Villegiardini ha incontrato Andrea Margaritelli, brand manager di Listone Giordano. In questa intervista, che si è tenuta negli spazi di Arena Giordano, Margaritelli racconta la filosofia che ispira l’azienda, nota in tutto il mondo per i suoi innovativi rivestimenti in legno. Molti dei quali progettati da prestigiosi designer, invitati a reinterpretare il parquet in chiave contemporanea.
Ci troviamo presso lo Spazio Arena di Milano, un luogo molto importante per Listone Giordano e con una grande storia legata alle avanguardie italiane del primo 900. Ce lo racconta?
Questo luogo ha un’anima e un retroterra culturale molto ricco, sorprendente e singolare. Siamo all’interno di uno spazio che faceva parte del tessuto urbano della prima cinta muraria della Milano medievale. I pilastri in pietra arenaria sono la testimonianza storica di un edificio che esisteva già nel medioevo. Inoltre, questo spazio fin dai primi del 900 è stato uno dei luoghi di maggior animazione culturale della città di Milano, si chiamava “La penna d’oca”.
Il nome penna d’oca per il ristorante nasceva dal fatto che si riunivano abitualmente figure del mondo del giornalismo. Era uno dei pochi locali milanesi che chiudeva a tarda notte. La singolarità è che il progetto di questo ristorante porta la firma architettonica di Gio Ponti insieme ad Emilio Lancia, Michele Marelli, Tommaso Buzzi, tre altri progettisti importanti del 900. È stato un luogo in cui si incontravano le avanguardie artistiche, una sorta di cenacolo culturale. Sono transitati all’interno di questo spazio personaggi del calibro di Balla, Boccioni, eminenti figure del futurismo.
Dobbiamo immaginare che le vetrine che oggi affacciano su via San Damiano, in realtà avevano come vista fino ad inizio 900 i navigli, quindi godevano di un affaccio sull’acqua.
L’ingresso era in via Santa Cecilia, che all’epoca si chiamava vicolo San Carlo, al numero 6: qui era presente la sede del Gra. Il Gra è stato un po’ il nucleo, il cristallo costitutivo di buona parte della genesi del design italiano. Era un gruppo che riuniva attorno allo stesso tavolo due visioni completamente distante all’epoca. Da una parte quella degli industriali, che era il gruppo dei cosiddetti razionalisti, costituita dall’industria italiana del mondo degli uffici, delle macchine per ufficio. Dall’altra quella dei pubblicitari, componente distantissima dal punto di vista della divisione culturale, che vanno da Marcello Dudovic a Marcello Nizzoli, Bruno Munari fino a Fortunato di Perro.
Le mura del luogo sono impregnate della storia della Milano del primo 900, luogo di avanguardie e genialità: qui fu creata una grande componente della cultura italiana ed europea di quegli anni. Lo spazio era certamente un luogo di incontro ma al tempo stesso anche di scontro, dato l’acceso dibattito culturale dell’epoca. Tutta questa storia ci ha affascinato molto, ed ha influenzato la progettazione di Arena Giordano, che abbiamo affidato a Michele De Lucchi.
Quali sono le caratteristiche del progetto dell’Arena Listone Giordano?
La storia e il retroterra culturale di questo luogo sono stati i fattori determinanti nell’indirizzare la progettazione, a singolare di De Lucchi. Abbiamo innanzitutto indagato il genius loci, con una ricerca d’archivio molto approfondita. Sulla base di questa analisi, lo spazio è stato reinterpretato ponendo al centro la relazione umana anziché il prodotto e soprattutto il patrimonio culturale dell’impresa.
Tutto ruota attorno a un’arena, una sorta di agorà (qui sopra), dove le persone tornano a incontrarsi vedendosi faccia a faccia su queste due gradinate. Realizzate in legno, sono state progettate con una dotazione multimediale avanzata che permette di creare uno schermo di proiezione. Le persone che si riuniscono sollevano per un attimo i polpastrelli dallo schermo, e tornano a guardarsi negli occhi. È questo lo spirito centrale dello spazio, l’idea di recuperare un momento di confronto.
Listone Giordano da molti anni fa della cultura un elemento di comunicazione fondamentale. Crediamo in un’azienda che vuole promuovere i valori d’identità italiani mostrando di avere aderenza a determinati valori culturali, non semplicemente proclamando un’appartenenza geografica al territorio. Questo patrimonio di valori è creato da uomini e donne impegnate nel lavoro, dall’intera filiera di Listone Giordano, la sua tradizione, il retroterra storico, il presente fatto di tradizione industriale ed artigianale, il rapporto con la natura, la gestione forestale sostenibile, i rapporti con i designer.
