Sono ormai passati quasi 30 anni dalla costruzione del centro ACROS di Fukuoka (Giappone) progettato da Emilio Ambasz, architetto argentino. Un edificio innovativo, progettato secondo il principio del ‘verde sopra il grigio’. Che esprime la volontà dell’architetto di restituire alla comunità cittadina il verde occupato dallo spazio costruito.
Emilio Ambasz a Fukuoka: integrazione tra natura e architettura
I 14 grandi giardini terrazzati che caratterizzano la struttura, ritmati da vasche e corsi d’acqua, nonché il belvedere panoramico sul tetto che offre una vista mozzafiato sul porto e i dintorni della città, sono, infatti, aperti al pubblico. Così come il terreno antistante. “L’edificio”, afferma Ambasz, “è al centro di una città che aveva una piazza di 2 ettari e che ha ancora una piazza di 2 ettari”.
Si tratta di uno dei primi esempi di integrazione tra natura e architettura, che negli anni successivi ha ispirato molti progettisti. E anticipato uno dei temi più attuali nell’urbanistica contemporanea. “Credo che non vi sia alcun precedente in cui la natura domini la creazione architettonica con tale potere e fascino” ha affermato Tadao Ando a proposito dell’ACROS di Fuokuoka . “Emilio Ambasz ci ha insegnato a vedere una dimensione in cui la natura e l’architettura sono inseparabili, un reame che va dalla natura creata da Dio a quella forgiata dall’uomo”.
Un tema caro ad Emilio Ambasz, architetto “creatore di sofisticati paradisi terrestri”, secondo Alessandro Mendini e autore di diversi saggi sull’argomento, tra i quali Natural Architecture, Artificial Design. “Il concetto dominante per cui le città sono per gli edifici e le periferie sono per i parchi”, sostiene Ambasz è un errore. È scontato relegare il verde nella periferia lasciando il grigio in città: è un’idea che manca totalmente di immaginazione”.
Immaginazione che evidentemente non è mancata all’architetto, il quale ha progettato una struttura su oltre 97mila mq di spazi polivalenti perfettamente integrati, al momento dell’inaugurazione, con 76 varietà vegetali, che nel frattempo sono diventate 120. E 37.000 piante, arrivate oggi a 50.000. “
Per costruire un palazzo che salvaguardi l’ambiente, sottolinea Ambasz “ci vuole tecnologia, ma per fare Architettura con la A maiuscola ci vuole Arte. Non si devono mai confondere, infatti, le acrobazie tecnologiche d’un palazzo che rispetta l’ambiente e risparmia energia con i sentimenti che suscita un’opera d’architettura che muove il cuore. Se c’è una forza nelle mie idee architettoniche, deriva dal fatto che credo che l’architettura debba essere non solo pragmatica. Ma anche muovere il cuore”.
Un pensiero fecondo e innovativo
Emilio Ambasz, architetto ma anche teorico, è ancora oggi è un punto di riferimento per il suo pensiero innovativo, focalizzato sul rapporto tra natura e architettura. “Ogni costruzione costituisce un’intrusione nel regno vegetale, ed è una sfida alla natura: dobbiamo concepire un’architettura che si erge come l’incarnazione di un patto di riconciliazione tra natura e costruzione, progettare edifici così intrinsecamente legati al paesaggio circostante che è impossibile che si disimpegnino l’uno dall’altro”. Una ricerca poetica in cui naturale e artificiale si fondono e confondono: “è un obbligo etico: dimostrare che è possibile un altro futuro. Affermare un diverso modello di vita per non perpetuare il presente”. Un idea a cui Emilio Ambasz, a Fukuoka, ha espresso con chiarezza e in netto anticipo sui tempi.