Antony Gormley, scultore inglese ammesso all’OBE (Order of the British Empire), membro del RIBA (Royal Institute of British Architects) e vincitore del premio South Bank per le arti visuali, è uno degli artisti britannici contemporanei più celebri. Nato a Londra nel 1950 e laureatosi al Trinity College di Cambridge, dopo molte esperienze internazionali, in veste di architetto, artista, archeologo e antropologo, ha cominciato a definire il proprio messaggio ai fruitori dell’arte in 3 dimensioni: una ricerca creativa sul rapporto tra corpo umano, mente in esso contenuta e spazio circostante – architettonico, naturale e sociale – cercando di esplorare la condizione umana.
E il corpo che viene rappresentato è … il suo; l’artista utilizza la propria fisicità come anima dei calchi con cui crea le sculture: uomini d’acciaio, di terracotta, di pietra, costruiti con gabbie metalliche o altri “mattoni”, spesso in grandi dimensioni e quasi sempre in gruppo; disposti per rappresentare collettivi sociali o disegnare confini tra uomo, natura, insediamenti urbani e individui. L’autoreferenzialità con cui parte dal proprio corpo non ha, però, intenti autobiografici, infatti i corpi non hanno quasi mai espressione; sono sembianti che rappresentano l’esistenza umana. Spesso, nei suoi progetti, Gormley ricorre ai grandi numeri, per rendere in modo efficace il senso di spersonalizzazione e di solitudine dell’uno tra tanti.
Potrete trovare molto esempi, tutti affascinanti, di tali attività, navigando attraverso le sezioni del suo sito web. Particolarmente accattivante è il segmento che riguarda i progetti ed è proprio di un particolare progetto, incredibilmente suggestivo, che desidero parlarvi …
Another Place
Another Place è un’opera del 1997: circa 100 corpi di ghisa da più di 600 kg, distribuiti e posizionati, in piedi, lungo 3 km, sulla spiaggia di Crosby (vicino a Liverpool), con 1 km di avanzamento verso il mare e in modo che il loro sguardo, impossibile da intercettare, si diriga verso l’orizzonte. All’epoca, l’opera ha persino causato proteste di pescatori e appassionati di surf, sfociando in una grossa battaglia culturale con venature legali. Il grande impatto mediatico e l’indotto economico hanno convinto un po’ tutti a trasformarla in opera permanente.
I cambiamenti naturali della linea di costa e le oscillazioni delle maree hanno fatto sì che una parte dei corpi venga sommersa, periodicamente, dalle acque marine. La passeggiata migliore, per visitarli, approfitta della bassa marea; è facile scorgere un po’ di deterioramento e qualche macchia d’alga sui corpi più a mare, ma questo non toglie la strana, unica sensazione di camminare tra body immobili e silenziosi, affondando un po’ nella sabbia, sotto la luce speciale di quel tratto di mare. Per esperienza personale (di cui ringrazio ancora un amico che l’aveva suggerita, come alternativa alle attrattive di Liverpool), consiglio quella singolare passeggiata a chiunque si trovi in zona.
Si acclude all’articolo la consueta galleria illustrativa, con foto tratte dal sito di Gormley o … scattate sul posto.