Progettato dal pittore Robert Hawthorn Kitson e da Frank Brangwyn, esponente del movimento Arts & Crafts, il giardino custodisce le memorie del passaggio di celebri artisti e intellettuali.
Casa Cuseni, uno scrigno di memorie
del 900
Ricca di culture, miti e leggende, la Sicilia è stata da fine 700 una tappa obbligata per i viaggiatori del Grand Tour che restavano ammirati da una terra dai contrasti incantevoli e dalle architetture che raccontavano la storia del Mediterraneo. Intorno al 734 a.C. i Greci si stanziarono a Naxos e quando quest’ultima fu conquistata da Siracusa nel 358 a. C., gli abitanti si trasferirono sul monte Tauro fondando Taormina, su un promontorio che guarda due golfi, da un lato lo stretto di Messina e dall’altro il mar Jonio e una vista strabiliante sull’Etna, dove secondo la mitologia il dio Efesto avrebbe stabilito la sua dimora, battendo incessantemente il metallo, forgiandolo nel fuoco del vulcano.
Di questo paesaggio si innamorò, agli inizi del 900, il pittore inglese Robert Hawthorn Kitson, forse influenzato dalle parole di Goethe, che nel suo ‘Viaggio in Italia’ definì Taormina “il più grande capolavoro dell’arte e della natura”, o forse sedotto dall’incanto che si mostrava ai suoi occhi. Acquistò un terreno di poco più di un ettaro sul lato della collina scoscesa sopra la città. Era un luogo incolto, salvo la presenza di alcuni mandorli e olivi, tipici del paesaggio agrario e tuttora presenti, e, per quell’epoca, lontano dal centro abitato, ripido e dove l’acqua scarseggiava. Un inconveniente al quale ponevano parziale rimedio alcuni pozzi per la raccolta delle acque meteoriche scavati dai Greci.
Il panorama, tuttavia, era tale da avere la meglio su ogni disagio, con il vulcano che sembrava sorgere direttamente dal mare cristallino e percorso da lingue di fuoco quando in eruzione, e la penisola di Naxos. Su progetto di Sir Frank Brangwyn, la villa fu fatta edificare da Kitson in soli tre anni; nel 1905 Casa Cuseni, il cui nome ha origini ancora incerte, era terminata e già durante la sua costruzione i due iniziarono progettare il giardino. Brangwyn era un artista poliedrico, era stato allievo di William Morris, il fondatore del movimento Arts and Crafts, e in quegli anni ne era profondamente influenzato: il giardino, pur con aggiunte stilistiche successive, è uno dei pochi esempi di giardini in stile Arts and Crafts fuori dai confini della Gran Bretagna e l’unico in Italia.
Data la sua topografia, furono pensati e realizzati dieci livelli, o terrazze, che dall’ingresso lungo la strada portano in alto, oltre la villa, fino a una piscina, e sono collegati tramite vialetti, scalinate e logge. La piscina posta al decimo livello alimenta per gravità tutte le fontane e le vasche disseminate nei livelli sottostanti e, grazie a uno studiato posizionamento, nelle notti di luna piena l’Etna si specchia nelle sue acque, e se è in corso un’eruzione regala riflessi rosati.
Ogni livello è diverso dal precedente, non solo per planimetria, disposizione, orientamento e vegetazione ma anche per i significati che Kitson e gli artisti che iniziò a ospitare presso la sua dimora hanno attribuito. Quella che divenne da subito la più bella villa di Taormina, infatti, attrasse negli anni un cenacolo culturale internazionale di intellettuali dell’epoca, facendo di casa Cuseni una meta privilegiata del Grand Tour. Furono ospiti di questo gioiello siciliano Wilhelm von Gloeden, Anatole France, Alfred East, Cecil Arthur Hunt, George Clausen, Annie Besant, Rudolf Steiner, Giacomo Balla, Fortunato Depero, Walter Crane, Charles Robert Ashbee e molti altri.
Ogni artista lasciò traccia del suo passaggio: una pianta, che andava ad aggiungersi a quelle che il proprietario portava di ritorno dai suoi numerosi viaggi, più spesso una o più sculture o decorazioni che hanno arricchito il quadro complessivo dei livelli e creato un eclettismo di stile. Concepito come un percorso di ricerca spirituale dell’Io, il giardino divenne un luogo dove meditare e discutere dei grandi temi della vita, un veicolo di diffusione della cultura. Val la pena soffermarsi e stupirsi all’ottavo livello dove si trova la parte più spettacolare del giardino, sotto un profilo puramente artistico: uno spazio per le pratiche filosofiche, la perfetta stilizzazione del Tempio di Re Salomone, con vasche per il bagno rituale, che culmina in un muro lungo venti metri e largo dieci, completamente rosso, in stile Art Nouveau. Le decorazioni a mosaico a terra, ideate dal futurista Giacomo Balla, sono state realizzate da artigiani locali, in gran parte donne, con ciottoli trovati in loco.
Le piante, non di secondaria importanza nell’impianto generale, accompagnano e sottolineano le varie architetture che soprattutto Brangwyn, Balla e Depero hanno creato per questo luogo, in alcuni livelli sono, invece, protagoniste.
Alla morte di Kitson, nel 1947, la villa fu ereditata dalla nipote Daphne Phelps, che visse a Casa Cuseni per quasi sessanta anni, circondata dagli artisti della sua epoca, e che, da buona inglese, curò l’aspetto floristico del giardino, arricchendolo di piante in grado di reggere alle condizioni pedoclimatiche del luogo. Trascurò, invece, gli aspetti artistici tanto cari allo zio.
I nuovi proprietari hanno restaurato integralmente il giardino, riportando alla luce le architetture e i decori originali e giungendo a un buon compromesso con le piante di Daphne.
Arts and Crafts, Art Decò, Art Nouveau e Futurismo si fusero per formare un giardino unico nel suo genere. Il complesso di casa Cuseni è stato dichiarato Monumento Nazionale Italiano per il suo alto valore storico e artistico.
Il giardino di Casa Cuseni fa parte del Network Grandi Giardini Italiani.
Foto di Dario Fusaro – Courtesy Grandi Giardini Italiani
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