Si scrive poliedricità, si legge Antonio Meneghetti. L’artista, morto nel 2013, è stato, infatti, autore di artefatti di diverso genere. Materia plasmata attraverso tecniche differenti, segni incisi secondo ordini, discipline, forme e formalità variegate. Sempre e comunque, però, dei dettati di sensibilità. Dalla pittura alla progettazione architettonica, dalla scultura al design, dalla realizzazione di gioielli alla moda.
Chi ha lasciato dei segni così incisivi nella cultura contemporanea e nell’Anima Mundi contemporanea, non poteva non essere onorato dal Museo del Segno e della Scrittura, Officina della Scrittura, attivo a Torino dal primo ottobre 2016 e tra i cui intenti vi è quello di promuovere progetti espositivi inerenti il segno, inteso in senso lato, come capacità espressiva dell’essere umano.

L’esposizione partirà il 24 febbraio e resterà aperta fino al 23 maggio 2017. Il patrocinio dell’evento è della Fondazione di Ricerca Scientifica ed Umanistica Antonio Meneghetti. Il suo titolo, invece, “Antonio Meneghetti. Scolpire la luce”, curata da Ermanno Tedeschi.

L’artista veneto, nato nel 1936, non solo ha dato prova di una straordinaria capacità di applicare la sua creatività in diverse aree dell’atto artistico ma l’ampiezza della sua personalità si è manifestata anche a livello di interessi intellettuali. Antonio Meneghetti, infatti, è stato filosofo – la cui ricerca parte dalla fenomenologia di Edmund Husserl -, teologo, sociologo, psicologo, fondatore dell’Ontopsicologia – una dottrina olistica dell’essere umano – e, per una parte della sua vita, religioso francescano.

Partendo da presupposti simili, non poteva non nascere un’arte molto attenta allo sguardo umano ed al rispetto, quindi, delle singole prospettive soggettive: tutta la sua produzione artistica è pensata per acquistare significati di volta in volta diversi, ovvero, determinati dallo sguardo e dal punto di vista del singolo. Così è nei dipinti, così è nelle sculture e negli oggetti di design.

Il minimo comun denominatore degli oggetti esposti nella mostra torinese, al di là dello specifico mezzo espressivo utilizzato, è il materiale utilizzato, il vetro. I lavori in vetro sono particolarmente interessanti, perché lo scopo dell’artista è quello di utilizzare la luce, che può essere catturata dagli oggetti, per definire delle linee, per disegnare e scolpire, letteralmente. Non poteva non esserci, da parte di Meneghetti, una riflessione artistica intorno alla luce, come quella che si potrà ammirare all’interno di Officina della Scrittura. Un artista così interessato alla fattività della coscienza umana e, dunque, alla spiritualità, non poteva non indagare l’oggetto più spirituale che ci si presta dinnanzi: la luce. Quest’ultima è il collegamento tra il mondo fisico e l’esperienza più diretta del mondo spirituale, il sogno. C’è una luce, che è luce astrale, attraverso la quale pensiamo, cioè vediamo ad occhi chiusi e sogniamo, cioè  – ancora una volta – vediamo ad occhi chiusi.

Nel corso della mostra, verranno proiettati due filmati volti ad approfondire la figura di Antonio Meneghetti, il Maestro, per i suoi studenti e seguaci. Così come, all’approfondimento di tutta la sua poetica, è dedicato il volume che sarà a disposizione dei visitatori, “Antonio Meneghetti”, edito da Gli Ori.

 

Piero Di Cuollo