La ricetta di oggi, è un classico evergreen che ho rivisitato e che si adatta bene anche alla stagionalità. Se è vero che si è più inclini a sapori come questo nelle stagioni più fredde, è anche vero che la freschezza che conferiscono le mele alla carne e agli altri ingredienti, ne fa un piatto alquanto gradevole almeno fino a primavera inoltrata. In questa preparazione, però, è lo scalogno uno degli elementi portanti, per come esalta e al contempo ammorbidisce il sapore leggermente acidulo delle mele e quello più deciso della carne, facendone un piatto davvero ricco di gusto.
Arista in cocotte con scalogni e mele
Ingredienti
700 g. circa di arista di maiale
250 g. di pancetta liscia, tesa
3 grosse mele rosse
1 bicchiere di vino bianco
6/8 scalogni medio-grandi
2 spicchi d’aglio
2 o 3 rametti di rosmarino
q.b. olio e.v. d’oliva
una noce di burro
sale, pepe nero di mulinello
Procedimento
Cercate un bel pezzo intero di arista di maiale poi praticate dei tagli trasversali, intervallati fra loro, abbastanza profondi ma senza arrivare fino al fondo.
Lavate e asciugate il rosmarino, tritatelo molto finemente insieme a uno spicchio d’aglio.
In ognuno dei tagli effettuati inserite una fetta di pancetta e un poco del trito di rosmarino e aglio. ricomponete il pezzo di arista comprimendolo il più possibile in modo che i tagli ripieni si chiudano bene, quindi bardatelo con la pancetta rimasta e legatelo strettamente in modo da chiudere ulteriormente gli spazi.
Ponete sul fuoco l’apposita retina spargifiamma e in una cocotte, o una pentola per le lunghe cotture, scaldate un goccio d’olio e una bella noce di burro, aggiungete l’alloro e l’altro spicchio d’aglio e fate rosolare da tutti i lati la carne bardata.
Una volta che è ben rosolata, regolate di sale e di pepe, quindi sfumate con il vino bianco, lasciate evaporare, aggiungete poca acqua calda, abbassate il fuoco e fate cuocere, coperta, per circa un’ora, un’ora e un quarto rigirandola un paio di volte e controllando spesso che il fondo non si asciughi troppo, in tal caso aggiungete poca acqua calda per volta.
Mentre cuoce la carne pulite gli scalogni e lasciateli interi. Lavate e asciugate le mele con la buccia, dividetele a metà, con uno scavino eliminate i semini interni poi, da ogni metà, ricavate tre o quattro spicchi.
Ora controllate l’arista, aggiungete ancora dell’acqua calda, e unite sia gli scalogni che le mele a spicchi. Portate a cottura a fuoco basso, ci vorrà ancora mezz’ora o poco più. Mele e scalogni dovranno rimanere per la maggior parte interi, anche se qualcuno tenderà a disfarsi e il fondo si sarà ristretto. Provate la cottura della carne con una forchetta o, ancor meglio, con un termometro da arrosti se lo avete, basterà infilarlo al centro della carne e controllare che la cottura al cuore sia intorno ai 72°.
Spegnete, lasciate riposare l’arista per qualche minuto, quindi affettatela e servitela accompagnata dalle mele e dagli scalogni cotti.

