Tra Carlo Scarpa e Verona c’è un rapporto stretto. Nella città veneta l’architetto ha infatti restaurato tra il 1959 e il 1973 il Museo Civico di Castelvecchio valorizzando sia l’aspetto dell’edificio che dei reperti. La ristrutturazione ha accuratamente bilanciato vecchio e nuovo, rivelando la storia dell’edificio originale. Questo approccio era insolito all’epoca ma divenne ben presto comune nella ristrutturazione.
Da non dimenticare anche la sede della Banca Popolare di Verona che Carlo Scarpa progettò con Arrigo Rudi che ne curò la realizzazione dopo la sua morte.
Chi è Carlo Scarpa
Carlo Scarpa è stato un architetto e designer italiano nato il 2 giugno 1906 a Venezia e morto il 28 novembre 1978 a Sendai in Giappone. Dopo aver passato gran parte della sua giovinezza a Vicenza si trasferisca con la famiglia a Venezia dove studierà poi architettura all’Accademia di Belle Arti. Si continuò a formare diventando l’assistente dell’architetto Francesco Rinaldo senza però mai sostenere l’esame per diventare effettivamente architetto. Ottenne i suoi primi lavori non ancora terminata l’università diventando progettista presso diverse vetrerie di Murano.
Ben presto iniziò a frequentare gli ambienti intellettuali e artistici di Venezia realizzando anche diversi arredamenti. Ebbe l’occasione di conoscere pittori e poeti del calibro di Giuseppe Ungaretti, Felice Casorati, Bice Lazzari, Diego Valeri e molti altri.
Durante tutti gli anni 30 lavorò alla vetreria di Paolo Venini come direttore artistico esponendo anche alla Biennale di Venezia e alla Triennale di Milano. In quel periodo Carlo Scarpa realizza la sua prima opera, cioè la rifunzionalizzazione degli ambienti della Ca Foscari di Venezia che risulterà uno dei restauri più innovativi di quel periodo. Successivamente vent’anni dopo modificò lui stesso il suo progetto riprogettando la tribuna lignea che aveva ideato. In questa modifica è possibile vedere la crescita personale dell’architetto in quanto vent’anni prima seguiva molto gli ideali e le lezioni di Le Corbusier mentre nel secondo intervento è molto più influenzato dall’estetica di Frank Lloyd Wright. Carlo Scarpa successivamente incontrò di persona l’architetto ed urbanista americano e ne rimase affascinato. È possibile notare la sua influenza ancora maggiore nella villa Zoppas a Conegliano (Treviso) progettata nel 1953.
I premi e le mostre
Tre anni dopo ha ottenuto il premio nazionale Olivetti per l’architettura ed ha sistemato uno spazio espositivo proprio per Olivetti in piazza San Marco a Venezia. Mentre era ancora in vita ha allestito mostre personali in Italia e all’estero, come per esempio alla Biennale di Venezia 1968, al Museum of Modern Art di New York, all’Heinz Gallery di Londra ma anche a Parigi e a Barcellona.
Museo civico di Castelvecchio
Il castello, costruito a metà del XIV secolo, ebbe come prima destinazione d’uso quella militare. Nel corso del tempo venne modificato a seconda degli utilizzi diventando deposito di munizione e successivamente accademia militare. Sotto Napoleone fu danneggiato eliminando parti delle torri e le merlature ed aggiungendo edifici sul lato nord ed est.
Rimane una caserma fino al 1924 quando subì un restauro in stile medievale diventando successivamente museo. Una volta rialzate le torri, ripristinati i camminamenti e decorato l’interno in stile medievale, l’edificio accolse numerose opere risalenti al medioevo fino al XVIII secolo.
I pesanti bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale danneggiarono Verona e non risparmiarono Castelvecchio restaurato poi da Carlo Scarpa.
Il restauro
Carlo Scarpa non faceva distinzioni tra il restauro dell’edificio di Verona e l’allestimento museografico cosa che aveva già sperimentato in altri lavori precedenti come le Gallerie dell’Accademia di Venezia o il palazzo Abatellis a Palermo.
La prima parte ad essere restaurata fu l’ala della Reggia, cioè la residenza della famiglia Della Scala. Furono pensati nuovi percorsi di visita. Fece realizzare solai, pavimenti, scale e sistemi di illuminazione che tenessero conto anche delle nuove scoperte archeologiche avvenute durante la ristrutturazione dell’area. Anche l’allestimento delle opere fu innovativo. Per esempio, nei dipinti su tavola furono rimosse le cornici risalenti al XIX secolo progettandone di nuove molto più semplici in modo tale da far risaltare maggiormente i dipinti. Alcuni furono trovarono posto su supporti rotanti, su cavalletti o furono appesi su montanti laterali.
L’ ala della Galleria fu restaurata successivamente. I falsi affreschi furono eliminati per fare spazio ad una intonacatura sobria proprio come era stato fatto per l’ala della Reggia. Le numerose scoperte archeologiche avvenute già dal 1962 costrinsero Carlo Scarpa a modificare molto il progetto iniziale allungando i tempi di realizzazione. Nel 1968 fu realizzata la biblioteca e per contenere i dipinti del 700 fu scelta la sala Avena completata poi tra il 1973 e il 1975. In questa sala decise di rendere evidenti e facilmente riconoscibili le modifiche avvenute nel corso del tempo evidenziando il nuovo intervento.
Nuove esposizioni
Da ricordare che Carlo Scarpa stesso selezionò molte opere facendo anche scelte coraggiose esponendo sculture non famose ma importanti per esprimere al meglio la città di Verona e tutto il veronese. Importante e di grande impatto la scelta di porre la statua equestre di Cangrande I in un punto nodale del percorso museale ponendola su un supporto di calcestruzzo dalla forma moderna orientaleggiante. Carlo Scarpa aveva scelto quella posizione conoscendo l’importanza di questa figura per Verona. Era infatti la figura più famosa ed amata della famiglia Della Scala, citato anche da Dante e guida della fazione ghibellina.
Palazzo Scarpa
La sede della Banca Popolare di Verona conosciuta anche come Palazzo Scarpa è l’ultima opera di Carlo Scarpa. Iniziata nel 1973 venne completato soltanto nel 1981 sotto l’architetto Arrigo Rudi seguendo il progetto originale.
L’architetto dava importanza a collegare la nuova e la vecchia sede limitrofa, perciò, decise di riproporre il vecchio edificio senza però copiarlo. Prese spunto e rielaborò alcuni elementi come, per esempio, la fascia modanata della sede vecchia diventa la cornice su cui è collocata la loggia.
Successivamente affrontò un secondo problema. Carlo Scarpa aveva notato che l’edificio avrebbe avuto sia una vista frontale da una grande piazza di Verona e un’altra vista obliqua da un vicolo più piccolo. Ideò una facciata sostanzialmente piatta per la piazza mentre la parte sul vicolo presenta elementi plastici ed effetti chiaroscurali più forti. Dal vicolo, infatti, la visione era soltanto obliqua così da esaltare la tridimensionalità della facciata.
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