetale che può essere applicato nella pratica in termini giardinistici senza sottovalutare l’estetica. Il principio della corretta selezione di piante per il sito di messa a dimora e dell’interazione tra le piante è ora oggetto di maggiore attenzione nel planting design anche altrove.
Mi sembra sempre che nei libri di testo tradizionali ci sia questa idea di produrre, di ottenere il massimo possibile, motivo per cui le piante convenzionali dovevano sempre essere ben concimate e irrigate. Oggi facciamo esattamente il contrario: cerchiamo di ridurre il livello di fertilità, il che significa evitare la concimazione e l’irrigazione. È un sistema di coltivazione più difficile per le piante, che devono adattarsi a condizioni di stress. In questo modo, tuttavia, possiamo utilizzare specie adattate a situazioni estreme ed escludere allo stesso tempo le fastidiose erbe infestanti.
Oggi per impianti di questo tipo utilizziamo per lo più substrati minerali che hanno solo il 10 o 15% di contenuto organico; tutto ciò consente di risparmiare manodopera da un lato e di ridurre i costi dall’altro. In sintesi, oggi utilizziamo un metodo completamente opposto rispetto all’ideale tradizionale della bordura di Gertrude Jekyll.
Potrebbe illustrarci il concetto di sociologia vegetale e fitosociologia? E come si declinano in concreto?
L’idea progettuale non è affatto destinata a essere statica, anzi il cambiamento fa parte del sistema. Le piante vengono accostate tenendo in considerazione vari livelli: piani orizzontali, evoluzioni temporali, piante che sono mescolate tra loro in modo non uniforme o con sottili gradazioni. Al contrario, con i modelli di piantagione più tradizionali, piuttosto statici, l’uso di grandi gruppi di piante simili (blocchi), ciascuno composto da una specie, disposti insieme in modo simile a un puzzle, porta rapidamente a un’immagine relativamente innaturale e artificiale.
Quanto è determinante per lo sviluppo del suo lavoro poter osservare le piante nel loro luogo di origine quando viaggia per conferenze o motivi di studio?
Per il mio lavoro, lo studio delle piante spontanee e delle comunità vegetali nei luoghi di origine è davvero essenziale. Senza i viaggi non avrei mai avuto molte intuizioni ed esperienze sulle piante. Questo implica soprattutto la riflessione sulle condizioni che presumibilmente hanno condotto ai modelli e combinazioni che osservo. Naturalmente mi interessa anche sapere se le piante hanno un valore estetico e possono essere introdotte nei giardini. Direttamente sul posto annoto o memorizzo l’essenziale: quantità, dominanze, specie principali, stratificazioni, proporzioni e informazioni sul luogo.
È ovviamente molto importante riconoscere quali piante caratterizzano le comunità vegetali e le qualificano nelle diverse stagioni, perché il passo successivo è come posso trasferire l’immagine che ho visto nell’ambiente del giardino o del verde pubblico. Purtroppo, spesso non è sufficiente voler trasferire le condizioni trovate in natura direttamente in giardino. Le condizioni di concorrenza tra le piante spesso sono completamente diverse e questo riduce sensibilmente la riproposizione di molte delle immagini che osservo in natura, perché posso imitare queste condizioni competitive naturali solo in misura molto limitata in giardino.
La dinamicità in giardino è un elemento chiave, saper prevedere e programmare l’evoluzione di una comunità vegetale nel tempo, nello spazio tridimensionale, nel giusto contesto pedoclimatico. Oggi è intesa in un modo completamente diverso rispetto al passato: in quali termini?
Per me, il tema dei diversi livelli di accostamenti, dei piani orizzontali e dell’evoluzione temporale, della mescolanza entusiasmante o con sottili gradazioni è particolarmente importante per un planting design resiliente in un contesto di cambiamento climatico. Sia in natura che in giardino si traduce in una suddivisone per livelli verticali con altezze scalari e in fasi di sviluppo e fioritura temporalmente sfalsate e progressive. Le piante hanno una funzione diversa nel planting design. Ci sono quelle strutturali, che di solito sono erbacee perenni e graminacee che occupano il piano più alto, sono appariscenti e hanno un portamento particolare.
Ci sono poi quelle che occupano il livello intermedio e sono generalmente piante a tema stagionale, visivamente dominanti durante l’anno che possono caratterizzare il modello a seconda della stagione. Questa gruppo di piante crea un leitmotiv nel corso delle stagioni. Le piante a tema stagionale si accompagnano ad altre meno impattanti ma che occupano lo stesso piano. E poi, più in basso, ci sono le tappezzanti, alte fino a circa 20-30 cm, che sono anche una ‘pacciamatura vivente’ che riduce al minimo il disseccamento e sopprime le erbacce.
Sulla base di questo concetto di stratificazione orizzontale e di tipi funzionali di piante, negli ultimi venti anni abbiamo sviluppato, insieme ad altre istituzioni, una ricetta di base per i cosiddetti ‘modelli di mixed planting’. Le piante di questi modelli, ben bilanciati e valutati sono collocate sul sito secondo uno schema casuale, che non necessita più di uno schema di piantagione preciso.
Da molti anni Cassian Schmidt studia mix di erbacee perenni in grado di mantenersi in autonomia o con poca manutenzione e nuovi concetti di cura del giardino basati su strategie ecologiche a basso impatto. “Lo studio delle piante spontanee e delle comunità vegetali nei luoghi di origine è davvero essenziale. Il passo successivo è quello di studiare come trasferire l’immagine che ho visto in natura nel contesto di un giardino o del verde pubblico”. Cassian Schmidt.