Lo scalogno, piccolo bulbo dal sapore e le proprietà insospettabili
Lo scalogno, è quella specie di ‘cipolla gentile più piccola e men forte della comune‘ menzionata nei dizionari più antichi, generalmente al maschile. Fonti popolari, invece, ne parlano anche al femminile, ‘scalogna’. Questo detto ha ingenerato alcune credenze popolari che ritenevano che la sfortuna al gioco perseguitasse chi, quel giorno, avesse toccato cipolle et similia. Portare scalogna, o essere scalognato.
La possibili origini del detto popolare sulla scalogna
Probabilmente, in tempi in cui lo scalogno era un alimento molto diffuso fra i più poveri e quindi sinonimo di miseria, questo inconsapevole vegetale era diventato appunto qualcosa che portava sfortuna e povertà. Plinio per esempio, diceva della scalogna: ‘Chi tocca quest’erba sarà per quel giorno sfortunato nel giuoco‘ individuandolo quindi come una pianta portasfortuna. Ma come ovvio, non esiste alcuna prova linguistica o storica che colleghi direttamente lo scalogno alla sfortuna. La storia dell’umanità che non sapeva e non conosceva, è costellata da questa sorta di riti apotropaici, ne siamo tutti consci.
Origine dello scalogno
L’origine del suo nome, invece, è Ascalona, cioè l’antico porto del Mediterraneo situato nella parte meridionale dell’odierna Israele. Da esso salpavano le navi che riportavano a casa i Crociati insieme a questo particolarissimo ‘souvenir’ culinario. Da questo derivò il suo vero nome. I latini, infatti, chiamarono questo bulbo caepa escalonia o allium ascalonicum, sinonimi che fanno capire come lo scalogno stia a metà, per forma e sapore, fra cipolla e aglio. Caepa, infatti è il nome latino da cui è originato l’epiteto specifico della cipolla (Allium cepa) Allium, invece è l’epiteto generico di tutte queste bulbose, cioè aglio, cipolla e scalogno. Verosimilmente, come accade con qualunque pianta, escalonium sembra fare riferimento al nome del porto di provenienza da cui, anticamente, questo vegetale è giunto fino in Europa.
Ne scrisse bene Luigi Alamanni, letterato versatile, diplomatico abile e figura chiave del Rinascimento italiano che lasciò una impronta significativa nella letteratura e nella cultura del suo tempo. Nel 1500 infatti descrisse molto bene la gamma delle sfumature e delle caratteristiche: ‘La piangente cipolla, l’aglio olente, il mordente scalogno, il fragil porro.‘

Coltivazione e uso nel passato
Ha una lunga storia di coltivazione e utilizzo, che risale a migliaia di anni fa. Era apprezzato nell’antichità da Egizi, Greci e Romani, sia per le sue proprietà culinarie sia per quelle mediche. Nel Medioevo era coltivato nei giardini dei monasteri e utilizzato in cucina e in farmacia. Nel corso dei secoli, si è diffuso in tutto il mondo, diventando un ingrediente fondamentale in moltissime cucine. Oggi è una importante specie commerciale coltivata in tutti i continenti. In Italia abbiamo una IGP (Indicazione Geografica Protetta) molto importante, lo scalogno di Romagna.
La pianta dello scalogno
È una geofita bulbosa (Allium ascalonicum L.) appartenente alla famiglia delle Amaryllidaceae (come l’aglio e la cipolla) si distingue però per la sua forma composta. Anziché essere un unico bulbo a tuniche, è costituito da più bulbilli. Sono tenuti insieme da alcune tuniche esterne e si sviluppano attorno a una base comune. Le foglie sono tubolari e di colore verde scuro, simili a quelle dell’erba cipollina.
È una pianta che predilige i climi temperati ed è resistente al freddo. Come tutte le bulbose, teme i ristagni idrici e le gelate prolungate, ama i terreni ben drenati, ricchi di sostanze organiche e tendenti ad essere più acidi che basici.
Si riproduce principalmente attraverso la divisione dei bulbilli, che poi, in primavera o autunno a seconda del clima, vengono piantati direttamente nel terreno a una profondità di circa 5-7 centimetri e distanziati fra loro di circa 15 – 20. La raccolta avviene a partire dal mese di giugno e spesso lo si conserva intrecciando le piante fra loro. Le trecce di scalogno vengono poi appese in luoghi al riparo dalla luce.
Proprietà
Nonostante le sue piccole dimensioni, lo scalogno è un concentrato di sostanze benefiche, ricco di acqua e fibre, riduce l’assorbimento dei grassi, contiene molti oligoelementi e nutrienti essenziali al benessere dell’organismo (sodio, potassio, calcio, fosforo, selenio). È anche un antiossidante e, oltre ad aiutare a combattere l’osteoporosi, ha capacità antibatteriche e antinfiammatorie.
Varietà e utilizzo
Esistono moltissime varietà di scalogno, che si distinguono per forma, colore (dal rosso al giallo-bruno) e sapore. Molto versatile in cucina, lo si può utilizzare sia crudo che cotto, per insaporire salse, zuppe, stufati, condimenti per insalata, piatti a base di carne e di pesce.
Il suo sapore delicato e aromatico lo rende una alternativa meno invadente rispetto all’aglio e alla cipolla.
Come in questa ricetta, dove la sua presenza esalta il sapore delle mele e la sapidità della carne e si fonde in una armonia di sapori ineguagliabile.

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