Esiste un patrimonio di valori che, prima ancora del prodotto, bisogna comunicare a livello culturale. L’arena è stata presentata con l’aspetto saliente di baricentro culturale, ma vogliamo espandere il senso di questo luogo in cui si scambia cultura e si mettono in evidenza i valori più importanti del saper fare italiano. Nell’Arena abbiamo raccontato la nostra anima e il nostro DNA ma dando anche spazio, oltre ai rivestimenti e parquet Listone Giordano, ad altri materiali che possono, insieme al legno, completare l’offerta rivolta al mondo della progettazione.
Quali sono questi materiali?
Abbiamo scelto una serie di partner capaci di condividere cil nostro pensiero-base: possedere saperi antichi ma avere una cultura della contemporaneità. Avere inoltre una tradizione familiare, con un grande rapporto umano. Per completare il racconto di Listone Giordano abbiamo invitato nell’Arena Vaselli con la pietra; Matteo Brioni con le terre crude; Panzeri con la luce; Blueside con il vetro.
Abbiamo creato un gruppo di lavoro in cui Arena non è solo Listone Giordano ma è un pensiero condiviso che porta al mondo della progettazione delle soluzioni e saperi messi a disposizione di chi li vuole plasmare e dare forma.
A proposito di innovazione e creatività, come nato il progetto Natural Genius?
La parola genialità che ha segnato il pensiero di questo spazio è anche alla base del progetto Natural Genius. Un progetto culturale nato grazie alla fondazione Guglielmo Giordano, nel 2006 presentato al pubblico la prima volta al Guggenheim Museum di New York. Fu presentato a 300 ospiti selezionati, avviando un pensiero sul rapporto tra genialità e natura. Si ragionava sul rapporto di ciò che la natura costituisce in forma spontanea ma geniale, e quel tocco di genialità invece che nasce dal pensiero dell’uomo.
Da qui è nata l’idea di chiamare 5 progettisti di esperienza, tradizioni, stili e retroterra molto diversi tra loro, anche esperienze diversificate: Michele de Lucchi, Massimo Iosa Ghini, Enzo Calabrese, Marco Tortoioli Ricci e Matteo Nunziati.
Cosa gli avete chiesto?
A questi cinque progettisti abbiamo rivolto una stessa unica domanda: “In che maniera una superficie in legno può essere contemporanea?” La sfida è stata quella di lavorare su una tematica poco affrontata nel mondo dalla progettazione. Questo perché il legno, come la pietra, è un materiale che ha attraversato la storia dell’uomo. Peraltro nel caso del legno è già fortemente disegnato dalla natura, con le sue venature, ad esempio. Questo probabilmente è stato l’elemento che aveva tenuto ancora questo comparto dell’interior poco analizzato dalla progettazione. Se guardiamo nella nostra abitazione, ove poggiamo gli occhi, individuiamo prodotti che sono stati oggetto di interpretazione da parte di designer: la sedia, la lampada e anche placca l’interruttore di accensione della luce.
Le superfici in legno non avevano conosciuto prima questo tocco fertilizzante che il design sa dare. Con Natural Genius abbiamo provato che c’è spazio per fare innovazione di design intervenendo sul legno per dare spirito del nostro tempo.
Da questa analisi sono nate superfici che hanno immediatamente attirato l’attenzione del pubblico dando inizio ad una produzione industriale. Il libro Natural Genius vuole raccontare questo. Non abbiamo pubblicato semplicemente un catalogo di una collezione ma abbiamo arricchito con tre racconti che evidenziano e mettono in risalto il taglio culturale.
Una ricerca che è stata raccontata anche da una recente pubblicazione.
Si, abbiamo pubblicato un volume che ci ha permesso di confrontarsi con numerosi progettisti e raccoglie 14 anni di ricerca ma con un taglio di approfondimento culturale. La lettura critica dei progetti, affidata ad un occhio esterno all’azienda, Stefano Casciani, ha tirato fuori oltre al ritratto del protagonista del designer, l’idea il nucleo originario di ogni idea progettuale. Ciò permette di portare a galla il tratto del naturale genio, il tratto di questa genialità, il colpo d’ala che ha dato carattere a ciascuno di questi prodotti.
In Natural Genius ci interessa mostrare il pensiero progettuale e quindi mettere a nudo e scarnificare l’idea, molto più che mostrare la percezione visiva ed estetica. L’idea è uno degli aspetti più interessanti del design, il design non è un’operazione di bella forma. È un processo in cui il pensiero dell’uomo è capace di dare nuovo senso e bel senso, più che nuova e bella forma.
