Attività antropiche e paesaggio italiano, costituiscono un binomio che ha determinato in larga parte l’eccellenza, famosa e ambita in tutto il mondo, del nostro Paese. Gli interventi umani hanno profondamente disegnato e modellato il paesaggio italiano nel corso dei secoli. Grazie a questa straordinaria interazione si è creato un legame indissolubile tra l’uomo e l’ambiente naturale.
Lo straordinario paesaggio italiano
Il paesaggio italiano è appunto noto per la sua straordinaria varietà che non è solo vegetale. È data anche dalla sua complessa e importante Storia, costituita dai grandi eventi del passato, nondimeno dall’arte e dalla cultura vissuta dal Paese nei millenni. Questi fattori hanno determinato un’importante evoluzione anche nel paesaggio. Quanto oggi si osserva ovunque nella Penisola, invero, è il risultato del lungo processo di interazioni fra le popolazioni e i propri territori. Non c’è luogo in Italia che non rechi traccia di tutto questo.
Attività antropiche, paesaggio e memoria collettiva
Ogni attività antropica, svolta per poter utilizzare tutte le risorse disponibili che l’ambiente potesse offrire, ha lasciato un’impronta pressoché indelebile nel paesaggio. Ciò che ha prodotto ciascun evo storico al suo passaggio, infatti, non è stato superato e cancellato del tutto, da quelli che si sono succeduti, ma riletto e rielaborato. Ha creato, così, nei suoi abitanti, una memoria collettiva che ha radici lontanissime.
Gli Etruschi, i pionieri
L’interazione tra il paesaggio e gli esseri umani, in Italia risale a tempi antichissimi quando già le popolazioni italiche, prime ad abitare la Penisola, influenzavano il paesaggio con le loro attività. Gli Etruschi, pionieri dell’agricoltura e della gestione delle risorse naturali, introdussero tecniche avanzate di bonifica e sistemi di irrigazione rivoluzionari per l’epoca. Questi interventi non solo resero i terreni più fertili e più salubri, ma iniziarono a modificare il paesaggio e potenziarono le colture, portando anche alla nascita di nuovi villaggi. Si può ben immaginare quali cambiamenti generarono nel panorama circostante e nei suoi abitanti. L’attività agricola etrusca, ha di fatto avviato un processo sul paesaggio che non si è mai più fermato.
Le attività antropiche dei Romani
Con l’avvento dell’Impero Romano, l’antropizzazione del paesaggio italiano si intensificò. Le opere ingegneristiche cui diedero vita (strade, ponti e acquedotti) per creare collegamenti e facilitare i trasporti, oltre a massimizzare l’uso delle risorse dell’ambiente, diedero un’impronta molto netta e definita al paesaggio. La rete viaria che realizzarono, collegava e univa vasti territori italiani, ma via via modificava il paesaggio. Dove c’erano lande sterminate vennero tracciate linee che definivano e strutturavano la visione sul paesaggio stesso. I Romani generarono, così, un cambiamento anche culturale e antropologico nella percezione di esso. Inoltre, furono proprio i Romani a introdurre la coltivazione della vite e dell’olivo, imprintando il paesaggio con un ulteriore importante disegno dei diversi territori. Disegno che ancora oggi connota con simmetrie, volumi e colori di grande effetto scenico, ciò che ci circonda.
Il Medioevo e le attività antropiche in relazione al paesaggio italiano
Nel corso del Medioevo l’agricoltura continuò ad espandersi. Progredirono le bonifiche delle aree paludose, soprattutto nella Pianura Padana, delle aree del Delta del Po (in cui peraltro già gli Etruschi avevano iniziato ad operare) e delle fasce costiere. Inoltre, venne avviata e implementata la costruzione di monasteri e abbazie. Non più solo per scopi religiosi anche per attività agricole. I monaci, con le conoscenze che avevano maturato nell’agricoltura e nell’allevamento, perfezionarono i metodi di coltivazione iniziando anche a migliorare la produttività del suolo. Si deve proprio a essi, per inciso, la realizzazione di canali di irrigazione e la tecnica delle rotazioni colturali. Proprio in epoca medievale le campagne italiane si riempirono di insediamenti agricoli e di terreni cintati, che disegnarono ancora di più il paesaggio. In questo modo si generò un patrimonio paesaggistico che si è tramandato nei secoli e ritroviamo ancora oggi.