Ci racconta alcune interpretazioni dei designer per Natural Genius?
È sorprendente che pur avendo questi vincoli forti, uno stesso materiale, due sole dimensioni e non tre, in realtà gli spazi esplorati sono stati molti e diversi uno dall’altro. Ogni designer trae molto spesso ispirazione da un approfondimento o richiamo di memoria personale, o altre volte di conoscenza storia.
Michele De Lucchi
Michele De Lucchi ha attinto alla sua memoria in cui una volta i pavimenti in legno erano realizzati rispettando la naturale forma rastremata delle tavole che discendono da tronchi, che cercando la luce e competendo in foresta per crescere dritti hanno delle forme rastremate e quindi nasce la forma del Medoc. De Lucchi unisce ciò che la natura crea nella in foresta in un arco temporale di 180 anni con ciò che l’uomo ha aggiunto con le sue mani, cioè le lavorazioni artigianali. La superficie resta scabra proprio per ricordare a chi la calpesta che è il risultato di un’azione tra uomo e natura. Mentre lo calpesti anche se non sai l’idea di origine percepisci il richiamo di rispetto della natura, di senso del tempo.
Patricia Urquiola
Nel caso di Patricia Urquiola la conoscenza storica ha ispirato il suo approccio progettuale. I pavimenti in legno hanno conosciuto una data spartiacque nella seconda metà del 600, quando il Re Sole li trasformò in un elemento d’arredo. Precedentemente avevano uno scopo prettamente funzionale, cioè essere l’ultimo strato di un’orditura di un solaio. Erano fatti con elementi molto piccoli e loro interno avevano una composizione con un forte carattere decorativo.
Sulla base di questa considerazione si è posta la domanda: l’unica direzione possibile è quella di ricercare la grande dimensione come la più bella per le pavimentazioni in legno? La risposta per lei è stata no. Si può recuperare i motivi decorativi delle pavimentazioni in legno che un tempo esistevano. Il progettista non sceglieva solo l’essenza legnosa ma disegnava effettivamente il pavimento, come un tappeto.
Daniele Lago
Con Slide, Daniele Lago ha creato un pavimento estremamente contemporaneo facendosi ispirare da una reminiscenza assolutamente classica. L’elemento ispiratore della composizione periodica, uno dei tratti caratterizzanti di quel progetto, è stato il disegno celebre disegno di Leonardo dell’Uomo Vitruviano. All’interno di quel disegno sono nascosti due numeri, PI greco e PHI greco, numero di Fidia o sezione aurea, numero che è stato la pietra miliare dell’architettura classica greca, poi ripresa dagli umanisti rinascimentali come Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci. Successivamente è il numero che ispira il modulo di Le Corbusier e anche su cui si basa la grammatica iniziale del design della Apple di Steve Jobs.
Si ritrova più e più volte richiamato in natura da elementi che vengono generate sulla base di queste proporzioni. Questo numero permette a Slide di realizzare una follia matematica, ritenuta impossibile fino a qualche decennio fa. Con un numero finito di forme, nel fatto specifico due sole forme geometriche, si riesce ad ottenere una superficie che ha la capacità di chiudere sempre e non lasciare spazi liberi nella superficie ma anche contemporaneamente di essere aperiodica. Questo significa che partendo da un punto qualsiasi la composizione di questa superficie invade lo spazio senza ripetizioni, senza avere mai possibilità di replica e ripetizione. Significa anche che rende ciascun appartamento un pezzo unico, come avviene per le opere d’arte e per le creature della natura.
Le vostre collezioni coniugano un’attenzione sartoriale a grandi numeri di produzione. Come interpretate il rapporto tra artigianalità e serie industriale?
L’industria per Listone Giordano attinge ai saperi della tradizione artigianale. Per noi il rapporto è rappresentato dalla sfida dell’opificio industriale. Oggi è necessario interfacciarsi con un mercato globale. La sfida però è arrivare al globale ma con un cromosoma che attinge alle competenze uniche della tradizione artigianale italiana.
Un tratto italiano è percorrere un sentiero che è capace di coniugare i saperi artigianali all’economia di scala tipicamente industriale. Chi visita lo stabilimento di Miraldolo oggi trova visibile proprio questo: nella produzione si vedono da un lato i robot antropomorfi più evoluti, tipici dell’industria dell’automotive che svolgono funzioni che se svolgesse l’uomo non ci sarebbe nessun valore aggiunto.
Un’altra parte della produzione è affidata alle mani e agli occhi dell’uomo, per la realizzazione di quei dettagli cha creano un grande valore aggiunto. Le finiture manuali, le lavorazioni che rendono i pezzi unici, le ricuciture sono ancora realizzate totalmente a mano per l’azienda Listone Giordano. Lo stabilimento inoltre è immerso in un contesto naturalistico e ha una relazione intima con le lavorazioni artigianali.
La vostra materia prima è fondamentale per gli equilibri del pianeta e il suo ecosistema. Qual è la politica di Listone Giordano verso il tema della sostenibilità ambientale?
Oggi affrontando questo tema si rischia di cadere nell’ovvio e nella banalità. Le parole come sostenibilità ed ecologia rischiano di perdere la loro freschezza. Per Listone Giordano il rapporto con la natura e la foresta è storico e profondo, non è figlio di una di una moda o di un’operazione green, ma affonda le radici in una tradizione di oltre un secolo.
Uno degli elementi centrali della nostra storia di impresa è il fatto che gestiamo e coltiviamo foreste da generazioni. Lo facciamo in Francia dal 1961, ripiantando sistematicamente ogni pianta che viene tagliata.
Coltivare foreste richiede visione, lungimiranza e rispetto: non deve solo essere proclamato a parole, ma va documentato nei fatti. L’azienda documenta da decenni l’attenzione per la coltivazione delle foreste e ha anche un’esperienza significativa in Italia. La foresta di Città della Pieve testimonia il rispetto di una tradizione di famiglia. Ogni generazione di Margaritelli ha piantato un albero in occasione della nascita della successiva. Oggi chi visita questa città trova 11 chilometri di sentieri, che sono diventati un laboratorio a cielo aperto offerto anche alla fruizione per un’educazione ambientale diffusa.
Nel 1999 abbiamo piantato 22 mila querce provenienti dalla Francia e l’abbiamo fatto silenziosamente, senza usarlo come elemento di comunicazione. La salvaguardia del materiale è necessaria e inoltre il legno è un materiale che, se gestito correttamente, risulta inesauribile. Si produce con energia solare e acqua, ma se si ha l’accortezza semplicemente di piantarlo non finisce mai. In natura non è presente nessun altro materiale che utilizziamo per le costruzioni che è inesauribile.
Peraltro, a differenza di altri materiali, non crea una ferita all’ambiente ma al contrario lo salvaguarda, lo ripara. Paesaggisticamente lo ripara dal punto di vista idrogeologico, ma inoltre lo ripara sotto un aspetto intangibile, la capacità di pulire l’aria. Le foreste sono responsabili per il 50% della capacità del nostro pianeta di assorbire anidride carbonica, quindi questo significa essere responsabili per il 50% della lotta al cambiamento climatico. Il restante 50% è dovuto agli organismi marini e alle alghe marine.
Proteggere le foreste e l’ecosistema marino sono due tematiche di particolare attualità e molto care all’azienda.
Occupandoci molto di giardini e spazi all’aperto, ci interesserebbe approfondire con lei questo tema. Quali sono le soluzioni di Listone Giordano per la pavimentazione e i rivestimenti outdoor?
Listone Giordano oggi non è un’azienda che fa semplicemente pavimenti in legno. Ha scelto di essere interprete di superfici d’arredo, che prevedono soluzioni per l’interno e l’esterno. L’azienda per le superfici da interno propone 3 collezioni: Classica, che ha dato ordine al marchio Listone Giordano, Atelier che è il recupero dei saperi artigianali e Natural Genius, che è lo sguardo in avanti mirato allo spirito contemporaneo. A fianco di questi tre pilastri è presente anche Outdoor, l’interpretazione di Listone Giordano delle superfici in legno da esterno.
L’esterno rappresenta sempre di più uno spazio centrale e vitale, e l’emergenza sanitaria ci ha ricordato la sua importanza. Per le pavimentazioni esterne sono proposte dall’azienda diverse soluzioni. La collezione Decking, interpretate da Patricia Urquiola con Biscuit, Marc Sadler con Cross Fingers.
Come soluzione più innovativa è presente Marine, la prima pavimentazione in legno realizzata con la stessa tecnologia dei pavimenti da interno. Lo spessore risulta uguale a quello dei pavimenti da interno così da realizzare uno spazio continuo tra interno ed esterno. Questa collezione usa il legno tipico del mondo navale, il tek. Questo materiale prezioso viene utilizzato senza soluzione di continuitàà e senza giunti di dilatazione, che permette di realizzare un ambiente esterno molto sofisticato che ricorda le plance navali.