Hortus, medicina e impronta non solo sul paesaggio
Si deve ai monaci anche lo studio delle erbe officinali che coltivavano nell’Hortus simplicium (giardino dei semplici) o Hortus medicus a scopo medico. Venivano estratti gli olii essenziali e impiegati a scopo curativo. Per questo sorsero ospedali nei pressi dei monasteri, con un’altra modificazione del paesaggio. Quella che i monaci praticavano, era, dunque, una forma di coltivazione ma era anche l’embrione dei giardini che sarebbero scaturiti da quella esperienza. Divenne infatti un modello che, nella sua rielaborazione, fu di ispirazione per i giardini che nacquero come loro evoluzione e che sono giunti fino a noi. Seppur indirettamente, perciò, anche gli Hortus, con la loro espansione e tutte le declinazioni che ne derivarono, impressero un’altra impronta al paesaggio.
Il Rinascimento
Il Rinascimento determinò un altro cambiamento fondamentale nel paesaggio italiano. Fu un periodo storico in cui l’agricoltura crebbe notevolmente e, durante il quale, il paesaggio oltretutto fornì importanti elementi artistici e pittorici per la realizzazione di grandi opere d’arte, non solo di dipinti. In Toscana, ad esempio, per il colore delle facciate di luoghi di culto monumentali, come Santa Maria Novella e Santa Maria del Fiore, fu tratta ispirazione dalle cromie delle macchie di verde glauco-argenteo degli uliveti che tinteggiavano i colli circostanti Firenze. Il colore tipico delle crete dei territori, fu rappresentato dai laterizi utilizzati per la costruzione di strutture e palazzi storici di tutto il centro Italia. Il paesaggio, dunque, entrò anche a far parte dell’arte italiana. Si determinò, così, una forma di dialogo fra uomo e ambiente, fra paesaggio e arte, di importanza straordinaria.
Le attività antropiche rinascimentali nel paesaggio toscano
Parlando di Toscana, è appunto indispensabile sottolineare quanto le sue colline, note al mondo per la morbidezza che imprimono al paesaggio, sono famose proprio per i vigneti e gli uliveti. Tutte attività antropiche che, col passare dei secoli, grazie all’espansione dell’agricoltura, hanno esaltato i profili collinari, dando loro tridimensionalità e al tempo stesso gamme cromatiche di inusitata dolce bellezza.
L’agricoltura in Toscana era già praticata dagli Etruschi ma proprio nel periodo rinascimentale prese vita lo sviluppo di un paesaggio che ancora oggi è immagine della bellezza italiana in tutto il mondo. Terrazzamenti e filari, nati per ottimizzare la produttività e proteggere il suolo dall’erosione, i colori a contrasto di substrati cretaceo-argillosi, che spaziano dall’ocra al marrone bruciato, hanno fatto del paesaggio un’immensa tela pittorica. Pura arte.
Il Barocco e le attività antropiche nel paesaggio italiano
Nel Barocco, le ville patrizie e nobiliari, unitamente ai giardini all’italiana e ai parchi lussureggianti, furono un segno non più solo rappresentativo dell’ostentazione del potere e della ricchezza dei proprietari, ma avviarono anche un nuovo approccio comunicativo col paesaggio. Parchi e giardini privati, annessi alle proprietà, dovevano essere creati in modo da garantire una sorta di continuità fra interno e natura circostante. Nella progettazione dei giardini di simili dimore, si fece perciò riferimento non più solo ai principi dell’architettura, ma iniziò anche una ricerca verso l’armonizzazione dell’elemento artificiale con quello naturale. Un altro passaggio fondamentale per il paesaggio e per il paesaggismo.
Una storia infinita
È così che la relazione fra attività antropiche e paesaggio italiano, si è snodata nel corso dei secoli. È una lunga storia che continua ancora oggi. Vi sono altri passaggi fondamentali che si sono succeduti sulla linea del tempo e di cui è necessario parlare fino ad arrivare ai nostri giorni. Per renderne più agevole la lettura, verranno affrontati nel prossimo articolo sul tema.
Ivana Fabris
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